Il Padre
Gli anni passarono lenti ed il potere degli Hashashin continuava a crescere.
Ahmanejadil, meno selvaggio e vendicativo di sua moglie, continuò nella missione che si erano dati, ma con meno spargimento di sangue.
La sola presenza degli uomini vestiti di rosso bastava oramai a proteggere un villaggio e, grazie alla mappa magica che Thano aveva lasciato, c’erano sempre almeno un paio di Hashashin dove qualche carovaniere era a caccia di un “sostituto”.
Le uccisioni cessarono quasi del tutto, di conserva con il numero dei rapimenti che, oramai, era calato fin quasi a zero.
Alcuni anni più tardi i rapimenti ricominciarono ad aumentare. Erano ancora molto pochi, ma più di prima.
Ahmanejadil era chino sulla mappa assieme al figlio Dinajal.
Un puntino verde comparve all’improvviso. Prima che potessero fare qualcosa diventò rosso e quindi cominciò a muoversi mentre già cominciava a svanire.
“Come pensavo. Hanno capito che se fanno piani e organizzano le cose, in qualche modo, lo veniamo a sapere”, disse indicando eloquentemente la mappa, “credo proprio che oramai sfruttino solo l’occasione quando questa si presenta. Non possiamo fare molto, oltre a consigliare a tutti di stare attenti.”
Dinajal non era affatto soddisfatto di quella spiegazione.
Aveva ereditato molto del carattere rancoroso della madre ed il suo rancore era stato scaldato per lunghi anni al calore della fiamma di quello di Marjad.
Ora l’apparente inerzia del padre, più calmo e riflessivo, non appagava più la sua indole feroce.
Lanciò uno sguardo verso Shaitan che era, come sempre, seduto con le gambette a penzoloni dal bordo del forno che ardeva alle sue spalle.
Il piccolo Djinn non mosse nemmeno un muscolo, ma Dinajal ricordava bene quello che gli aveva detto: “Tuo padre non farà nulla contro i carovanieri. Se davvero vuoi la vendetta dovrai farlo tu, contro la sua volontà.”
“Non possiamo fargliela passare liscia”, sibilò.
Ahmanejadil scosse la testa: “Ne abbiamo parlato già troppe volte”, disse con voce stanca,
Non terminò mai la frase.
Erano mesi che si stava preparando ed ora passò all’azione.
Suo padre crollò sul tavolo. Era bastato un colpo del bastone imbottito che aveva preparato proprio per quello scopo.
Sarebbe stato più semplice usare il filo, il ruhmal, ma Shaitan lo aveva avvertito: lui era legato a Marjad e suo marito, quando fossero morti entrambi sarebbe sparito e Dinajal non era pronto a fare a meno del suo consigliere segreto.
Trascinò il padre nella stanza attigua, che era la sua stanza privata e lui l’aveva attrezzata per la bisogna.
Aveva ricavato una seconda stanza completamente in pietra all’interno della grande sala, con un’unica porta e nessuna finestra. Dentro c’era un piccolo appartamento dotato di ogni comfort, ma senza finestre e senza la possibilità di farsi sentire, anche se ci fosse stato qualcuno là fuori. La luce arrivava solo da un’ampia riserva di candele.
Dinajal veniva a trovarlo ad intervalli irregolari, portandogli cibarie ed altre cose di cui poteva aver bisogno.
Il vecchio non vide mai nessun altro e perse presto la nozione del tempo.
A volte il figlio si fermava a parlare, per lo più erano resoconti di sanguinose scorrerie contro i carovanieri, condite da disprezzo ed odio che sembravano crescere sempre più.
Intermezzo III
“Furono anni terribili, pochi, ma terribili!”
“Ma cosa fece Dinajal?” Chiese Serna.
“Scatenò una guerra aperta fra gli Hashashin e i carovanieri. Chiunque viaggiasse con una carovana era una preda. Ci furono imboscate senza posa.”
“E infatti non durò a lungo, ma perché ne eri così sicura?”
“Beh, è ovvio: la protezione dei bambini era una cosa, forse addirittura vista dai carovanieri come un giusto ostacolo alla loro “prova di virilità””, Serna fece una smorfia molto eloquente,
Rogo
La porta della cella si aprì con uno schianto e Dinajal spinse dentro, quasi scaraventandolo, suo figlio Hassijad. Aveva la casacca lacera, era sporco e puzzava di sangue e di sudore.
