Jona si svegliò con il braccio destro completamente addormentato. Non riusciva a muoverlo e sembrava pesasse tonnellate. Cercò di girarsi e il “peso” lo baciò sulla bocca.
La circolazione riprese e il braccio protestò vigorosamente formicolando crudelmente. Jona fece una smorfia e cercò di massaggiarselo.
“Oh, povero caro”, disse Tyla con la voce ancora un po’ impastata dal sonno, “ti fa molto male?”
“Non è nulla”, cominciò lui, poi vide il sorriso nei suoi occhi e continuò con tono diverso: “ma dammi una mano a svegliare questo pezzo di legno che porto attaccato a una spalla.”
Il sorriso si allargò dagli occhi a tutto il viso mentre si tirava a sedere e prendeva a massaggiare quel braccio che aveva usato fino ad allora come cuscino.
Le smorfie di dolore che Jona faceva le strapparono più di un risolino.
Fecero una doccia insieme e si rivestirono, poi mentre stavano per uscire Tyla lo fermò e gli disse con un viso improvvisamente serio: “Quando usciremo da quella porta la magia della Scelta sarà ufficialmente finita; io tornerò a essere Tyla la Sacerdotessa e tu Jona Il Mago, spero che ti sia chiaro.”
“Chiarissimo.”
“Grazie.” Lo baciò sula punta del naso e aprì la porta uscendo impettita nel corridoio affollato.
“Le nostre serre sono tra le migliori di tutto il paese, non tanto come costruzione, visto che provengono tutte dal tempio di Festo, ma come varietà dei prodotti e per la loro qualità. Ti interesserebbe visitarle?”
“Esatto.”
“Fra Domeneq! Posso rubarle un po’ del suo tempo?”
Fra Domeneq era un uomo di mezza età, esile, dall’aspetto quasi fragile, ma quando i suoi occhi azzurri si girarono verso di loro Jona percepì nettamente una forza interiore non comune.
“Ai suoi ordini, Sacerdotessa!”
“Potrebbe organizzare una visita alle serre per il nostro ospite, qui?”
“Certamente. Me ne occupo personalmente.”
“Allora vi lascio. Buona giornata!”
Jona e Fra Domeneq si produssero all’unisono in un inchino profondo e Tyla si allontanò senza guardarsi indietro.
“Che cosa ti interessa delle nostre serre, in particolare?”
“Capisco, la Sacerdotessa ha, come al solito, ragione; inutile cercare di spiegare, quando l’esperienza diretta è molto più efficace.” Sottolineò la parola “Sacerdotessa” quanto bastava per far capire a Jona che quello era “il” modo di riferirsi a lei e il Mago si sentì avvampare per l’imbarazzo. Non ci sarebbe davvero voluto molto a capirlo.
Fra Domeneq fece finta di nulla e proseguì senza pause:
Jona annuì: “Tra un’ora al portale Sud. Certamente!”
“A tra poco, allora”, concluse il frate e si allontanò a passo svelto.
Il Mago si diresse verso il refettorio con la netta sensazione di essere parecchio in ritardo.
Una volta nella grande sala la sensazione divenne certezza. Il refettorio era in disarmo, poche persone stavano ancora mangiando, ma gli addetti di cucina avevano già cominciato a sbaraccare.
Jona prese una ciotola di cioccolata e una fetta di torta che consumò rapidamente, ma non tanto da non accorgersi della qualità delle vivande.
Fra Domeneq non si fece attendere.
Le serre coprivano il lato sud della collina su cui sorgeva il monastero, protette da un basso muro di cinta. Jona non le aveva notate arrivando solo perché era giunto da nord. Era una serie di enormi capannoni completamente coperti da spessi vetri e sostenuti da strani pali cilindrici che sembravano di metallo, ma non lo erano.
“E vetro anche quello”, spiegò Fra Domeneq vedendo l’interesse di Jona, “per la precisione si tratta di una schiuma di vetro; è molto leggera, ma molto resistente e rigida. Guarda.” Lo guidò in un angolo del grande capannone e gli mostrò una serie di lunghi tubi di diversi diametri: “Questi li usiamo per le manutenzioni. Prova a prenderne uno.”
Jona valutò che dovessero essere lunghi circa cinque metri e abbrancò un palo di cinque centimetri di diametro, chiedendosi se sarebbe riuscito a sollevarlo. Mise troppa forza, visto che pesava meno di un chilo e gli sfuggì dalle mani ricadendo a terra con un tonfo sordo. Guardò Fra Domeneq imbarazzato, ma quello stava sorridendo, evidentemente si aspettava qualcosa del genere: “Li producono al tempio di Festo, a Twerp, e non si rompono facilmente.” Il palo, infatti, non aveva subito alcun danno. Jona lo riprese in mano per accertarsene e notò come fosse assolutamente dritto e non flettesse nemmeno sotto sforzo.
