Jona si svegliò con il sorgere del sole. Lo avevano lasciato a dormire ben più delle ventiquattr’ore previste.
Si alzò di scatto. Si sentiva completamente riposato e tutti i dolori erano spariti.
Non sarebbero bastate solo ventiquattr’ore.
“Amuleto, quanto ho dormito?”
“Quasi sessanta ore.”
Due giorni e mezzo! Doveva essere veramente distrutto! Poi notò i flaconi e le cannule appese vicino alla testa del letto e si palpò le braccia. Come previsto nel cavo del gomito sinistro c’era la traccia di un ago. Lo avevano tenuto sedato.
Esplorò la porticina che aveva notato e si trovò in un piccolo bagno. Lo specchio gli rimandò l’immagine di un viso fresco e pulito. Dovevano averne approfittato per fargli un bel bagnetto. Anche la barba sembrava appena rifatta, e probabilmente lo era. Decisamente un servizio di prima classe. Fece una smorfia. Avevano la tendenza a essere un po’ bruschi e autoritari, però.
Quando uscì trovò l’Elfa del giorno prima — di tre giorni prima, si corresse — ad aspettarlo. Aveva in mano dei vestiti di un bel colore rosso.
Stavano di nuovo forzando la mano, ma Jona si sentiva troppo bene per darci peso. Poi gli venne un sospetto: “Amuleto, sono ancora sotto effetti di qualche droga?”
“Non credo. Dovresti aver completamente smaltito tutto quello che ti hanno pompato in corpo. Se ti senti un po’ euforico è solo perché sei in perfetta forma fisica, considerando l’età.”
“Che mi hanno fatto?”
“Un po’ di tutto, compresa una quantità incredibile di fisioterapia — e qui sono molto più attrezzati che da voi, anche se Asclep ha cercato di insegnare un po’ ovunque, come ben sai. Ti hanno massaggiato e rigirato per quasi tutto il tempo che sei stato addormentato. Prova a fare un piegamento.”
Jona si curvò verso il pavimento cercando di mantenere le gambe dritte. Con sua sorpresa riuscì a toccare il pavimento con le palme delle mani. Erano parecchi anni che non ci riusciva più. L’Elfa sorrise: “Non avrai più bisogno di aiuto per lavarti la schiena, almeno per un po’.” L’Amuleto aveva parlato solo per Jona, ma il gesto era stato eloquente.
“Serve aiuto con questi?” chiese appoggiando i vestiti sul letto.
“Non credo”
Lei lo guardò di traverso, ma uscì senza commentare.
Gli abiti che gli aveva portato erano abbastanza diversi da quelli che aveva visto finora. Probabilmente si trattava di abiti da cerimonia o qualcosa di simile.
Oltre a indumenti intimi abbastanza normali c’erano una camicia dalle ampie maniche di un tessuto pesante e un po’ rigido, un paio di pantaloni larghi e con dei lunghi legacci in vita e quello che sembrava essere una via di mezzo tra una giacca e un mantello. Jona non aveva la minima idea di come indossarli.
“Amuleto, come si usa questa roba? Lo sai?”
L’Amuleto emise un suono che poteva essere solo uno sbuffo di impazienza e fece apparire un modellino che rappresentava Jona vestito di tutto punto con i suoi abiti nuovi. Jona non mancò di notare che i legacci erano fissati con nodi complicati e artistici.
“Bello. Come faccio per arrivare lì?”
Il modellino mostrò Jona con la lunga camicia da notte che indossava ora e cominciò a sfilarsela. Jona stava per dire: “lo so come ci si toglie una camicia da notte!” ma si morse la lingua. Aveva già capito che il resto della lezione non sarebbe stato altrettanto semplice.
Aveva appena finito di allacciare l’ultimo legaccio della giacca e stava infilandosi le sue scarpe leggere — non c’era nessuna possibilità di usare le scarpe elfiche — quando l’infermiera rientrò. Gli occhi da gatta gli si fecero ancora più rotondi per lo stupore mentre esaminava i particolari della vestizione senza trovare nulla da eccepire. L’Amuleto aveva convenientemente fatto sparire il modellino e Jona si poté godere un’occhiata ammirata. Aveva la certezza che la sua prodezza sarebbe stata raccontata in giro presto, molto presto.
“Spero che queste vadano. Abbiamo dovuto farle fare apposta”, disse alla fine dell’esame porgendogli un paio di scarpe elfiche fatte per il suo piede. Erano senza calcagno e con uno strano snodo che permetteva di alzarsi facilmente in punta dei piedi. Jona non ebbe difficoltà a infilarle. Non erano certo comode per un plantigrado come lui, ma aveva portato di peggio.