“Abbi cura di lui. Lascio la porta aperta, ma non ti conviene uscire per un bel po’. Qui fuori sta andando tutto a fuoco. Salvalo.”
Fece per uscire, ma Ahmanejadil gli mise una mano sul braccio: “Che succede? Perché non resti anche tu?”
Dinajal rispose con un sorriso torto: “Che succede? Quello che mi hai sempre detto: “chi semina vento raccoglie tempesta”. Ora la devo affrontare. Sono io quello che vogliono e se non mi trovano mi cercheranno ovunque. Potrebbero anche arrivare a questa stanza. Meglio di no.”
Ciò detto uscì sbattendosi la porta dietro. I rumori si fecero più ovattati fino a scomparire del tutto.
Stava per uscire, ignorando le parole del figlio quando suo nipote cominciò a singhiozzare sommessamente.
Spense la candela e cominciò a raccontare una lunga fiaba che parlava di un principe che, per salvare la donna di cui era innamorato, percorreva tutto il deserto a piedi.
Quando finalmente il ragazzo si addormentò, Ahmanejadil rimase al buio con le orecchie tese, ma tutto taceva. Cercò di misurare il passare del tempo contando i battiti del suo cuore. Presto avrebbe dovuto uscire.
“Meglio aspettare ancora un po’”, disse una voce dietro di lui facendolo sobbalzare. Era Shaitan che brillava nel buio di una luce rossa che sembrava illuminare tutta la stanza, senza ombre.
“Se tu dici di rimanere allora forse è proprio il caso che mi muova subito”, sibilò con l’odio che grondava dalle sue parole.
Il piccolo Djinn scrollò le spalle come per far scivolare via il veleno e venne a piazzarsi davanti a lui: “Parla piano. Hassijad dorme ed è bene che continui a dormire ancora per un po’. Non ti interessa sapere cosa troverai là fuori?”
“Come posso sapere che mi dirai la verità?”
Shaitan fece un gesto infastidito: “E perché non dovrei dirtela? Non ti ho mai mentito e non ho certo intenzione di cominciare ora.”
“Sei tu quello che ha messo in testa a Dinajal di scatenare questa guerra contro i carovanieri, questa vendetta disastrosa per lui e per tutti noi.” La voce era un sussurro, ma il tono accusatorio era rimasto.
“Veramente mi dicono che il primo a chiedere vendetta sei stato tu, o sbaglio?” Fece solo una brevissima pausa, poi proseguì senza dare il tempo di replicare: “Ma non è questo il punto. Il punto è che tu non capisci. Io non ho messo in testa a tuo figlio proprio niente. Io ho detto a lui le stesse cose che ho detto a te!”
“Mi stai prendendo in giro?” Chiese quasi sopraffatto dall’enormità che aveva appena sentito, “Mi ha raccontato lui stesso che gli hai detto tu di distruggere le carovane!”
Shaitan lo guardò di traverso, con la testa inclinata, come se stesse valutando quanto era in grado di sopportare, poi chiese con voce pensosa: “Quante volte ti ho detto che “fino a che fossero rimasti i carovanieri qualche rapimento era inevitabile”?”
“E allora? Da quello che sappiamo è ovvio che sia così. Possiamo solo cercare di limitare la cosa e sperare che vadano a prendere i loro stramaledetti “sostituti” da qualche altra parte!”
Shaitan alzò gli occhi al cielo esasperato: “Questo è come tu interpreti le mie parole, Dinajal la pensava diversamente.”
Ahmanejadil era perplesso, anche se cominciava a capire:
“Proprio così, tuo figlio ha capito che, per far cessare i rapimenti, bisognava sterminare i carovanieri. Non mi ha mai chiesto se la considerassi una buona idea.”
“Ma tu glielo hai lasciato credere!”
“Ancora non capisci. Stai bene attento, perché questa è la prima e sarà anche l’ultima volta che ti parlerò di questo argomento. Io non ho nessun legame con voi e, sinceramente, tu mi sembri l’unica persona con un po’ di buon senso in famiglia, nonostante sia stato proprio tu a dar principio a tutto questo, ma non sono affari miei. Io ho il compito di aiutarvi. A fare che cosa? A portare a termine la “vendetta” che tu hai richiesto e che Thano ti ha accordato. In che modo? Anche questo non è affar mio deciderlo. Tu, o tuo figlio, chiedete dei consigli ed io cerco di aiutarvi, per quanto possibile. Mi è esplicitamente proibito cercare di salvarvi dalla vostra stessa follia. Chiaro?”
