Il carro procedeva spedito su per l’ampia valle e già il lago di Luga era scomparso alle loro spalle quando Jona finalmente si arrischiò a fare la domanda che gli girava in testa fin dalla sera prima:
“Oh, se è per quello è un ottimo posto, ma come pensi di convincere gli Elfi a farti entrare nella loro amata foresta?”
“Elfi?”, chiese Jona perplesso.
“Probabile. Perché non mi racconti l’altra mezza?”
“In realtà non ne so molto. Ti conviene parlare con i boscaioli, stasera. Quello che so per certo è che tutte le montagne a nord sono occupate dagli Elfi che non lasciano entrare nessuno e sono gelosissimi delle loro piante.”
“Ma chi sono questi “Elfi”? Sono davvero così cattivi?” Chiese Jona sentendo arrivare un’altra delle Prove di Thano.
“Mah, che vuoi che ne sappia? Non li ho mai visti personalmente. I boscaioli li descrivono come diavoli scatenati che trattano gli alberi come se fossero figli loro. Ho sempre pensato che esagerassero, ma non ho nessuna intenzione di andare a controllare. Non ho nessuna voglia di cacciarmi nei guai, io”, soggiunse con un’occhiata eloquente.
Jona decise che era il momento di cambiare argomento: “Sai che non ti credevo un Dongiovanni?”, disse sorridendo, “hai una fidanzata su ogni lago?”
Michele lo guardò di traverso. “Non mi prendere in giro! Io e Linda vorremmo veramente sposarci, ma lei non può lasciare la locanda ed io non posso lavorare a Luga, nemmeno adesso che ho finito il mio apprendistato”.
“Perché no? Capisco che la locanda sia difficile da spostare, ma tu non potresti metter su bottega a Luga?”
“Il problema è il carbone”, disse Michele con aria sconsolata,
Jona lo guardò per un attimo, poi disse lentamente: “Ma non lo sapete fare il carbone?”
“Che dici? Il carbone lo cavano da sotto terra, lo sanno anche i passeri!” Poi vide lo sguardo serio di Jona:
“Non è un procedimento facilissimo, se si vuole ottenere del buon carbone. Io non l’ho mai fatto, ma l’ho visto fare parecchie volte, sui nostri monti.” Michele si fece attentissimo.
“In Ligu non ci sono giacimenti di carbone naturale, quindi siamo costretti a farcelo da soli”, spiegò Jona. “I nostri boscaioli trasformano in carbone tutta la legna di risulta, tutti i rami troppo piccoli per essere utilizzati, tutti i tronchi infestati dai tarli e tutto quel che non si riesce a usare in altro modo. Lo trasformano direttamente sul posto, così devono portare giù dai monti roba più leggera.”
“Ma come fanno?”
“Il principio è semplice: basta far bruciare la legna fino ad un certo punto e poi spegnerla prima che vada in cenere. La pratica è un po’ più complicata”. Passò quindi a spiegare il funzionamento di una carbonaia, di come si dovesse accumulare la legna senza lasciare aria in mezzo, come si dovesse ricoprire tutto di foglie e terra, come si dovesse dar fuoco e regolare la “cottura” della legna. Michele stava bevendo le sue parole.
“Se questa faccenda funziona”, disse serissimo alla fine, “Non ho nessun bisogno di fare il fabbro. Posso mandare carbone in Valle a un prezzo tale da togliere tutti i clienti ai carbonai dell’ovest.”
“Questa faccenda funziona”, disse Jona, “funziona tanto bene che noi lo usiamo anche nelle stufe e non solo per le forge, anche se”, soggiunse, “so che non è un procedimento facile ed io non posso aiutarti molto più di così, visto che non sono un carbonaio.”
“Se non mi stai prendendo in giro”, lo guardò dritto negli occhi, “no, non mi stai prendendo in giro. C’è speranza. Ho una certa esperienza con i fuochi, sai? Dovessi passarci tutta l’estate, troverò il modo di farlo questo “carbone di legna” di cui parli.”