Posse era appena svanito e ancora aleggiavano nell’aria gli echi della sua rabbia.
Serna era accorsa al molo appena aveva sentito il brontolio minaccioso della voce del Dio.
Il suo studio non era lontano dal porto, ma quando era arrivata Posse era alle battute conclusive:
Interrogò con lo sguardo Sullo, un omaccione grande e grosso che dettava legge nel porticciolo.
“Abbiamo trovato i resti della barca dei Pardi, Signora”, disse con un’aria mogia che non gli si addiceva, “completamente distrutta. Un Fulmine Celeste, credo”.
C’era dell’altro. Serna lo sapeva e aspettò pazientemente.
“Erano andati a pescare alla secca”, disse come se questo spiegasse tutto.
Serna sapeva che avevano scoperto da poco un secca, parecchio al largo, che era molto pescosa, ma non capiva ancora che fosse successo. Decisamente le mancavano informazioni. Stava per chiedere qualcosa quando vide Sullo alzare lo sguardo e fissare qualcosa alle sue spalle. Si girò e vide Tarasso che si avvicinava a grandi passi.
“Vi avevo avvertiti!” Gridò rivolto ai pescatori assembrati, “ma voi niente! Se non ci scappa il morto non siete contenti. Eppure dovreste sapere che con Posse non si scherza. Pescare con le reti in quella secca non si può. Lo ha vietato.”
Serna cominciava a capire “Perché lo ha vietato?”
“Posse non è stato molto chiaro nemmeno con me,”rispose Tarasso direttamente a Serna, “ha detto che con le reti finiremo per non avere più pesci perché distruggono più di quello che raccolgono. Sinceramente non mi sono azzardato a chiedere spiegazioni; era già abbastanza infuriato.”
“Noi dobbiamo dar da mangiare alle nostre famiglie!” Saltò su un pescatore cercando di aggirare la mole di Sullo che lo fulminò con un’occhiata.
“Gengi ha ragione”, convenne poi guardando dritto Tarasso, come se fosse colpa sua,
“Beh, ora le famiglie dei Pardi staranno meglio, vero?” ritorse Tarasso, provocando un brontolio minaccioso dalla piccola folla di pescatori.
“Sei sicuro che siano le reti a dar fastidio a Posse?” intervenne Serna, più per interrompere la discussione che era avviata su una pessima china che perché avesse effettivamente qualcosa da dire.
“Sì”, rispose Tarasso rendendosi conto di aver esagerato, “su questo è stato chiarissimo”.
“Beh, allora proviamo a chiedere a Festo se ci può dare qualche alternativa”, propose Serna tirando fuori il suo Amuleto dalla tasca del grembiule.
“Festo, chiediamo il Tuo consiglio ed il Tuo Aiuto!”
Festo non si fece attendere a lungo. L’Amuleto cambiò colore e: “Chi ha bisogno della mia Arte?”
“Sono io, Serna figlia di Jona e Dania, che ti invoco. Posse ha proibito l’uso delle reti, ma i pescatori devono pescare. Puoi suggerirci qualche altro modo?”
“Perché Posse ha proibito le reti?”
“Dice che distruggono più di quello che raccolgono”, spiegò Serna cercando di ripetere quello che le aveva detto Tarasso con le stesse parole, sperando fossero quelle che aveva usato Posse.
“Ma con gli ami si pesca poco!” intervenne una voce da dietro Sullo.
Sullo, Serna e Tarasso si voltarono per vedere chi fosse che osava interrompere un Dio.
Festo, che fino a quel momento era stato solo una voce incorporea, apparve con il suo viso affilato sopra l’Amuleto e guardò dritto verso Serna: “Cara ragazza, io non sono imbecille e con gli imbecilli non parlo.” Dopo di che, senza dire altro, scomparve. L’Amuleto riprese il suo normale colore giallo.
Serna chiuse gli occhi, prese un gran respiro e poi esplose: “Bravi!” Urlò con quanto fiato aveva, “Avete fatto arrabbiare Posse e ora volete mettervi contro anche Festo? Perché non pensate, prima di parlare? Farete esattamente quello che dice Lui. Per ora si pesca con canna, lenza e amo.”
Si girò a guardare Sullo negli occhi e, per un istante, sembrò sovrastarlo, anche se era trenta centimetri abbondanti più bassa di lui: “Tu sei responsabile. Nessuno deve usare le reti, almeno non nei pressi di quella stramaledetta secca!”
Si girò verso Tarasso ignorando completamente i pescatori: “Intanto noi dobbiamo cercare di capire come uscire da questa situazione; puoi chiedere udienza a Posse per me?”