15: Epilogo

Epilogo I

Jona si svegliò fresco e riposato sul suo letto nella Stazione Suborbitale.
Il sogno che stava rapidamente svanendo dalla sua memoria era stato grottesco, ancora una volta gli pareva di aver rivissuto non solo tutta la sua vita, ma anche parecchie vite che “avrebbero potuto” essere la sua.

Si rese conto che Opia era tranquillamente seduta ai piedi del suo letto e lo guardava. Si tirò a sedere e gli balzò alla mente il Consiglio degli Dei del giorno prima.
Dunque non si era annullato come aveva creduto.

No”, disse la Dea con un sorriso, “Io ho ottenuto la tua “anima”, ma tu non l’hai persa. Ora sei dentro di me, ma sei anche nel tuo corpo. Guardati allo specchio.

Si alzò svelto ed entrò nel cubicolo che fungeva da stanza sa bagno.
Una parete era un grande specchio che gli permetteva di vedersi a figura intera.
La faccia che lo salutava al di là del vetro era indubitabilmente la sua, ma lui non la vedeva così da almeno una ventina d’anni.

“Cosa mi avete fatto?”
Nelle fantasie degli antichi i mortali che vendevano la propria anima lo facevano per ottenere vantaggi immediati in cambio, spesso l’Eterna Giovinezza. A noi è sembrato equo, visto che non ti abbiamo veramente sottratto la tua anima, sdebitarci per il servizio reso regalandoti una trentina d’anni, più o meno.

Jona si riguardò con occhio critico: sì i conti tornavano. L’aspetto che aveva ora era quello che aveva avuto intorno ai trentacinque o quarant’anni.
“Ma com’è possibile?”
La Dea rise:

Jona rimase alcuni istanti in silenzio, poi disse lentamente: “Molto spesso gli Dei usano, per insegnare, quello che ho appreso essere il “Metodo socratico”, o Maieutica, ho anche imparato che gli antichi avevano sviluppato un metodo simile — che chiamavano “costruttivismo” — che si è dimostrato essere molto efficace, ma no, non sono riuscito a capire perché Socrate sia così importante per voi, né perché — come mi disse Palla — “il suo insegnamento sia rimasto ignorato per tanti secoli”.”

La Dea sorrise dolcemente al suo turbamento: “Il suo insegnamento più profondo non poteva essere capito ai suoi tempi, e neppure dopo, fino a tempi relativamente recenti, tanto che noi non avremmo saputo nulla di lui, se non fosse stato per un suo allievo che aveva idee così diverse da quelle del Maestro.
In effetti Socrate non aveva lasciato nulla di scritto e lo si conosceva solo attraverso quel che narrava di lui Platone e qualche altro contemporaneo.
Socrate non aveva lasciato nulla di scritto. Sembrava importante
Si sforzò di ricordare. Aveva letto qualcosa a riguardo. Sì, certo, Socrate, come dimostrava ampiamente il suo metodo, era convinto che l’istruzione fosse qualcosa di individuale, viva, che non potesse essere affidato ai libri che erano, per definizione, qualcosa che rimaneva congelato, morto e mummificato nel momento stesso in cui veniva scritto.
Gli Dei, effettivamente, si dedicavano molto a quelli che sembravano interessati e promettenti ed il modo di insegnare era diverso a seconda dell’allievo.
Ma che c’entrava questo con il suo ringiovanimento?
“Credo di capire che ti riferisca all’individualità dell’insegnamento, ma non capisco i collegamenti.”
Non è solo l’insegnamento che deve essere individuale, ma anche molte altre cose, se vuoi avere dei risultati apprezzabili. L’idea degli antichi che le cose potessero essere fatte “in serie” ed andare bene per tutti si è dimostrata fallimentare, alla lunga. Noi andiamo nella direzione contraria: cerchiamo di rendere più individuale e capillare possibile ogni nostro intervento. Non è possibile ringiovanire una persona come te, ad esempio, mediante magici “filtri”; bisogna fare il lavoro cellula per cellula.
Jona rimase a bocca aperta: nel suo corpo sapeva bene c’erano un’infinità di cellule
“Quanto tempo è passato?”
Parecchio: quasi un mese. Sia la “copia” del tuo sistema nervoso — “dell’anima”, se vuoi — che il ringiovanimento sono due processi delicati che richiedono tempo.
Asclep ti aveva già fatto un dono giù alla Magione, mentre ti curava la polmonite: aveva impiantato un certo numero di neuroni nuovi, pronti ad essere collegati agli altri che formano il tuo cervello. Non ti sei accorto che ragionavi in modo leggermente diverso?