Uomo e Djinn rimasero a guardarsi con occhi di fuoco.
Ahmanejadil era troppo intelligente per non capire che quell’emissario di Thano, a modo suo, stava cercando di aiutarlo. Si sforzò di parlare con voce meno ostile: “Se mi dici che hai detto sia a me che a lui le stesse cose, com’è mai che abbiamo capito due cose tanto differenti?”
“La lingua, la parola, sono sempre un mezzo imperfetto. Tutto è soggetto all’interpretazione. Guarda quella candela: è mezza consumata o ancora usabile per metà?”
“No. Non è la stessa cosa. La candela è la stessa, questo è certo, ma in un caso tu metti l’accento su quello che è stato già consumato e nell’altro su quello che ancora rimane. Come tu la vedi dipende da te, non dalla candela.”
“La stessa cosa succede per i discorsi. Chi parla dice delle parole, ma chi ascolta le mette in relazione con tutto il resto della sua esperienza per dar loro un significato. Il significato non è quasi mai completamente contenuto nelle parole.”
“Tuo figlio aveva un odio ed un rancore che lo ha portato ad interpretare quello che gli dicevo solo sul binario dello scontro fisico. Tu sei sempre stato diverso.”
“Ha incontrato Thano poco prima che io venissi qui”, confermò il Djinn.
Il vecchio si prese la testa fra le mani e sentì tutto il peso della vita crollargli addosso: “Che devo fare adesso?”
“Continuerò ad aiutarti fino a quando Thano non mi dirà che devo andare altrove.”
Non era una risposta che gli dicesse molto, ma capiva che non ne avrebbe avute altre.
“Mi avvertirai quando potrò uscire da qui senza pericolo?”
“Puoi uscire anche ora, se ti muovi con cautela. I carovanieri se ne stanno andando. Hanno dato fuoco alla Sede e sono convinti non ci sia più nessuno vivo.”
Un pensiero improvviso lo folgorò: “C’è ancora una via d’uscita?” Chiese mentre si avvicinava alla porta e sentiva il calore dall’altra parte.
“Sì, se ti sbrighi.”
Afferrò una lunga pezza di stoffa, la bagnò con l’acqua del catino che usava per lavarsi e se la avvolse attorno alla testa ed al corpo mentre svegliava il nipote.
Una seconda pezza venne avvolta attorno al ragazzo che, al contatto con l’acqua fredda, si svegliò del tutto.
Prima che avesse il tempo di protestare Ahmanejadil disse a Shaitan pesando bene le parole: “Guidami verso l’uscita praticabile, facendo del tuo meglio per farci arrivare fuori incolumi e senza essere visti.”
Il Djinn lo gratificò con un ampio sorriso prima di dirigersi deciso verso la porta, passandoci attraverso.
Quando aprì la porta il calore lo colpì come un’onda. Non c’erano fiamme, ma molto fumo. Shaitan era a malapena visibile come una luminosità nel buio. Tenendo il nipote per un braccio lo seguì a tentoni.
Non sapeva dov’era e non riconobbe il percorso, ma, ad un certo punto, si trovò in una stanza completamente in fiamme. La attraversarono di corsa e si trovarono all’esterno. Dopo pochi passi erano sulla riva del fiume, avvolto da una nube di fumo.
Shaitan si fermò sulla riva.
“Non posso allontanarmi di più. Lì a sinistra c’è una barca. Se vorrai mi troverai nel mio forno, come sempre.”
Spinse la barca sul fiume e si lasciò cadere, esausto sul fondo. Dopo due anni di forzata inattività quello sforzo era stato davvero troppo per lui.
Il sole stava calando.
La notte sarebbe stata la loro miglior copertura.
Intermezzo IV
“Dinajal si è salvato, ovviamente, ma suo nonno?”
“Neppure Ahmanejadil perì quella notte, anche se ci andò molto vicino. Trovarono rifugio presso uno degli Hashashin che abitava in un villaggio a molte leghe a sud, lungo il fiume.”
