Il Mercato

Il Gran Mercato apriva ufficialmente i battenti all’equinozio di autunno e rimaneva aperto per un mese; mancavano ancora una quarantina di giorni, ma non erano certo troppi. L’attività per preparare la merce, finire l’essiccazione — cosa che in mare aperto non riesce facile — impacchettare, immagazzinare e preparare le strategie commerciali non lasciava molto tempo libero, ma, come ripeteva spesso Troomsin, avrebbero avuto tempo per riposarsi nei lunghi mesi invernali.

I Viknuit facevano la parte dei padroni di casa e ogni villaggio aveva la sua bottega alla piazza del mercato. Si trattava di solide case di tronchi che formavano un grande cerchio oramai quasi ininterrotto. Avevano la porta verso l’interno della piazza e non avevano altre aperture. Jona ne chiese il motivo e il suo amico timoniere gli spiegò che la quantità di merci che circolava al Gran Mercato attirava fin troppi ladri, meglio non rendere loro la vita troppo facile.
Un paio di settimane prima dell’equinozio cominciarono ad arrivare le carovane degli “ospiti” che si stabilirono, con le loro pesanti tende, nell’ampio cerchio della piazza.

Dapprima il Mago si era trovato a fare lavori generici, compresi molti turni di guardia alle mercanzie, ma presto Troomsin aveva notato la sua abilità nel trattare — in parte dovuta all’Amuleto che sembrava sempre sapere quando il suo interlocutore stava mentendo — e aveva cominciato a volerlo come accompagnatore stabile nei suoi giri di affari.

Ufficialmente nessuno poteva vendere o comprare nulla prima dell’apertura del Mercato, ma le settimane che la precedevano furono piene di incontri, inviti a cena a base dei prodotti che sarebbero poi stati venduti, lunghe chiacchierate che, inevitabilmente, finivano per gettare le basi per futuri accordi.

La varietà di prodotti era impressionante e andavano dai cibi conservati, come il pesce dei Viknuit e la frutta essiccata degli abitanti delle lontane pianure, alle pelli e pellicce di innumerevoli animali da pelo, pelle, squame e piuma di cui Jona non era riuscito a riconoscere che un’infima frazione, passando per stoffe, tessuti e tappeti che venivano dal caldo sud.

Con l’appressarsi della data di apertura la piazza diventava sempre più affollata, e la zona che rimaneva libera, proprio vicino al centro, diventava sempre più vistosa.

Molti la guardavano preoccupati senza osare occuparla: dov’erano i Nani di Nayokka?
Non erano mai mancati e i loro meravigliosi meccanismi erano una parte della ragione che portava popoli così diversi al mercato; in fondo frutta, pesce o pellicce si potevano trovare, più o meno buone, un po’ dappertutto, ma gli orologi o i cannocchiali dei Nani sapevano farli solo loro.

D’altro canto i Nani, che vivevano prevalentemente nelle loro caverne e avevano scarsa propensione per pesca e agricoltura, compravano volentieri le vettovaglie conservate per variare la loro dieta composta quasi esclusivamente di carne, latticini e uova.

Troomsin era molto preoccupato, non solo i suoi migliori clienti erano i Nani, ma aveva sperato di riuscire a comprare un paio di cosette, quest’anno, che gli anni precedenti, per un motivo o per l’altro, non era riuscito ad accaparrarsi.

Mancava solo una settimana al Giorno del Mercato e Troomsin stava passeggiando avanti e indietro davanti alla porta della casa: “Ma dove diavolo sono finiti, dannazione! Non sono mai mancati da quando il Mercato è il Mercato!”

Jona sapeva bene che aveva ragione e che, con ogni probabilità, se i Nani avevano trovato altri modi o altri posti dove approvvigionarsi questo sarebbe stato un brutto colpo per il prestigio del Gran Mercato stesso e per tutti i Viknuit che da esso dipendevano. Prese una decisione.

“Troom, posso parlarti?”
“Lo stai già facendo!” Rispose quello, evidentemente di pessimo umore, ma poi, vedendo l’aria seria di Jona e il suo Amuleto che, in cima al bastone da viaggio, splendeva di riflessi gialli e rossi si fece immediatamente attento, il magone era dimenticato, almeno per il momento.

