Jona tornò improvvisamente a molti anni prima, quando ancora Gerba era il mago di Tigu e lui veniva mandato a sbrigare commissioni ed ambasciate in tutta Ligu, a volte a centinaia di chilometri di distanza.
In quei viaggi fatti da solo aveva imparato a chiudersi in un suo mondo personale ritmico, di passi e di pietre, di respiro e di erba. I suoi pensieri erano come disconnessi e vagavano altrove, ma i suoi sensi rimanevano allerta e assorbivano i particolari attorno a lui.
Ora il suo inconscio attirò la sua attenzione: il sentiero si era unito a una stradicciola più larga; larga abbastanza da permettere il transito di carri, che erano passati da lì poco prima, a giudicare dalle tracce fresche rimaste sull’erba.
Alzando gli occhi vide che davanti a lui, a poca distanza, arrancava una piccola carovana, quattro carretti trainati da muli; altrettanti uomini a piedi li guidavano tenendoli per la cavezza.
Jona guadagnò lentamente terreno fino a raggiungerli.
“Salve, posso fare la strada con voi?”, chiese quando era ormai a pochi metri.