“A Twerp sono specializzati nella lavorazione del vetro e della ceramica; fanno lì anche le lastre per la pavimentazione stradale che hai sicuramente notato.”
“Mi piacerebbe visitarlo, sempre che Thano non abbia altri progetti, ma torniamo alle serre.”
“Già, le serre. Come avrai notato sono formate da elementi modulari e composti da intelaiature coperte da lastre di vetro triangolari. Ne abbiamo di tutte le dimensioni e per tutti gli usi; questa serve per le coltivazioni d’insalate e altri ortaggi e viene tenuta a una temperatura simile a quella estiva.” Entrarono e Jona sentì subito la differenza rispetto all’aria frizzante dell’esterno.
“Sono riscaldate?”
Attraversarono l’intera serra, passando tra i filari ordinati di cassette dentro cui crescevano le piantine. La maggior parte delle piante erano conosciute a Jona, quando non ne riconosceva qualcuna chiedeva; Fra Domeneq era sempre pronto a snocciolare nome, usi e una quantità d’informazioni accessorie.
Quando passarono nella struttura successiva Jona avvertì il calore e l’umidità come avesse attraversato un muro, invisibile, ma ben solido. Faceva fatica a respirare.
“Rilassati e lascia che il tuo corpo si abitui, tra pochi minuti starai meglio.”
Si costrinse a respirare l’aria di quella fornace e presto la situazione migliorò, anche se stava oramai sudando copiosamente. Tutti quelli che stavano lavorando lì erano a torso nudo e portavano solo un paio di braghe leggere. Saggia decisione.
“Non fa tutto questo caldo; la temperatura è di soli 28°, ma sembra molto più alta per il contrasto e per l’umidità.”
Jona si era ripreso abbastanza da interessarsi di ciò che lo circondava; le piante del cacao erano dei veri e propri alberelli, alti quattro o cinque metri con delle larghe foglie legnose.
A intervalli regolari c’erano degli strani scatoloni da cui si levavano spire di vapore. Avvicinò una mano e sentì il calore: erano quelle le stufe responsabili del riscaldamento, ma non si vedevano bracieri o fornelli. Guardò il frate con aria interrogativa.
“Elettricità?”
“Non li guardare troppo. Rischi di bruciarti gli occhi.”
Jona abbassò lo sguardo, ma la forma del tubo gli rimase davanti, come se avesse guardato il sole.
Fra Domeneq girò di nuovo la maniglia e la luminosità tornò normale: “Per ora ancora non servono, ma dovremo accenderle presto. Il cacao ha bisogno di molte ore di luce.”
Jona seguì il frate maledicendosi per la sua imprudenza. L’immagine dei tubi luminosi gli rimaneva impressa sulla retina impedendogli di vedere bene e dandogli un leggero senso di nausea: “Mi sono rovinato gli occhi?” chiese preoccupato all’Amuleto.
“Non credo, ma ci vorrà un po’ di tempo perché la persistenza svanisca del tutto. Attento!” Jona si fermò immediatamente, appena a tempo per evitare di andare a sbattere contro un sostegno che non aveva visto.
Seguì in silenzio Fra Domeneq nel suo giro che prese tutta la mattinata. Jona aveva un buon senso dell’orientamento ed era quasi sicuro di aver visitato solo una piccola frazione delle serre; erano davvero immense.
Lo disse alla sua guida che rispose con un evidente orgoglio:
“Non c’è anche una scuola di massaggio?” chiese a un certo punto Jona.
“Sì, certo, ma non fa parte del Monastero in senso stretto. In realtà dipende dal monastero di Asclep, così come l’erboristeria. Qui coltiviamo molte delle piante che si usano in medicina e si producono balsami e unguenti, ma gli speziali, così come i massaggiatori, dipendono direttamente da Akela”
“Akela?”
“Sì, il Monastero di Asclep in Akela”
“Quindi voi sareste il “Monastero di Dionne in Leppe”, o semplicemente “Leppe”?”
Il frate annuì: “Ci sono poi il Monastero di Palla in Selle, il Monastero di Festo in Twerp”, e proseguì a lungo citando ogni Dio almeno una volta.
“Sono tantissimi”, osservò Jona, “sembra quasi che ci sia un Monastero in ogni città.”
Fra Domeneq lo guardò stupito: “Certo che c’è un monastero in ogni città. Le città sono costruite attorno ai monasteri. Prima si fonda il monastero, lo si impianta e poi la città gli cresce attorno, ma il monastero rimane il fulcro della vita. Quasi tutti lavorano al monastero o per il monastero.”
Jona rimase in silenzio; cominciava a capire da dove poteva aver avuto inizio il rigetto per gli Dei nella terra delle guerre, ma non era certo né il posto né il momento per parlarne.
Rientrarono che era quasi ora di cena. Fece appena a tempo a fare una rapida doccia. Niente massaggio oggi, peccato.
La cena fu completamente differente da quella del giorno prima, ma comunque deliziosa.