Di nuovo solo

Dormì quasi ventiquattr’ore di fila
Qualcuno lo aveva spogliato e aveva anche recuperato i suoi averi che ora erano in bell’ordine su uno scaffale, accanto ai vestiti che aveva usato, lavati di fresco.
Erano ancora le prime luci dell’alba e lui si concesse il lusso di un lungo bagno caldo.
Quando uscì dalla sua cella si sentiva in grado di affrontare tutti draghi dell’universo.

Rimase alla Valle dei Draghi ancora pochi giorni, nei quali cercò di portare la conversazione con il Sacerdote sugli antichi e sulla loro scomparsa, ma senza successo; non ammise nemmeno di sapere chi fossero gli antichi, anche se Jona era convinto del contrario.

Molto più specifico fu, invece, nei consigli per il successivo viaggio che l’avrebbe portato fino alla Torre. La prima parte sarebbe stata la discesa del fiume Colorado fino al mare, poi avrebbe proseguito lungo la costa e quindi avrebbe dovuto procedere a piedi nell’entroterra. Per tutto il viaggio non avrebbe incontrato né esseri umani né altre specie intelligenti. Gli Dei non avevano ancora ritenuto di popolare quelle zone.

Lo accompagnarono per un’intera giornata di cammino fino alle sponde di un altro laghetto da cui usciva un piccolo fiume che si incuneava fra le alte vette delle montagne. Intorno al lago crescevano delle piante che producevano delle zucche-zattera simili a quelle che conosceva bene.
Queste sembravano più piccole, ma più resistenti ed avevano una specie di rigonfiamento a prua che nascondeva un’ampia tasca che poteva contenere i suoi averi senza pericolo che si bagnassero.

La sera rimase a lungo a conversare con il Sacerdote, che lo aveva accompagnato, mentre gli altri assistenti preparavano il campo ed il cibo per lui solo.
Era l’unico essere in carne ed ossa nei paraggi.

La mattina dopo si svegliò che era l’alba. Erano rimasti solo due assistenti che lo aiutarono a mettere la zattera, oramai pronta, in acqua e, senza aspettare che questa imboccasse il fiume, cominciarono a raccogliere quanto era rimasto del campo.
Jona li vide scomparire dietro la prima curva della stretta gola che aveva preso a percorrere, poi dovette dedicare tutta la sua attenzione alla navigazione.

Il fiume era stretto, solo pochi metri più largo della sua zattera che veniva sballottata dalle acque bianche che spesso lo spingevano contro le pareti di roccia levigata dove la sua imbarcazione rimbalzava rumorosamente.

Si era chiesto perché questa zattera avesse il fondo formato da una fitta rete di tubi rigonfi che lasciavano passare l’acqua. Ebbe la sua risposta alle prime vere rapide, quando si trovò a cavalcare sulla criniera di un cavallo selvaggio e la sua imbarcazione fu sommersa dalle onde dei gorghi che defluirono veloci fra le maglie della rete.

Doveva fermarsi spesso, in pratica ogni volta che ne aveva la possibilità, per recuperare le forze. Manovrare il lungo remo per mantenere la sua imbarcazione lontana dai buchi più pericolosi era un lavoro faticoso e, almeno per ora, i tratti in cui il fiume scorreva tranquillo erano rari.

Con il passare dei giorni il fiume riceveva affluenti che ne aumentavano notevolmente la portata.
Dopo un breve tratto in una regione relativamente piana in cui Jona riuscì a rilassarsi un po’, il fiume si incuneò in una valle che si era scavato nella roccia nel corso dei millenni, valle che divenne sempre più profonda e spettacolare.