La mattina dopo la terra era scomparsa alle loro spalle e intorno a loro il mare era di un blu profondo.
Non ebbe bisogno di consultarsi con l’Amuleto per sapere che avevano cambiato direzione, ora andavano verso nord-ovest e procedevano più spediti, con il vento al traverso.
Anche la routine di bordo cambiò in maniera drastica: era iniziata la pesca in mare aperto.
Pescavano all’amo, tenendo solo le prede migliori — sapevano di avere tutto il tempo per riempire la stiva — e le pulivano immediatamente, per poi cominciare la conservazione, diversa per i vari tipi di pesce.
Jona imparò cose sulla conservazione del pesce che non avrebbe mai immaginato.
In Ligu il pesce si consumava quasi esclusivamente fresco, Solo poche cose, le alici, per esempio, venivano conservate sotto sale, chiuse in barili.
Questo perché, più o meno bene, si poteva pescare tutto l’anno; qui, invece, la stagione della pesca era corta, essenzialmente dalla fine di marzo fino a settembre, poi si doveva pescare solo nei fiordi e nei mesi invernali si viveva essenzialmente tappati in casa ad aspettare che arrivasse la primavera.
Avere scorte variate e non avariate era assolutamente indispensabile.
Le lavorazioni erano tutte lunghe e quasi tutte impiegavano la scorta di sale che appesantiva la stiva. Jona si interessò anche alla varietà di erbe seccate che venivano usate per insaporire il pesce prima della seccatura, affumicatura o salatura finale.
L’affumicatura avveniva in una specie di tenda di grossa tela che conteneva un braciere alimentato con torba seccata.
Lo spazio liberato dalle scorte consumate veniva utilizzato per sivare il pesce conservato.
Il timoniere, con cui Jona aveva imbastito un certo rapporto di amicizia, gli spiegò che il pesce che stavano preparando sarebbe stato scambiato con attrezzi, pelli ed altre cose che non si potevano trovare o produrre nei piccoli villaggi. Quello che avrebbero pescato al ritorno sarebbe, invece, servito per il consumo invernale.
Le giornate si succedevano uguali, con il tempo che si manteneva buono e il vento costante.
All’orizzonte apparve finalmente l’Isola del Fuoco: una terra aspra, costellata di vulcani e scintillante di ghiacciai.
La costeggiarono per due interi giorni e due notti, prima di virare decisamente verso ovest e riprendere il mare aperto.
Il timoniere gli disse che anche lì c’erano insediamenti Viknuit e che sfruttavano il calore di vulcani e geyser per sopravvivere al gelo invernale.
Sul mare cominciarono ad apparire delle isolette ghiacciate e Jona rimase incredulo quando il timoniere gli spiegò che si trattava di blocchi di ghiaccio alla deriva.
“Vedrai quanti ce ne saranno quando passeremo accanto alla Terra dei Ghiacci”, gli disse il timoniere con aria di chi la sa lunga.
In effetti gli avvistamenti di quei blocchi di ghiaccio si fece sempre più frequente e le dimensioni maggiori fino a che, dopo molti giorni, non apparve la Terra dei Ghiacci.
Jona era affascinato.