A rapporto dal Visir

Il comandante dei giannizzeri, se era veramente lui, dato che si vedevano solo gli occhi, venne a prenderli poco dopo mezzanotte.

Lo studio privato del Visir era piuttosto piccolo e arredato in modo molto meno sfarzoso della sala dove avevano cenato.

Anche lui sembrava meno imponente in una vestaglia scura che lo copriva fino ai piedi.

Si accomodarono su una pila di cuscini attorno ad un basso tavolino mentre il giannizzero chiuse la porta e si trasformò in una statua, una statua che sarebbe certamente tornata ben viva in caso di necessità.

“Volevate dirmi qualcosa, credo.”
Fermo tirò fuori dalla manica una borsa e depositò in bella vista sul tavolino i gioielli e le monete che avevano trovato addosso al naufrago.
“Dovrei conoscerli?” Chiese il Visir sollevando un sopracciglio,
“Penso proprio di sì”, tagliò corto Fermo, che poteva vedere il lampo rosso dell’Amuleto, “Comunque, come dicevo, siamo qui per riferire il messaggio di un uomo che non è in condizioni di riferire di persona.”
“E questo messaggio sarebbe?”
“La missione data al vostro uomo è perfettamente riuscita, il che significa che la spedizione comandata del figlio del Sultano è andata incontro al più completo fallimento; il figlio del Sultano è certamente morto per mano del vostro uomo e a quanto ci è dato di capire, tutti gli altri hanno trovato la morte, in un modo o nell’altro.”
Il viso del Visir rimase impassibile.
“E voi sareste venuti fin qui per dirmi questo?”
“No, naturalmente. Quello che ci ha raccontato il vostro uomo ha convinto mio padre che aprire una rotta commerciale con ‘Rruth sarebbe stato di reciproco interesse. Ho dato la mia parola che avrei fatto di tutto per recapitare questo messaggio e per chiedere notizie di una certa Duliana, che sembra molto cara al nostro amico.”
Il Visir scoppiò in una sonora risata: “Duliana è stata promessa in premio a chi mi portasse buone notizia, quindi suppongo che adesso appartenga a voi, anche se, dopo l’incidente di stasera temo che la vostra Djinn non sarebbe molto contenta.”

“Ma io non sono un Djinn”, cinguettò Serna con la sua migliore aria da oca giuliva, “sono solo una giovane donna che non se la sentiva di lasciare il suo promesso sposo andare in giro per il vasto mondo senza qualcuno che gli rammendasse i calzini.”
“Avete, però, perfettamente ragione: mi risentirei molto se regalaste Duliana al mio tesoruccio!” I suoi occhi erano diventati due punte di spillo mentre pronunciava le ultime parole.

Il Visir, a disagio, cambiò argomento: “E cosa vi aspettate di ricevere in cambio?”
“Nulla”, rispose Fermo, “considerate quest’ambasciata il pagamento di un procurato affare al vostro uomo, sempre che l’affare, poi si concretizzi.”

Il discorso scivolò su argomenti meno impegnativi fino a che il Visir, quasi casualmente, disse “Ho ricevuto poco fa un messaggio del Sultano. Vi ringrazia per il dono e vi invita a palazzo nel giorno del riposo, venerdì. Che devo rispondere?”
Fermo esitò solo un attimo, avvertendo la tensione nella domanda, nonostante la scarsa padronanza della lingua: “Saremo felici di accettare, come può essere altrimenti? Spero che abbiate la bontà di accompagnarci e di istruirci sugli usi di corte, non vorremmo fare qualche errore.”

Il Visir sembrò essersi librato da una gran preoccupazione.
Poco dopo la riunione notturna si sciolse e gli ospiti vennero riaccompagnati ai loro alloggi, dove Agio li aspettava preoccupato.

“Tutto bene?”
“Penso proprio di sì.”
“Hai fatto benissimo a chiedergli di accompagnarci dal Sultano.”
“Sarebbe venuto comunque.”
“Ma era terrorizzato dal dubbio che volessimo ricattarlo di rivelare tutto al Sultano.”
“Se avessimo veramente voluto fare il doppio gioco non ci saremmo infilati con la testa nella bocca del leone!”
Serna fece una piroetta: “Certo che sì, quando hai dalla tua un Djinn potente come me!”
Fermo scoppiò a ridere: “Ah, ora capisco perché hai fatto quel numero, a cena!”
“Anche. Comunque una donna come Duliana può far perdere la testa a parecchi uomini.”
“Vero!” Confermò lui e poi fu costretto a difendersi da una gragnola di cuscinate di un’indignatissima Maga.