Quando Jona arrivò all’accampamento le luci erano state spente, sostituite da alti fuochi all’esterno del cerchio dei carri e una nutrita schiera di marinai montava la guardia mentre gli altri si occupavano dei feriti.
“Il Capo, qui, mi dice che dobbiamo a te la nostra vita. Grazie.” Disse senza fronzoli quello che, a giudicare dalla raffinatezza della corazza e delle armi pareva essere il comandante dei Nani.
“Ero solo curioso di sapere perché tardavate tanto”, si schermì Jona, “poi, quando abbiamo visto la situazione Troomsin ha organizzato i soccorsi.”
Troomsin scoppiò in una fragorosa risata: “Così tu non hai fatto nulla, vero? Nemmeno ora? Quei briganti mi cascavano davanti come ragazzine innamorate solo per i miei begli occhi azzurri, vero? Mavalà!”
“Diciamo che non mi sono mai piaciuti gli attacchi sleali e i combattimenti impari, quindi ho cercato di equilibrare le sorti. Comunque: non sarebbe meglio avvertire la nave di tenersi pronti ad un possibile attacco? Quei briganti erano tanti e potrebbero tentare sorprese spiacevoli.” Stava per aggiungere qualcos’altro, ma incontrò gli occhi del capo dei Nani e tacque.
“Puoi mandare un messaggio alla nave?” Chiese Troomsin.
“Certo, da questa distanza credo di poterti anche far sentire la risposta.”
La faccenda fu sbrigata rapidamente e la nave riprese il largo, al sicuro da eventuali attacchi. Sarebbe ritornata all’alba.
Troomsin si allontanò per organizzare i turni di guardia mentre Jona cominciava a sentire gli effetti della caduta della tensione nervosa che lo aveva sorretto fino ad allora. Sentiva la testa leggera e una gran stanchezza. Si avvolse nel suo mantello e si accomodò vicino al fuoco. Sospirò: ancora non era tempo di riposare. Sentiva addosso gli occhi scrutatori di quel Nano che lo aveva ringraziato poco prima.
Pochi minuti dopo, infatti, il Nano si sedette a gambe incrociate davanti a lui, togliendosi l’elmo che aveva coperto buona parte della sua faccia.
“Io sono Burlock di Nayokka, delegato a trattare gli affari dei Nani al Mercato”, disse congiungendo i pugni in quello che Jona interpretò come un saluto. Stava parlando la lingua dei Viknuit con un forte accento che Jona non ebbe difficoltà a seguire.
“Io sono Jona di Tigu. Onorato di fare la tua conoscenza, Burlock”, rispose il Mago cercando di imitare il gesto.
Si squadrarono per un lungo istante.
Burlock era alto poco più di un metro e venti che, per un Nano era un’altezza ragguardevole, aveva membra possenti e muscolose, i lineamenti grossi, ma non sgraziati, incorniciati da capelli rossicci raccolti in due grosse trecce e da una lunga barba che non doveva aver mai provato il brivido del rasoio.
Come aveva già notato i Nani, pur di bassa statura, non avevano nessuna delle deformità che angustiavano i nani Umani: le gambe erano dritte e non sproporzionatamente corte, la testa grande, ma proporzionata al collo taurino che la sorreggeva.
Le mani erano grandi e callose, probabilmente dotate di una stretta micidiale.
Il Nano, terminato l’esame di Jona, venne subito al dunque con l’immediatezza che era una delle caratteristiche della sua razza: “Che cosa ci fa un Mago fra i Viknuit, Jona di Tigu?”
A un gesto l’Amuleto si accese di luce rossa: “Non sono più un vero Mago. Thano mi impone di vagabondare in cerca di non so nemmeno io cosa”, gli rispose Jona con un velo di stanchezza nella voce.
Burlock non batté ciglio mentre esaminava con interesse l’Amuleto: “Che cos’è quella cosa?” Chiese dopo qualche istante.
Jona rimase sorpreso; possibile che non avesse mai visto un Amuleto? Abbassò anche lui lo sguardo e capì a che cosa si riferisse il Nano: La Bussola era ricomparsa.
“Ecco. Appunto. Appena penso di potermi fermare un po’ in un posto quel maledetto affare ricompare e sono costretto a ripartire. Seriamente: quella è la mia Bussola. Thano mi indica la strada da seguire in questo modo. Ora devo riprendere la via del sud, a occhio e croce.”
Il Nano esaminò la bussola con attenzione, poi tirò fuori dalla tasca uno strano congegno complicato e confrontò la direzione, alla fine guardò Jona dritto negli occhi e sentenziò: “Sembra che faremo un po’ di strada assieme, Jona di Tigu. La tua bussola punta dritta verso Nayokka. Spero, per te e per noi, che Thano non abbia intenzione di fare qualcuno dei suoi strani scherzi”, poi a bruciapelo: “Pensi che c’entri qualcosa con questo attacco?”
“Non lo so. Non credo, e comunque non ne so nulla”, rispose Jona sostenendo senza difficoltà lo sguardo indagatore di Burlock, “ma un attacco di Thano non sarebbe finito così rapidamente, credo.”
Jona alzò le spalle:
“Quelli non erano trappers. Vestivano come trappers, ma non lo erano.” La faccia del Nano era scura e preoccupata. Jona attese che si spiegasse.