Jona aveva avuto l’impressione di arrivare alle conclusioni più rapidamente, quasi con la stessa prontezza di Serna. Non era stata, dunque, solo un’impressione.

Nel processo di ringiovanimento spesso vengono sostituite la maggior parte delle cellule del corpo. Eccezione importante sono le cellule cerebrali che, naturalmente, non si rimpiazzano quasi mai. Farlo significherebbe distruggere la personalità dell’individuo, in gran parte determinata proprio dal modo con cui i neuroni hanno sviluppato le loro connessioni. L’unica cosa che possiamo fare è fornire una certa quantità di neuroni immaturi e lasciare che trovino da soli il modo di collegarsi agli altri.

“Le anime staccate dai corpi non possono più cambiare perché non possono fare nuove connessioni!”

“Per questo avete bisogno di “copiare”, come hai detto prima, i cervelli di individui vivi e reali, come me.”
La Dea annuì con un largo sorriso.
“Ma, visto che sapevi già di volere la mia anima — e credo che tutti gli altri Dei fossero già d’accordo — perché mettere in scena il Consiglio?”

“Cosa sarà di me, ora?”
Questo dipende da te, Jona. Puoi rimanere qui con noi o tornare sulla Terra. Comunque ed ovunque tu vada sei ora un Eletto. Questo comporta molti benefici, come imparerai, ma anche un certo numero di responsabilità. Benvenuto.

La Dea scomparve e Jona rimase a lungo a guardarsi allo specchio prima di riscuotersi ed andare incontro alla sua seconda vita.
C’erano molte cose che voleva fare e vedere, ma in cima alla sua lista di priorità c’era conoscere quell’uomo che sua figlia aveva scelto come marito.

Epilogo II

Dana seguiva il lento avanzare della piccola barca di Agio in quello stretto canale che ancora divideva il Continente Proibito dalle terre dell’est. La sabbia lo stava lentamente colmando e presto non sarebbe più stato navigabile, ma il vecchio pescatore era riuscito a portarla attraverso tutto il canale — anche se la chiglia aveva toccato il fondo sabbioso in più di un’occasione — e ora era in vista del mare.
Più a sud una coppia di cavalli con i loro cavalieri in groppa si stavano faticosamente avvicinando al punto d’incontro.

Fino a ora si sono comportati molto bene, che ne pensi?
Ne dubitavi? Io no. Non mi aspettavo certo che facessero sciocchezze proprio ora”, le rispose Ipno.
La Dea scosse la testa: “No, sappiamo bene che sono persone eccezionalmente dotate, ma sono soli e un incidente fa presto a capitare.
Tsk, tsk, almeno sono stati abbastanza umili da capire che non potevano fare tutto da soli e abbastanza svegli da chiedere l’aiuto di due delle pochissime persone alle quali avremmo potuto dare il permesso di intervenire.

Spostò la mano guidando gli occhi di Dana verso un leggero fremito sulla sabbia, un fremito che seguiva da vicino l’avanzata dei due giovani.
Quattro assistenti con i corpi completamente mimetizzati in quello scenario sassoso avanzavano agili e discreti.
Li hai aiutati!
No. Tsk, tsk, non c’è stato alcun bisogno di intervenire, ma mi sembrava un inutile spreco di tempo e di risorse lasciare che tutto finisse in nulla per una qualche sciocchezza imponderabile, magari una vipera cornuta che si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Non era questo che avevamo deciso”, lo accusò Dana accigliata.
No, ma non ricordo avessimo deciso di lasciarli completamente in balia del caso”, rispose Ipno conciliante, “so bene che sei più interessata all’altra metà dell’esperimento, ma anche questo potrebbe dare frutti inaspettati.
Hai ragione. Sono i gemelli che, ora che non è rimasto nessuno a istruirli, mi diranno se effettivamente abbiamo un ceppo genetico di persone disposte a pensare più al futuro che al presente. Quel carattere era evidente sia in Jona che in Darda, per questo era necessario allontanarli dai gemelli: per evitare che contaminassero con esempio ed educazione i loro tratti innati.
Ma è così importante che sia un tratto genetico?” Le chiese Ipno scuotendo la testa, pur sapendo bene quali fossero, al riguardo, le idee della Dea. Lei, come previsto, si lanciò in un’accorata disquisizione sul come e sul perché tutte le società che avevano basato le proprie dottrine su insegnamenti in contrasto con quelli che erano gli istinti geneticamente dominanti nella popolazione non erano durate a lungo. Ipno non era convinto, ma sapeva bene che era perfettamente inutile discutere.

