Jona seguì il servitore che lo accompagnò, per prima cosa, in uno stanzino minuscolo che conteneva un letto, una cassapanca e poco altro, dicendogli che quella era la stanza che gli era stata assegnata.
Il Mago ci rimase parecchio male, anche se cercò di non farlo vedere. Era un vero bugigattolo, con una finestrella dalla quale filtrava oramai solo in vago chiarore. Era meno della metà della sua cella al monastero
Le sedute erano tutte molto pulite, della qual cosa Jona fu grato.
Si servì dell’ultima in fondo, mentre la sua guida osservava con evidente ironia il suo impacciato imbarazzo.
“Ho una lettera da consegnare a un certo “Caio Servio”, che dovrebbe essere all’Accademia, ma non mi hanno detto altro. Pensavo ci fosse una sola Accademia, ma mi pare di capire che non è così”, disse mentre si rivestiva.
“Caio Servio è qui ed è a capo dell’Accademia in Door. Non dovrai fare molta strada.”
“Ah, bene. Pensi che posso andare a trovarlo direttamente ora? O è troppo tardi?”
Il tono con cui era stata pronunciata l’ultima parola conteneva una dose di disprezzo sufficiente a far fremere Jona, che incassò con un sorriso, ingoiando le rispostacce che gli stavano salendo alle labbra: “Va bene. Che cosa dovrei fare, invece?”
“Di regola dovresti mandare qualcuno — posso farlo io — a chiedere udienza, magari proponendo di incontrarsi alle terme.”
Era quasi certo che il servitore fosse sincero, ma lanciò ugualmente un’occhiata all’Amuleto che lo gratificò con un lampo verde. Non si era sbagliato.
“Sì?”
“Allora dovresti scrivere una breve lettera. Invitarlo per un bicchiere d’idromele, magari nella taberna di Marseio.”
“Ma non avevi detto che dovevo invitarlo alle terme?” chiese Jona lievemente confuso.
Il servitore roteò gli occhi esasperato, poi, con il tono di chi è costretto a spiegare cose fin troppo ovvie:
“E io me lo posso permettere?” disse passandogli una piccola borsa.
Il peso, sospetto per un oggetto così piccolo, fece cambiare all’istante l’atteggiamento del servitore che si affrettò a dire, senza nemmeno aprirla: “non ce n’è bisogno. Il Console ha detto di mettere tutto sul suo conto. Venga, signore!”
Jona sorrise e, mentre allungava la mano per farsi restituire la borsa, mormorò qualcosa all’Amuleto; dei lampi rosso sangue guizzarono per un istante intorno alla borsa che il servitore quasi lanciò fra le mani del Mago, come se fosse stato morso. Ci avrebbe pensato ben più di due volte prima di cercare di trafugare qualcosa.
L’Amuleto suggerì le parole da scrivere e Jona vide chiaramente che il servitore rimase sorpreso.
Piegò il foglio senza sigillarlo e lo porse dicendo: “E adesso?”