“Amuleto, perché mi hai impedito di chiamare mia moglie?”, disse Jona appena entrato nello studio.
“Chiedilo a Thano”, fu la serafica risposta.
“Lo sto chiedendo a te, e sono sicuro che lo sai!”
“Ha ragione”, intervenne Darda,
Jona sapeva benissimo che aveva ragione, ma non era disposto a concedergliela. Cambiò bruscamente argomento: “Il viaggio si prospetta lungo. Come farò a vivere? Non sono più un Mago.”
“Io ti aiuterò e anche i Sacerdoti di tutti gli Dei ti aiuteranno, in questa Caccia”, disse l’Amuleto.
“Comunque io mi porterei un po’ di quelle palline d’oro che usano i Mercanti quando vanno in terre lontane”, suggerì Darda.
“Papà, per favore! Sai benissimo che quelle “risorse” sono, per la stragrande maggioranza, tue e, comunque, qualunque cosa tu riesca a ficcare in quel dannatissimo zaino senza romperti la schiena sotto il suo peso non farà differenza per “questa famiglia”! Papà cerca di tornare! A qualunque costo!” Serna aveva cominciato a parlare in tono ragionevole, ma aveva terminato con voce alterata a un passo dalle lacrime. Jona la prese per le spalle e la guardò dritta negli occhi per un istante, poi, senza dire una parola, la abbracciò forte.
Quando la stretta si allentò entrambi passarono la mano sul volto. All’unisono. Come si fossero messi d’accordo, e, in un certo senso, era proprio così.
“Vai a prendere le pepite. Non troppe: pesano. Mettine poche per ogni sacchetto: meglio non far vedere che ho troppo denaro.”
Raccolse il suo bastone da passeggio, solido e lungo quasi due metri, poteva servire benissimo anche da arma. Sulla parte superiore c’era un castone di legno, dove lui poteva inserire l’Amuleto, ma il nuovo amuleto era ben più piccolo del vecchio. Prese a trafficare con cinghie e legacci per incastrarlo in un posto chiaramente non adatto.
“Posso usare quello sgabello?” disse all’improvviso l’amuleto.
Prima che Jona, stupito, potesse dire qualcosa l’amuleto cominciò a brillare e sottili volute di fumo bianco cominciarono a salire dal sedile dello sgabello, che era una spessa tavola di lucido legno di ulivo. Jona rimase fermo a guardare, con l’Amuleto che vibrava lievemente nella sua mano. Sulla tavola comparvero dei solchi come se la stessero incidendo con un bulino.
Pochi minuti dopo lo sgabello aveva un largo buco al centro e Jona teneva in mano una corona che adattava il castone del bastone alle dimensioni dell’amuleto. Quali altre sorprese aveva in serbo? Il vecchio amuleto non aveva mai mostrato di poter fare, da solo, lavori di tale precisione.
Poco dopo tornò Serna con cinque piccole borse di pelle ben gonfie e con lo zaino di ruvida stoffa marrone, già mezzo pieno.
Jona aggiunse poche cose, poi provò a indossarlo; era ragionevolmente leggero, ma sapeva che avrebbe dovuto ancora mettere cibo e acqua, anche se quella non era, per il momento, un problema: le tasche di neve sui monti Penn si stavano ancora sciogliendo al tepore della primavera e c’erano torrentelli d’acqua pulita in abbondanza.
Finiti gli ultimi preparativi, i tre si ritirarono nelle rispettive stanze.
Jona trovò Dania che lo aspettava per salutarlo come una donna saluta il suo uomo quando vuole che lui ritorni.