Epilogo III

Serna era stanca, gli occhi arrossati seguivano a fatica le parole che si inseguivano veloci sulla superficie di quel magico quaderno.
Accarezzò distrattamente il suo pancione quando sentì che suo figlio si agitava dentro di lei.
Si raddrizzò stiracchiandosi. Anche la gravidanza contribuiva ad un dolore sordo alla schiena. Stava seduta troppo tempo davanti alle sue carte.
Era oramai vicina al termine, forse anche questo acuiva il senso di disperata urgenza che sentiva.
Scrollò la testa; inutile illudersi: l’urgenza c’era, era reale e veniva da un altro dei suoi figli. La primogenita aveva da poco compiuto i tredici anni e, oramai, ogni giorno poteva essere quello buono.
Ancora non erano riusciti a trovare una soluzione accettabile al problema che gli Dei avevano proposto tanti anni prima.

Lasciò vagare lo sguardo verso nord, verso le distese del Continente proibito.
Si erano stabiliti su una delle tante isole che costellavano il nord di un enorme lago. Quelle terre erano di una bellezza incredibile, sembrava fossero fatte apposta per ospitare i suoi figli e nipoti.
Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre la disperazione tornava ad afferrarla.
Aveva visto, attraverso gli occhi degli Dei, che cosa avevano fatto gli esseri umani a quelle terre, trasformate in deserti aridi e sterili dove esseri scheletrici a due o quattro gambe si aggiravano alla disperata ricerca di cibo e acqua.
Quel continente, che era stata la culla del genere umano ne aveva subito in pieno l’impatto devastante ben prima degli altri. Era stato il primo a soccombere quando la natura si era ribellata ed aveva presentato il conto di millenni di sfruttamento indiscriminato e di devastazione ambientale.

Tornò a concentrarsi sul suo lavoro.
Forse, pensò per la milionesima volta, si poteva trovare un equilibrio, ma no, ancora una volta le simulazioni che gli Dei le mostravano non lasciavano dubbi: l’equilibrio era instabile.
O le difficoltà erano troppo forti e il gruppo, più o meno lentamente, si estingueva oppure, nel tempo, diventava abbastanza forte da travolgere tutti gli ostacoli e crescere indiscriminatamente fino a distruggere tutto con il peso del proprio numero.

Cominciò a piangere sommessamente e, probabilmente si assopì anche, visto che non si accorse nemmeno che Sindehajad le si avvicinava finché lui non le passò una mano fra i capelli mormorando:
Lei si lasciò aiutare ad alzarsi, poi lo afferrò per un braccio con una stretta che sembrava troppo forte per venire da una donna così minuta, lo guardò con occhi vuoti e disse con una voce che veniva da lontano:
Lui la guardò allarmato senza capire e lei proseguì con voce sempre più forte: “L’intelligenza! L’intelligenza è una trappola! Una volta che si è imboccata quella strada non c’è ritorno. Siamo perduti. Thano ha fatto scattare un’altra delle sue trappole perfette!”

Sindehajad cercò di calmarla mentre, con un movimento degli occhi indicava ad uno dei bambini, attirato dal tono alieno della voce di sua madre, di correre a chiamare qualcuno.

Lei lo interruppe annuendo: “Appunto. Nessuno rinuncerebbe all’intelligenza, una volta avuta: sarebbe come rinunciare a ciò che si è. Questa è la bellezza di questa trappola!” Ora lo guardava con occhi spiritati che non erano completamente a fuoco su di lui.
“L’intelligenza rompe l’equilibrio”, proseguì lei in fretta,
Jona apparve sulla soglia e si bloccò, facendo cenno al Geco di continuare a farla parlare, cosa della quale non c’era nessun bisogno perché Serna era oramai un torrente in piena: “Non passa molto tempo e noi ci ritroviamo ad essere inadatti al mondo che noi stessi abbiamo creato!”

“Adesso non c’è più tempo per cambiare i nostri istinti, stiamo già cambiando il mondo. Non c’è più tempo. Una fottutissima trappola!”
Si piegò improvvisamente in avanti appoggiandosi al marito, poi si raddrizzò e disse con voce perfettamente calma: “Temo di aver affrettato i tempi. Si devono essere rotte le acque”, poi si accasciò fra le sue braccia.

