Minz

L’Amuleto lo svegliò che era ancora buio pesto.
“Tra poco è l’alba. Meglio prepararsi. Gli orchi sono mattinieri.”
Jona non si fece pregare. Spese gli abituali cinque minuti per rimettere in moto le articolazioni e poi sellò il cavallo che sembrava essersi ripreso perfettamente dalle fatiche del giorno prima. Stava terminando quando sentì un urlo isolato nelle prime luci dell’alba.
“Devono aver trovato le mie tracce.”
“Probabile. Meglio togliere il disturbo in fretta.”
Rumori fra i cespugli preannunciavano l’arrivo di qualcuno di gran carriera.

Jona finì di sistemare le bisacce e montò a cavallo proprio mentre dall’alta ripa spuntavano le teste di tre Orchi. Rimase un attimo interdetto. Non sapeva che cosa si fosse aspettato, ma non questo. Gli Orchi avevano un grugno suino con un grosso naso rotondo. La bocca aveva bene in vista quattro zanne giallastre da cinghiale. Il tutto era di un colore roseo, reso ora ancor più accentuato dalla corsa.

Il cavallo scartò e prese il galoppo mentre i tre orchi si lanciavano all’inseguimento. Jona si teneva aggrappato al collo scosso dalle risate. Li distanziarono facilmente, ma quelli continuarono a inseguirli. Correvano veloci, non quanto gli Elfi, ma sicuramente più di un uomo. Jona fece rallentare il cavallo a un’andatura che sarebbe stato in grado si reggere a lungo.
“Quanto distano le prime case umane?”
“Una quarantina di chilometri,” Jona imprecò in silenzio. La voglia di ridere gli stava rapidamente passando, “ma non ti seguiranno fin laggiù. Tra poco arriveremo al torrentello che hanno scelto come confine del loro territorio”.

Si trattava di un rigagnolo che scorreva allegro fra i sassi e che il cavallo superò con un salto senza perdere il passo, ma gli orchi si fermarono sulla riva come si fosse trattato di una muraglia impenetrabile. Rimasero a guardare Jona che si allontanava, forse per assicurarsi che non tornasse indietro.
“Altre sorprese del genere, più avanti? Sai, preferirei essere preparato.” Jona aveva la netta sensazione che l’Amuleto si divertisse a fargli scoprire le cose all’ultimo momento. Era una direttiva di Thano o lo faceva di testa sua?
“Non credo. Per quel che so la gente qui è abbastanza amichevole e accetta i viandanti. I brutti incontri li puoi fare dappertutto, naturalmente.”
“Naturalmente.”
“Dammi un po’ d’informazioni su questa valle.”

L’Amuleto si lanciò in una dettagliata descrizione della valle e dell’economia del luogo. Si trattava di un’ampia zona attorno alla confluenza del Rin e del Min che si stendeva verso est fino agli insediamenti degli Orchi e a nord fino a dove il Rin si infilava nelle gole fra i monti e formava le sue famose cascate. A sud la Foresta Oscura regnava incontrastata; solo una sottile striscia di terra sulle sponde del Rin era percorribile, con molti pericoli, per andare a commerciare con gli Elfi delle grandi montagne.
La valle era ampia e fertile. L’unica città degna di questo nome era Minz, presso la confluenza, dove avvenivano i commerci avevano sede diversi templi e si trovavano le botteghe di molti artigiani. Alcuni piccoli centri lungo i fiumi erano specializzati in lavorazioni particolari, come le ceramiche di Ruudesh.

Il sole era ben alto quando incontrarono i primi segni di attività umana: armenti al pascolo. I mandriani si girarono a guardare, ma, visto che si trattava di un umano a cavallo e non di Orchi persero rapidamente interesse.

La sera chiese ospitalità in una cascina al centro di campi coltivati ordinatamente. Gli fu concesso di dormire nella stalla assieme al suo cavallo, ma non di entrare in casa.
A Jona questo andava più che bene: non aveva voglia d’inventare un’altra storia e di sottoporsi al vaglio delle domande di quegli sconosciuti.

La mattina dopo era di nuovo a cavallo.
Il paesaggio era splendido. Piccoli centri abitati erano molto distanziati fra loro, circondati da campi coltivati e, più oltre, da pascoli. Queste oasi di umanità erano separate da ampie zone boscose dove, ogni tanto, incontrava qualche cacciatore con i suoi cani.

La sera, questa volta, trovò alloggio in una piccola locanda. Altri viaggiatori erano lì in sosta. Jona aveva pensato di usare la solita scusa dello speziale in cerca di erbe strane, ma, questa volta, avrebbe dovuto modificarla parecchio. Era del tutto evidente, infatti, che lui veniva da molto lontano. La sua pelle era più scura, i suoi capelli neri, la stessa conformazione del viso diversa. Qui la gente aveva la pelle chiarissima, i capelli che andavano dal biondo al castano chiaro e visi più larghi e rotondi, il suo naso affilato non aveva uguali. Anche di corporatura erano di una buona spanna più alti di lui che, a casa sua, era considerato una persona alta.

L’oste che gestiva la locanda non fece commenti e si limitò a intascare le monetine che Jona gli dette, a fargli vedere la sua camera e a dirgli che la cena sarebbe stata pronta di lì a poco.

Il sole era ancora alto quando scese per cena, ma si accorse subito di essere l’ultimo, si diresse quindi verso l’unico tavolo libero, vicino alla porta.
Qualcuno lo guardò con curiosità, ma nessuno gli rivolse la parola e lui ne fu grato. Mangiò in fretta e si ritirò nella sua stanza, mentre di sotto l’atmosfera cominciava a scaldarsi aiutata dalla birra scura.

Il giorno dopo era in vista delle mura di Minz.
Si trattava, in realtà, di un muro fatto per tener fuori i ladruncoli e non come bastione difensivo. Si vedeva chiaramente che in tutta quella zona non c’era ombra di eserciti e guerre. La terra era buona e molta in attesa d’esser colonizzata.