“Quella giornata fu ricordata a lungo e ancora si celebra, da queste parti, come la “giornata dei ratti”.”
“Dei “ratti”?”
“Un bello smacco per gli Hashashin.”
“Certo, ma fu anche l’errore che portò alla situazione attuale. Riesci a indovinare che cosa successe poi? Hai quasi tutte le informazioni che ti servono.”
Serna rimase a rimuginare per qualche istante prima di rispondere.
“C’è qualcosa che non capisco: mi hai detto che i carovanieri erano e, presumibilmente sono ancora, un piccolo popolo che abita fra gli altopiani desertici ad est; come hanno fatto a trovare la forza di fare un’incursione in massa a quel modo? Per la Sede potevano anche riuscirci, ma anche gli altri attacchi per i “ratti”?”
Il Djinn sorrise estasiato: “Brava! Non potevano, ovviamente, ma tu non tieni conto che gli anni di guerra feroce degli Hashashin avevano quasi interrotto i commerci e c’erano molte persone influenti che stavano perdendo soldi per questo.”
“Il Visir!”
“Anche. Suo padre guidò personalmente un gruppo di giannizzeri nell’assalto alla Sede. Anche altri Visir della costa e molti grandi commercianti si unirono all’impresa, pur di salvaguardare i loro interessi.”
“Così è più chiaro”, annuì Serna aggrottando le sopracciglia, “dunque, vediamo se ho capito bene”, proseguì contando sulle dita.
“I carovanieri chiesero aiuto ai loro clienti, probabilmente promettendo uno sconto sui prezzi di trasporto, che dovevano essere saliti a dismisura per i rischi.”
“La Sede è stata rasa al suolo essenzialmente da questi alleati, lasciando liberi i carovanieri di organizzare i “ratti”.”
“Gli Hashashin erano stati la causa delle incursioni, ma, in qualche modo, riuscirono a presentarsi come gli unici in grado di proteggere la popolazione.”
“Che fecero? Armarono la gente per difendersi dai carovanieri? In qualche modo riuscirono anche ad arrivare ad un accordo con loro, visto che oramai convivono pacificamente.”
“La risposta è “sì” ad entrambe le domande. All’inizio fu solo un fortificare i villaggi perché non fosse più possibile un attacco come quello del “giorno dei ratti” al quale, in fondo, parteciparono poche centinaia di persone in tutto. Andò a buon fine con risultati al di sopra di ogni aspettativa solo perché si era assolutamente impreparati ad una cosa del genere.”
“Sei proprio sicura che “convivano pacificamente”? Hai mai visto un carovaniere fuori dai caravanserragli?”
Il viso di Serna si illuminò:
“Di nuovo corretto su tutta la linea”, disse il Djinn che sembrava godere delle risposte di Serna, come un maestro che è orgoglioso del suo scolaro migliore, “Subito dopo aver cominciato ad organizzare la difesa dei villaggi, con un Hashashin come “consigliere”, cominciò anche la ricostruzione della Sede, che è poi diventata Gadadh. Dopo il “giorno dei ratti” l’intera popolazione era ostile ai carovanieri e a non meglio identificati “invasori”. Gli Hashashin soffiarono sul fuoco fino a generare una vera fobia verso tutti quelli che venivano da fuori. Quando Dinajal, ben consigliato da suo nonno e da Shaitan, propose la “via Sicura”, come fosse una sua personale concessione in cambio di un pedaggio, i carovanieri furono costretti ad accettare. All’epoca il Califfo aveva solo dodici anni.”
“Immagino che suo nonno sia scomparso poco dopo, vero?”
“Corretto. Thano ha esatto la sua parcella per la “vendetta” due anni dopo, quando era oramai chiaro che il problema dei rapimenti andava verso una soluzione. Si stavano costruendo i primi caravanserragli nei punti indicati come soste notturne e scelti in modo tale da essere sì a distanza regolare facilmente percorribile dalle carovane, ma anche alla massima distanza possibile dai centri abitati.”
“Con lui è scomparso anche Shaitan, immagino.”
Il Djinn non si curò di confermare una cosa tanto ovvia.
Si drizzò, invece per tutta la sua altezza e rimase un istante in ascolto, poi le strizzò un occhio dicendo: “Le lezioni sono finite, pare. Ora arrivano gli esami! In bocca al lupo!”