“Maledizione, abbiamo lasciato che si stancasse troppo. Come sta?” Chiese il Geco mentre la sollevava delicatamente per portarla dentro casa.
Jona stava manovrando il suo Amuleto e, dopo pochi minuti, trasse un sospiro di sollievo:

Jona scosse il capo: “No. Sicuramente ha lavorato troppo, ma non credo avesse tutti i torti.”

Tsk, tsk. Non aveva nessun torto, vorrai dire!
Ipno era apparso all’improvviso lasciandoli sconcertati, passò una mano sul viso di Serna che si rilassò e parve più tranquilla: “Riposa, cara ragazza, ne hai bisogno.
Si rivolse quindi agli altri:

Tsk, tsk. Jona! Mi deludi!
Jona rimase una attimo immobile: “La presenza di una trappola non implica necessariamente che qualcuno l’abbia preparata scientemente. Capisco.”
Si tratta di una trappola di cui Thano andrebbe fiero. Scattata milioni di anni fa ha continuato ad agire senza che nessuno se ne rendesse conto finché non ha distrutto l’intera l’umanità. Nessuno l’ha vista se non dopo che tutto era già avvenuto. Nessuno degli Antichi ne ha avuto sentore. Una trappola che ancora non è stata disinnescata.
“Non abbiamo nessuna speranza, quindi?” Chiese Jona mentre un freddo sudario scendeva su di lui.
Notò appena Darda che entrava in silenzio e si portava a fianco di sua nipote, vicino a Sindehajad; la sua attenzione era tutta per il Dio che lo guardava con un’espressione indecifrabile.
A quasi chiunque altro sarebbe bastato sapere che gli effetti di questa trappola non matureranno che tra molte generazioni, per avere tutta la speranza di cui hanno bisogno”, fece una breve pausa e Jona stava per replicare, ma Ipno lo fermò con un gesto della mano: “Tsk, tsk. Non dirmi niente, so bene che a te non basta.

“Una trappola, dunque. Posso intravvedere il ragionamento di Serna. Quello che non capisco è, se è vero che volete che si trovi una via d’uscita, ammesso che esista, perché non ci avete avvertiti.”

“Vuoi dire che ci sono altre trappole?”
Tsk, tsk, certo che ci sono altre trappole! Cosa credi? che si possa risolvere tutti i problemi per sempre? La vita è come i ricordi: implica il suo opposto. Per ricordare bisogna saper dimenticare e per vivere bisogna saper morire.

“Quindi prima o poi moriremo tutti.”

Ricordati il Mago di Blanzoon”, concluse con un vago sorriso prima di scomparire.

La stanza riprese animazione.
Darda si affaccendava attorno a Serna che stava lentamente risvegliandosi.
Sindehajad andava a prendere biancheria pulita per il parto imminente e a chiamare i maggiori dei loro figli perché aiutassero.
L’importante, rappresentato dalle parole di Serna e di Ipno, accantonato temporaneamente per far fronte all’urgenza di un parto che sarebbe presto arrivato, fossero pronti o meno.

Jona uscì silenziosamente dalla stanza dopo aver dato istruzioni di avvertirlo in caso di verificasse il benché minimo inconveniente. Precauzione forse inutile, visto che in nessuno dei nove parti precedenti Serna aveva avuto problemi, nemmeno al primo, solitamente più complicato.
Tra poco avrebbe terminato la prova di resistenza a cui Ipno e Opia l’avevano costretta. Poi avrebbe potuto riposarsi.

Rimase fermo come una statua a guardare il sole che scendeva lento, ma inarrestabile, verso l’orizzonte.
Ora poteva riposarsi.
A trentacinque anni.
Quello era l’errore.
Ipno, come sempre, aveva ragione.
Non aveva nessuna intenzione di darsi per vinto.
A Blanzoon il Mago aveva capito che Jona non si sarebbe arreso senza combattere neppure di fronte a Thano.
Ora era il momento di dimostrare a se stesso che non si trattava di una vuota smargiassata.
In realtà, ora che Serna aveva capito qual’era il nocciolo del problema, un’ideuzza stava sgomitando per catturare la sua attenzione.

Quando il sole calò dietro l’orizzonte e la notte piombò su di loro con una rapidità alla quale non era mai riuscito ad abituarsi, girò sui tacchi per andare a sedersi al posto lasciato libero da sua figlia poche ore prima.