La presenza di una persona, sia pure meccanica, che poteva considerare amica diede a Jona la forza di superare, almeno in parte, il disagio che lo stava attanagliando, ma sapeva che si trattava solo di un palliativo. Doveva trovare un’altra soluzione in tempi ragionevolmente brevi.
I preparativi per la partenza furono assai rapidi. Gli assistenti fornirono loro quello di cui avevano bisogno e riempire gli zaini fu il lavoro di pochi minuti.
Il Mago sapeva bene che quell’elfo meccanico avrebbe potuto trasportare facilmente il doppio di quanto portavano in due, ma si divisero equamente il peso e le provviste, delle quali Mentore non aveva nessun bisogno.
Partirono dalla Magione all’alba di una bella giornata di primavera. I figli di Zeo abitavano sulle alte montagne al di là delle Pianure Centrali, quindi, per prima cosa, si diressero a ovest verso le montagne che racchiudevano la Piana dei Rettili.
Dovettero fare anche un ampio giro per evitare una zona
infestata da bambiraptors, piccoli carnivori che cacciavano in branco.
Mentore chiacchierava allegramente come aveva sempre fatto e, se lasciava la maggior parte del lavoro manuale a Jona questi non se ne lamentava; dopotutto era lavoro che faceva per sé stesso. Mentore non sembrava aver bisogno né di mangiare né di dormire.
Procedevano lentamente, anche perché quella catena montuosa era, in realtà, composta da molte catene parallele l’una all’altra, separate da valli più o meno ampie e loro dovevano attraversarle tutte per arrivare alle piane centrali.
Per diversi giorni avevano seguito il corso del fiume che passava vicino alla Magione e si era scavato un varco attraverso molte di quelle catene, ma poi, quando questo si era ridotto ad un ruscello, avevano deviato decisamente verso est affrontando le non irresistibili pendenze di quei monti boscosi.
“Gli antichi avevano una rete di strade che attraversava questi monti e infiniti mezzi per coprire le distanze. Da quanto ho capito il viaggio che stiamo facendo avrebbe richiesto solo poche ore, non mesi.”
“Vero. E allora?”
“Non capisco. Festo potrebbe darci moltissime cose che ci risparmierebbero un bel po’ di fatica. Sembra quasi che sia deciso a farci sudare per tutta la vita”, disse sbuffando su un tratto particolarmente erto.
“Uhm, tu e Dania avete lasciato che i vostri figli seguissero la strada più facile? Pensa alla figlia di Pallio il sarto.”
Jona inarcò un sopracciglio. Che ne sapeva Mentore di Pallio? La storia era semplice e a Tigu la conoscevano tutti.
Pallio aveva perso la moglie, morta quando la sua unica bambina, Sira, aveva appena cinque anni. Il sarto guadagnava bene e aveva riversato sulla bambina tutte le sue attenzioni, viziandola in un modo indecente. Alla morte del padre la ragazza, che aveva rifiutato sdegnosamente tutti i, pochi, pretendenti, si era ritrovata sola e senza il becco d’un quattrino, anzi aveva scoperto che il padre, per pagare i suoi continui capricci si era anche indebitato. Si era ridotta a fare la serva in casa di parenti che avevano anche dovuto insegnarle a fare le faccende domestiche.
“Che intendi dire? Che gli Dei ci stanno rendendo la vita difficile perché impariamo?”
“Io non “intendo dire” nulla. Ti dico, e ti invito a controllare personalmente i documenti, che la stragrande maggioranza degli antichi, soprattutto quelli che vivevano nei paesi opulenti che sembrano piacerti tanto, non sarebbero riusciti ad arrivare nemmeno a Mila.”
“Oh, certo che ci sarebbero arrivati, e senza consumarsi la suola delle scarpe, anche. La verità è che gli Dei non vogliono che si sappia che cosa fanno gli altri umani. Io non sapevo nemmeno esistessero Elfi e Nani, per non parlar dei draghi”, rimase per qualche tempo silenzioso, in parte per riprendere fiato, poi proseguì con voce più riflessiva: “Ho capito da parecchio tempo che gli Dei ci tengono ad avere tante zone quasi separate; hanno strutturato buona parte del mondo per questo. Ho studiato le mappe degli antichi e certe barriere non c’erano, o erano molto meno difficili da passare, come quella, per esempio.”
Erano arrivati al crinale e le vista poteva spaziare sulla stretta valle che avevano davanti, fino alla prossima catena. Sulla cima si vedeva chiaramente una parete rocciosa che spiccava come una cresta bianca sul dorso della montagna. Erano quasi arrivati al Muro.
