Mani forti e dure lo svegliarono di soprassalto.
Prima che potesse aprire gli occhi si ritrovò avvolto nel lenzuolo che lo copriva come una mummia. Solo la testa era libera.
Mise a fuoco i suoi assalitori mentre lo sollevavano e lo portavano, impacchettato come un bimbo in fasce, fuori dalla casa albero. Indiscutibilmente elfi, ma con la pelle scura, quasi rossiccia; erano seminudi e portavano enormi maschere di legno che coprivano interamente la testa e buona parte del petto.
Fuori, vicino al fiume, era acceso un alto falò.
Appena fu portato fuori dall’albero scoppiò un frastuono indescrivibile di urla ritmate al suono di tamburi e un qualche genere di pifferi.
Jona sempre avviluppato nel suo bozzolo di tela fu appeso senza tanti complimenti a un gancio presso il fuoco. Il calore gli fece arricciare i capelli.
Gli elfi, una decina, cominciarono una danza ritmata dai tamburi.
Jona stava cercando di liberarsi dal lenzuolo che lo avvolgeva, ma con scarsi risultati.
Cercò di evocare l’Amuleto, ma quello doveva essere rimasto a fianco del letto e non lo sentì.
Lo sentirono, invece, gli elfi che esplosero in una fragorosa risata senza smettere la loro forsennata danza.
Il ritmo si faceva sempre più serrato fino a un’esplosione cacofonica che bloccò tutti.
I tamburi ripresero con un ritmo lento e maestoso, mentre quattro elfi si dirigevano verso Jona.
Gli altri erano fermi attorno al fuoco e cadenzavano, battendo le mani, l’incedere dei quattro.
Due si piazzarono ai suoi fianchi e lo tennero ben fermo, anche se lui stava cercando di divincolarsi disperatamente.
Il più alto dei due che rimasero di fronte a lui fece un discorso di cui Jona non capì nulla, visto che non c’era l’Amuleto a tradurre, ma che fu accolto con risa, schiamazzi e applausi dagli altri elfi.
Poi fu la volta dell’altro che, con voce chiara, disse: “Ti battezzo Rotbaadsmand: “Il Barcaiolo rosso”.”
Jona rimase folgorato dalla sorpresa, poi un dolore lancinante all’orecchio sinistro gli fece chiudere gli occhi.
Quando li riaprì i due davanti a lui si stavano togliendo le maschere e Jona si trovò di fronte Gornor e Falanor, poi sentì uno scatto e si sentì proiettare verso il cielo mentre il gancio strappava il lenzuolo che lo imprigionava.
“Strano modo di morire”, pensò mentre ancora lottava per liberarsi dagli stracci che lo avvolgevano.
Poi piombò nell’acqua fredda del Rin.
Il colpo lo costrinse a espellere l’aria dai polmoni, ma ebbe abbastanza prontezza di spirito da evitare d’inspirare.
Le braccia erano libere e si dette una spinta per tornare a galla.
La luna, quasi piena, si rispecchiava sulle acque scure del Rin.
Jona era in una pozza di acqua calma a pochi metri dalla riva, dove gli elfi lo aspettavano.
Si liberò dai resti del lenzuolo che ancora gli bloccavano le gambe e si guardò intorno, poi, con poche bracciate, raggiunse la riva.
“Maestà, Maestro, sono felice di vedervi, anche se, debbo dire, non mi aspettavo una Vostra visita”, disse chiamando a raccolta tutta la dignità che gli era rimasta e facendo un inchino degno di un paggio di corte.
Gli elfi, vedendolo bagnato come un pulcino, con addosso solo una camicia strappata e il suo spirito, scoppiarono in un fragoroso applauso.
“Nessun Elfo si aspetta quello che gli capita durante il battesimo”, gli disse Falanor, “con te siamo andati leggeri perché non avevi nemmeno idea che esistesse questa cerimonia. Puoi andare orgoglioso: non sono molti gli umani che si sono guadagnati il nostro rispetto”, poi, notando che Jona si stava massaggiando l’orecchio dolente, gli fece vedere il suo orecchio sinistro: dietro il padiglione erano tatuate una serie di lettere strane e sottili. “Questo è il mio nome di Battesimo: “Amico dei Cervi”. Non sono molti ad averlo visto.”
Jona era ancora frastornato, ma capiva bene che gli era stato fatto un grande onore.
Tutti gli elfi che aveva conosciuto erano lì attorno al fuoco, Smullyanna, Selinar, i suoi compagni di zattera, altri quattro guerrieri che potevano essere quelli che lo avevano condotto fino all’Innerwald, Jona non riusciva a ricordarli chiaramente
La cerimonia privata del Battesimo si concluse con un banchetto che durò fino al mattino.
Gli elfi lo salutarono e scomparvero silenziosi nei boschi.
Per ultimo rimase il capo-pattuglia che gli aveva insegnato i rudimenti della navigazione fluviale.
“Ti consiglio di riposarti una giornata. Devi essere stanco. Questa borsa contiene un sigillo reale che ti permetterà di ottenere assistenza da qualsiasi Elfo nel regno di Falanor e un po’ di denaro umano con cui potrai affrontare i primi giorni nei territori a nord di Baal. Fai buon viaggio e ricordati che, da oggi, sei anche un elfo. Fai onore alla tua razza e alla nostra.”
Poi sparì anche lui veloce nella foresta.