La preparazione dello strano marchingegno prese due giorni completi di tentativi ed errori da parte di Serna e alcuni pescatori. La scelta delle sagole da usare e il semplice annodare tutti quegli ami si rivelarono un rompicapo niente male, ma, alla fine, Serna era convinta di avere davanti al lei esattamente quello che Festo aveva suggerito.
Arrotolarono il millepiedi sul fondo di una barca, lo coprirono con una cerata e andarono a dormire tranquilli. Domani all’alba sarebbero andati a provare.
Serna si alzò di buon’ora e si recò al porticciolo dove avrebbe atteso il rientro dei pescatori che erano andati a provare il millepiedi, anzi, il “milleami”, come avevano preso a chiamarlo.
Arrivò al porto proprio mentre la barca faceva il suo ingresso con la piccola vela latina gonfia della prima brezza di mare.
Così presto? Strano. Dovevano tornare verso mezzogiorno o nel primo pomeriggio.
Serna allungò il passo. Qualcosa non andava.
La barca aveva ammainato la vela e stava attraccando al piccolo molo. Il vento le portò il brusio di voci incollerite. Qualcosa decisamente era andato storto! Serna cominciò a correre.
“Eccola!”
“Ecco il gran genio che arriva!”
“Scemi noi a darti retta!”
“Guarda che cosa ne è del tuo milleami!”
Le urla e gli sghignazzi la investirono come un’onda rabbiosa lasciandola boccheggiante e senza forze. Ci mise parecchio tempo a ricomporre nel mosaico di invettive l’accaduto: era bastato un piccolo spostamento della matassa che gli ami avevano agganciato le sagole. Il risultato stava davanti a lei: un enorme nodo informe sul fondo della barca.
Se ne andarono furenti per i tre giorni di lavoro inutile lasciandola a guardare, con occhi che rischiavano di traboccare di lacrime, il nodo della sua sconfitta. Nelle orecchie le rimbombava quel: “Ma dov’è il Mago? Perché ci ha abbandonati nelle mani di questa qua?”
Il brusio si spense lentamente alle sue spalle.
Dove aveva sbagliato?
Cosa avrebbe fatto suo padre?
E ora? Che fare? C’era qualcosa da fare?
“Conoscevo bene tuo padre”, la voce rasposa la fece sobbalzare, “avrebbe fatto esattamente quello che hai fatto tu.”
Serna si girò e si trovò di fronte Agio, il vecchio pescatore dalla faccia solcata di rughe e la pelle che sembrava cuoio maltrattato.
“L’unica differenza sarebbe stata che Jona avrebbe saputo che il primo tentativo sarebbe andato male. Gli indovinelli degli Dei non sono mai semplici.”
“Grazie Agio. Che devo fare ora?”
“Vai a casa e calmati. Io districo questo ginepraio.”
“Ti aiuto.”
Agio rise: “Queste mani hanno sciolto più lenze di quanto tu possa immaginare. A ognuno il suo lavoro. Saresti solo d’impiccio.”
Da chiunque altro sarebbe stata un’ulteriore offesa, ma Serna sapeva che Agio stava solo enunciando un fatto. Né più né meno.
“Va bene. Quando hai finito ti aspetto a casa.”
Agio soppesò l’intrico con un’occhiata: “Non prima di stasera, forse domattina.”