Posse

Quella parte della mente di Jona che osservava tutto non poté fare a meno di notare come Posse assomigliasse davvero tanto alle rappresentazioni classiche di Poseidone o Nettuno che dir si voglia.
Il Dio si presentava come una persona matura, muscoloso, ma leggermente sovrappeso, con una gran barba bianca, capelli fluenti e l’immancabile tridente.

Il nostro apprendista si è cacciato di nuovo nei guai, vedo”, disse con voce rombante e un’espressione indecifrabile sul viso, “perché mi chiami?”.
Jona sostenne lo sguardo e rispose tranquillo:

Nubi tempestose si formarono istantaneamente nello sguardo del Dio: “Non mi parlare di quei distruttori! Migliaia di chilometri di fiume soffrono per le loro azioni! Devono essere fermati! A qualunque costo!
Jona sentiva l’ira del Dio come una forma di pressione fisica, ma resse l’impatto senza indietreggiare di un millimetro. Sentiva che qualcosa non tornava, anche se sapeva troppo poco per capire che cosa non andasse.

“Che cosa hanno fatto?”
Stanno distruggendo il fiume. Guarda!

Davanti a Jona apparve il fiume da cui lui era arrivato, pieno di vita, con alghe, pesci, anfibi e uccelli acquatici di tutti i tipi.
L’immagine si spostò girando attorno al villaggio fino all’altro fiume che confluiva. Qui la situazione era ben diversa. Le alghe erano malaticce, i pesci scarsi, gli anfibi quasi inesistenti e gli uccelli acquatici molto malandati.
L’immagine prese a muoversi controcorrente e, ogni volta che si arrivava ad una confluenza, la situazione peggiorava, fino ad arrivare ad un piccolo fiume di montagna completamente privo di vita, con le acque grigie e schiumose.
Presso la sorgente, pura e limpida, c’era uno sbarramento che deviava il fiume dentro la montagna, dalla quale riusciva poi qualche centinaio di metri più in basso, inquinato e morto.
Nella montagna c’era una miniera dei Nani. Usavano l’acqua per lavare il minerale e per altre lavorazioni che Jona non riuscì ad individuare.

La miniera era difesa da bastioni e pattugliata da Nani che erano allerta come se si aspettassero un attacco da un momento all’altro.
Sembravano nient’affatto contenti della situazione, ma duri e determinati a difendere le loro gallerie.

I Nani erano un popolo testardo e raramente sentivano ragioni, ma a Jona non erano sembrati né tanto stupidi né tanto pazzi da mettersi contro un Dio, per quanto prezioso fosse ciò che stavano estraendo dalle viscere della montagna.
“Sanno quello che stanno facendo al fiume? Li hai avvertiti?”
Il Dio si rabbuiò, ma non era ira. Forse stizza.
Sono sicuro che Afro ti ha spiegato come stanno le cose.

Jona rimase a bocca aperta, allibito: “Non c’è neppure un Sacerdote di Posse fra i Nani?”

Nemmeno uno”, rispose il Dio scuotendo la testa, “odiano il mare e ignorano l’acqua, a meno che non serva a far funzionare qualcuna delle loro macchine. Nessuno di loro ha un’affinità sufficiente per legarsi ad un mio Amuleto.

Che Posse non sapesse? Impossibile
“Le cose potrebbero essere cambiate, di recente. Mi permetti di fare un tentativo?”

Il Dio lo guardò decisamente sorpreso, poi fissò qualcosa di infinitamente lontano, dietro di loro, come se Jona e il villaggio non esistessero neppure.
Vedo”, disse dopo un lungo istante, “può anche essere che funzioni. Cerca di non deludermi, apprendista. Troverai, se ti servirà, un mio Amuleto proprio fra le pietre della sorgente di quel povero fiume martoriato, lì dove l’acqua è ancora pura.
Poi, rivolto ai due Navajos che erano rimasti immobili in attesa, elargì uno dei suoi rari sorrisi paterni: “Vi ringrazio. Se questo apprendista riuscirà nel suo intento voi tutti mi avrete reso un enorme servigio.
Posse scomparve lasciando dietro di sé un vago chiarore e un senso di pace che durò a lungo.