Erano rintanati sotto coperta, ad ascoltare il vento che fischiava fra sartie e manovre e a preoccuparsi senza poter far nulla.
Serna stava pensando a suo padre e a come doveva essersi sentito in quella famosa botte sul Rin.
“Come sapevi che sarei finito in acqua?” Le chiese a bruciapelo il Geco.
Lei lo guardò lottando per tornare al presente:
“Ma ti sei mossa ben prima che succedesse. Ti ho vista molto bene!”
Serna abbassò gli occhi a disagio: “A volte faccio delle cose senza sapere esattamente quello che sto facendo. Quando ho visto quel tronco sono schizzata verso la murata e ho preso quella cima; sapevo che era importante, ma ho capito cosa dovessi farci solo quando ti ho visto cadere.”
Sul tavolino il Djinn di Isto stava sospeso ad un palmo dalla superficie, in una curiosa posizione, con le gambe intrecciate, le braccia leggermente aperte lungo i fianchi e gli occhi chiusi. L’aura violetta sembrava vibrare assieme al ronzio profondo che emetteva.
Durò un tempo apparentemente molto lungo, ma che non doveva superare il minuto.