La mattina dopo, di buon’ora Jona stava percorrendo al piccolo trotto un oscuro sentiero nella Foresta. I larghi zoccoli non ferrati del suo cavallo baio erano perfettamente adatti al letto di aghi di pino che ricopriva ogni cosa. Aveva da poco lasciato il boschetto di querce che circondava il villaggio e ancora gli risuonavano nelle orecchie i saluti della Dana e degli altri.
C’era stata festa grande al villaggio la sera prima.
Jona era moderatamente stupito: “Amuleto, non capisco questa faccenda. So bene che la foresta è pericolosa e quindi i commerci non sono frequenti, ma la Dana ha detto che almeno gli Elfi vengono con una certa regolarità. Come mai non portano utensili? Ci sarebbe un certo guadagno.”
“E con che cosa pagherebbero? Cavalli? Ghiande? Cacciagione?”
Jona ci rimuginò su. Effettivamente la vita dei villaggi era molto particolare. Vivevano relativamente bene, anche grazie a piante “progettate” allo scopo e, forse disseminate dagli Elfi stessi, ma non producevano nulla che fosse d’interesse per il mondo esterno.
“A maggior ragione l’oro avrebbe dovuto essere bene accetto. Avrebbero potuto comprare molte accette, e chissà cos’altro, con quella pallina!”
Buon per lui. Adesso era a cavallo. Aveva le bisacce piene di provviste e, in fondo allo zaino, aveva anche una lettera della Dana che pregava le Dane degli altri villaggi di concedergli ospitalità. La lettera era suggellata con una gemma presa dalla cima dell’Albero di Dana. Nessuno, se non una Dana poteva accedervi. La Dea era piuttosto gelosa delle sue cose.
La strada di mattoni gialli che stava percorrendo piegava bruscamente verso est. Jona ne chiese il motivo.
“Non hai voglia d’incontrare una banda di Troll”, fu la risposta e l’Amuleto rifiutò ostinatamente altre spiegazioni.
Quando arrivò ai cancelli del villaggio successivo e si presentò, a piedi con il cavallo al fianco e la lettera di presentazione in mano il sole era ancora alto. Era stata una giornata tranquilla e riposante.
Anche le due settimane successive furono assolutamente uguali, tanto che Jona si annoiò mortalmente e cominciò a lamentarsi di tutto, a partire dalla scomodità della sella per finire alla perenne penombra della foresta.
Solo le serate nei vari villaggi — o nelle varie “Case nella Foresta”, come le chiamavano loro — gli fornivano un po’ di svago, così il Mago si ritrovò, quasi senza accorgersene, a raccontare storie e intrattenere i suoi ospiti con piccoli trucchi e scherzi.