Jona annuì tra sé e sé: Troomsin era un buon comandante; era tutt’altro che riflessivo, ma non si lasciava dominare dai suoi impulsi.
“Vieni, andiamo alle barche.”
Il capoflottiglia non fece commenti e i due si recarono verso la spiaggia, si fermarono un attimo al fuoco che scaldava coloro che stavano sorvegliando la nave ammiraglia e finalmente attraversarono le passerelle fino alla piccola nave con le ali, l’ultima, lontana da orecchie indiscrete.
“Allora?” chiese Troomsin, con il tono di chi vuol dire, in realtà: “Sarà meglio che tu non mi abbia fatto fare questa passeggiata per niente.”

Jona appoggiò l’Amuleto sul tavolo consumato dall’uso che occupava tutta la parte centrale della piccola cabina.
“Pensavo che potremmo approfittare di questa notte per cercare di trovare i Nani, ma non sono sicuro che sia la cosa giusta da fare.”
“Di notte, e in una notte senza luna, per di più?”
“Ma piena di stelle. Se sono qua attorno devono aver acceso un bel fuoco e quello si dovrebbe vedere da parecchio lontano.”

Troomsin stava per dire qualcosa, ma Jona spense la lampada mentre sussurrava due parole. Nel buio pesto il villaggio apparve sul tavolo con la collina dove si apriva la Piazza del Mercato che scintillava alla luce di cento fuochi.
Il Viknuit rimase senza fiato, incapace di parlare mentre il Mago faceva rimpicciolire l’immagine fino a ridurla a una manciata di vivide luci.

“Da che parte dovrebbero venire?”
“Da sud”, disse Troomsin mentre lottava per orientarsi in quella strana mappa troppo precisa e senza le indicazioni importanti, “Da lì, credo”, aggiunse poi indicando verso l’altra sponda del braccio di mare su cui si affacciava il Gran Mercato.
“Vengono per nave?” Chiese Jona.
“No, no, vengono su piccoli carri trainati dai loro muli. In realtà i carri gli servono più per riportarsi a casa quel che comprano che per trasportare qui i loro gioiellini che sono quasi sempre molto piccoli, anche se, a volte, un po’ pesanti.”

Jona fece apparire l’immagine diurna e studiò attentamente la mappa.
“Allora è probabile che attraversino da queste parti”, disse indicando il punto dove il braccio di mare si restringeva fino a diventare fiume, “e poi risalgano la costa, più o meno qui.”

Il suo dito disegnò una striscia rossa sulla mappa.
Troomsin si curvò sul tavolo e lo esaminò a lungo, poi si raddrizzò: “Potrebbe essere, ma che facciamo, ora?”
“Cerchiamo i fuochi e, prima o poi troveremo anche i Nani, se ci sono.”
La cabina ripiombò nel buio rischiarato solo dai fuochi del Gran Mercato.
Jona attese qualche minuto perché i loro occhi si abituassero e ordinò all’Amuleto di far scorrere la mappa seguendo la traccia.
Non appena il Mercato uscì dalla mappa il buio si fece ancor più solido, mentre la pista rossa diventava quasi evanescente.
Nelle tenebre cominciarono ad apparire le piccole scintille, molto lontane fra loro.

Cominciarono a esaminarle con rapidi tuffi che li portarono nei bivacchi di trapper, individuarono una piccola carovana di ritardatari evidentemente diretti al Mercato, pochi attendamenti molto distanziati e poi, finalmente, la carovana dei Nani.

“Sono molto in ritardo”, borbottò Troomsin,
“Forse non arriveranno affatto”, gli fece eco Jona con una voce tesa e preoccupata che colse il Viknuit di sorpresa.
“Amuleto, avvicinaci ancora!”
“Spiacente, a questa distanza questo è il meglio che posso fare.”

Jona indicò i sei carri disposti a cerchio. All’esterno del cerchio brillavano nella notte parecchi fuochi, mentre all’interno era buio e in quel buio si vedevano le sagome dei Nani di guardia; decisamente troppi. Non si vedeva traccia dei muli che dovevano trainare i carri. Anche il punto dove si erano fermati era strano: un pianoro su un’alta collina dai bordi scoscesi.

“Hai ragione”, confermò Troomsin, “non vedo nulla attorno, ma si direbbe che si stiano difendendo da qualcosa o da qualcuno. Che fine hanno fatto i muli? Senza di quelli, anche se si liberano dagli assalitori non arriveranno mai qui.”
“Dovremmo organizzare una spedizione di soccorso”, suggerì Jona accennando a muoversi verso la porta.
“Tu resta qui”, disse Troomsin con un tono che non ammetteva replica, “Tieni d’occhio la situazione. Tornerò presto”, e uscì dalla cabina senza guardarsi indietro.