Cena al Refettorio

Uscite le due donne Jona rimase sul letto per qualche minuto, poi l’Amuleto lo chiamò:
Qualcuno aveva lasciato in bella vista sul tavolo una pesante e morbida veste bianca simile a quella che portava Helga, ma la cintura era costituita da un cordone rosso sangue. Jona la indossò e calzò anche i sandali di cuoio e sughero della medesima gradazione di rosso.
Aveva appena finito che l’anziano accolito bussò per accompagnarlo in refettorio.

Il Refettorio, una grande sala dall’alto soffitto, era particolare; circa la metà completamente sgombra, mentre nell’altra parte erano allineati i lunghi tavoli con comode sedie attorno. La tavolata più lunga era al centro, proprio a fianco della zona sgombra e imbandita solo da una parte. Tutte le altre erano orientate nell’altro verso e avevano posti su entrambi i lati.

L’accolito lo guidò con passo sicuro tra l’andirivieni di persone che stavano prendendo posto proprio verso quella tavolata dove una poltroncina aveva un colore rosso un po’ più chiaro delle altre. Un colore che si intonava perfettamente con i suoi sandali.
Jona prese posto e l’accolito scomparve rapidamente.
Grandi finestre alle sue spalle lasciavano entrare il sole oramai basso fra le montagne.

Finalmente Jona capì che cosa lo stava disturbando tanto: Dionne, fin da quando poteva ricordare, era sempre stata sinonimo di allegria e sregolatezza, spesso un po’ sguaiata. Qui invece si respirava un’aria di calma aspettativa, il chiacchiericcio, sicuramente notevole, era allegro, ma composto, quasi austero.
Si rilassò sullo schienale della poltroncina aspettando di essere sorpreso.

La sala era quasi completamente piena quando Jona percepì un distinto cambiamento nel rumore di fondo. Si guardò attorno e vide che la sacerdotessa aveva fatto il suo ingresso. Stava parlando fitto fitto con due persone non giovanissime che alla fine annuirono e si dileguarono, mentre lei veniva a prendere il suo posto al centro della tavolata, proprio a fianco di Jona.
“Spero tu ti sia trovato bene”, disse mentre si accomodava sulla sua poltroncina, larga a sufficienza da permetterle di accoccolarsi ripiegando le lunghe gambe sotto di sé.
“Benissimo, grazie”, rispose lui. Stava per aggiungere qualcos’altro, ma lei batté le mani due volte e la sala si riempì di movimento.

I due con cui la sacerdotessa stava parlando poco prima si presentarono al centro della sala, Jona notò che ciascuno aveva legato un nastro al braccio sinistro, un azzurro e l’altro giallo.
“Come sapete i temi di questa sera sono il pollo e le trote. La cucina del maestro Hans”, il maestro Hans, con il nastro azzurro al braccio, fece un grande inchino mentre l’altro proseguiva, “ha scelto di cimentarsi con le trote, mentre la mia vi delizierà con il pollame.”
Il maestro Hans prese la parola: “Cominceremo con un antipasto di carpaccio di trota iridata su letto di crescione.”. Descrisse brevemente il piatto mentre gli inservienti di cucina distribuivano su tutte le tavole i lunghi vassoi.

Alle loro spalle, vicino alla parete di fondo, erano stati portati dei grandi tabelloni. Su uno qualcuno stava scrivendo “carpaccio di trota”.
“In quel cestino ci sono i tuoi gettoni”, gli disse la sacerdotessa, “ne hai solo tre. Puoi darli a chi vuoi, sia per il cibo e per il resto. Ti consiglio di aspettare: non li puoi riprendere se poi vedi qualcosa che ti piace di più!”

Il carpaccio era delizioso, ma Jona seguì il consiglio e si tenne i suoi gettoni. Nel frattempo due giocolieri si stavano esibendo lanciandosi un numero impressionante di cerchi di metallo che formavano due linee tratteggiate che solcavano la sala. I loro nomi vennero scritti su un altro tabellone. Intanto i primi gettoni venivano spesi a favore del carpaccio e finivano appesi al tabellone.

Poi fu la volta di un antipasto di polpettine di pollo alle erbe su composta di ribes.
L’accompagnamento era una lunga ballata cantata da una matrona dalla voce possente della quale Jona capì poco o nulla anche perché l’Amuleto non si curò di tradurre, ma che strappò risate e applausi a scena aperta da parte degli altri commensali.

Jona allungò la mano e si versò un generoso bicchiere di una birra color del miele. Quando la portò alle labbra rimase sorpreso dalla qualità. Era certamente la miglior birra che avesse mai bevuto. Chiamò il cantiniere e gli diede uno dei suoi gettoni.

La cena proseguì a lungo e Jona percepì il crescendo di qualità e perizia sia nel cibo che in coloro che si esibivano. Finì per premiare con i suoi gettoni un suonatore di flauto che suonava da solo, ma sembrava avesse un’orchestra alle spalle, e un gruppo di danzatrici che si erano esibite mentre venivano serviti i dolci, anche questi in tema: una trota di pan di Spagna farcito e un enorme gallo di cioccolata multicolore.

La cena stava volgendo al termine e l’atmosfera rilassata. I gettoni sui tabelloni indicavano chiaramente la vittoria di un poeta che aveva declamato una poesia satirica poco prima. Jona pensò oziosamente che doveva aver perso parecchio nella traduzione, visto che a lui era sembrata piuttosto scialba e sboccata, ma aveva fatto ridere fino alle lacrime quasi tutti gli altri. Peccato.

L’arrivo di un grande carrello pieno di bicchieri viola e granata provocò un’ondata di eccitazione. Anche Jona si fece attento, cercando di capire: “Che succede?” mormorò all’amuleto.

“Come tutti sapete, agli ospiti graditi viene concesso il diritto di prima scelta. Solo per una volta”, aggiunse guardando il Mago negli occhi.
“Che devo fare?” chiese lui vagamente a disagio.
“Semplice: devi prendere due bicchieri uno granata per te e uno per la persona con cui vuoi passare la notte; viola per una donna, granata per un maschietto.”
Jona era imbarazzatissimo e si rendeva conto che l’intera sala stava godendo, sia pur bonariamente, della sua goffaggine. Si alzò lentamente e, mentre si avvicinava al carrello sibilò all’amuleto: “Che c’è in quei bicchieri?”
“Oltre ad acqua, una certa dose di alcool e aromi vari, disinibenti ed esaltatori della libido.”
“Ossia afrodisiaci?”

Il cuore di Jona perse un paio di colpi, ma i suoi piedi non persero il passo. Arrivò al carrello e prese con decisione due bicchieri di diverso colore, poi, senza girarsi, chiese: “Posso scegliere chiunque?”
“Chiunque sia in questa sala”, confermò Tyla.

Jona si voltò lentamente e, mentre tornava verso il suo posto, fece scorrere gli occhi nella sala, indugiando sulle ragazze più carine, poi, parlando a bassa voce in modo che solo i vicini potessero udirlo: “Se posso scegliere “chiunque”, perché accontentarsi?” offrì un calice viola alla Sacerdotessa.

Tyla rise: “Sei un bel marpione, Mago!”, poi, abbassando anche lei la voce:
Vuotò il suo bicchiere in un sorso mentre Jona centellinava il suo.
“Continuate pure senza di noi!”, disse poi ad alta voce mentre usciva a braccetto con Jona.