“Quella cosa non esisteva, sembra naturale, ma sono sicuro che è stata fatta apposta per separare due territori. Riusciremo a passare, ma sono sicuro che non sarà facile. Quello che non capisco è il perché. Perché vogliono tenerci separati?”
“Qui, in particolare, c’è un ottimo motivo: non vogliono che le creature che vivono qui si mescolino con le altre, ma hai ragione, gli Dei non vogliono che sia troppo facile viaggiare, così come non vogliono che sia troppo facile uccidere. Per questo c’è un bando assoluto su diverse cose: motori, armi da fuoco e alcune altre cose di cui non ti sei ancora accorto.”
“Ma perché?”
“Questo lo dovrai capire da solo.”
“Un altro indovinello?”
“No. Nessuna “prova”. Questa volta la ragione è un’altra.”
“E sarebbe?”
“Non mi crederesti.”
“Mettimi alla prova.”
“No. Non è il caso. Accontentati di sapere che la ragione esiste e penso l’avrai capita prima che venga l’inverno.”
Jona non si diede per vinto facilmente, ma Mentore si richiuse in un mutismo ostinato finché lui non si decise a cambiare argomento.
La sera si accamparono su uno spuntone roccioso che usciva dal fianco della montagna e offriva riparo e una splendida vista sulla valle.
Jona era seduto accanto al fuoco e scorreva il testo e le immagini che restavano a mezz’aria davanti a lui, storie di vita quotidiana degli antichi. Bastava indicare, con un breve gesto della mano, un argomento o una singola parola e subito compariva una breve spiegazione del significato, seguito da una lunga lista di argomenti collegati; era facile perdersi in quella selva di riferimenti incrociati.
Ad un certo punto smise di muoversi e gli occhi cessarono di vedere quello che avevano davanti mentre lui seguiva un filo di pensiero che lo portava lontano, non tanto nello spazio quanto nel tempo. Mentore, che sapeva perfettamente quali erano gli argomenti che il Mago aveva consultato — li aveva mostrati lui, sia pure con funzioni semiautomatiche — attese pazientemente che seguisse il filo e arrivasse alle conclusioni.
Jona si riscosse e meccanicamente riattizzò il fuoco che languiva.
“Gli antichi avevano tutto questo”, disse facendo un gesto vago che comprendeva il libro immateriale che aveva davanti, Mentore stesso e chissà che altro, “avevano mezzi di comunicazione istantanei, trasmissione di immagini, enciclopedie e libri elettronici, video e riproduzioni audio sia per il divertimento che per la didattica e tante altre cose. La differenza è che quelli erano apparecchiature che loro costruivano e controllavano. Ora questa cose sono indubbiamente molto migliori — almeno per quel che ho capito — ma sono dei regali degli Dei, sui quali noi non abbiamo alcun controllo.”
Mentore rimase silenzioso senza muovere un muscolo, ammesso che ne avesse.
“Ci trattano come bambini!”
“Quanto ci hanno messo gli antichi ad arrivare al culmine della loro potenza?”
“Poco più di duemila anni.”
Mentore scoppiò in una risata mentre scuoteva decisamente la testa: “No, no. Stai facendo confusione. Quel periodo è poco dopo il 2000 Dopo Cristo, guarda.” Una piccola sbarra luminosa apparve davanti a i suoi occhi.
“Questo è il periodo nel quale sono stati disponibili tutti gli apparecchi di cui parlavi, circa trecento anni.”
La sbarra si allungò notevolmente con una sezione di un colore diverso: “Questo è invece il periodo dalla nascita di Cristo, data convenzionale per gli antichi.”
La barra crebbe ancora, più che triplicando: “Questo è invece il periodo cosiddetto “storico”, del quale avevano testimonianze scritte dirette.”
La sbarra schizzò via allungandosi nella notte, tanto che Jona non riuscì ad avere un’idea esatta di dove arrivasse: “Questo è, invece, il periodo dalla comparsa sulla Terra del primo Umano geneticamente identico a te.”
Jona lottò per mettere nella giusta prospettiva quei periodi lunghi oltre ogni possibile immaginazione, ma Mentore proseguì: “Quanti anni annovera la storia di Tigu?”
Jona rispose meccanicamente: “Siamo nell’anno 2735 dalla discesa degli Dei sulla Terra, ma i primi Umani sono stati creati nel 2100. Non più di seicento anni”, intanto il suo cervello cercava di riadattarsi alla nuova prospettiva; effettivamente, vista in questo modo, l’Umanità era veramente un bimbo in fasce che gli Dei stavano facendo crescere a tappe forzate.