Il Museo

Era notte fonda quando Jona, con in spalla uno zaino molto più pesante di quel che avrebbe voluto, attraversò il Parco seguendo la stellina viola che gli indicava la via.
Era buio pesto. In quella parte non c’erano vene di fluorescenza e lui non aveva la visione notturna dei Nani.
Intorno non si vedeva nessuno.
All’improvviso di trovò di fronte il muro verticale che chiudeva il Parco. Si fermò di colpo per evitare di finirci contro.
La stellina di Isto puntava dritta verso la roccia.
Allungò una mano per toccarla, ma la roccia si ritirò.
Fece un passo in avanti e la roccia ne fece uno indietro.
Oramai era in una specie di stretto tunnel poco più grande di lui.
Toccò il soffitto che era un palmo sopra la sua testa e quello rimase dov’era.
Si girò verso il parco. Vedeva solo un ovale più chiaro qualche metro dietro di lui.
A questa esitazione la roccia davanti a lui sembrò venire in avanti. Jona si chiese come faceva a saperlo, visto che oramai era solo nero su nero.
Riprese a camminare e la roccia continuò a fargli spazio.
La stellina puntò alla sua sinistra e Jona fece un passo in quella direzione.
Lo spostamento d’aria lo informò che la roccia era tornata a occupare il tunnel che lui aveva appena percorso.
Quel passo laterale era stato “il passo che l’aveva portato lontano”.

“Lux Zei!” Non aveva senso proseguire a tentoni ora che era tagliato fuori dal mondo dei Nani.

Si trovava in un’immensa caverna la cui volta si indovinava nel buio sopra di lui. Un palazzo polveroso occupava quasi tutta la caverna.
Davanti a lui una scalinata saliva fino ad un immenso arco circondato da quattro colonne.