Al Lavoro!

Jona prese un quadernone bianco che si era portato dal museo e cominciò a scrivere mentre elencava a voce alta rivolto a Serna: “In realtà il Djinn ci ha dato molto più che tre indizi. Prima di tutto ha detto che possiamo, e forse dobbiamo, lavorare insieme, cosa tutt’altro che scontata, visti i precedenti, poi ha confermato che questi “assistenti” sono oggetti artificiali, come io avevo cominciato a sospettare, ma non ne ero affatto sicuro.”
“Potrebbe essere che si tratti di manufatti degli Antichi.”
“Degli Antichi? Non sembrano così vecchi. Dovrebbero avere tremila anni.”
“No, intendevo dire che gli originali potrebbero essere stati progettati dagli Antichi. Questi sembrano nuovissimi.”
“Potrebbe essere, ma perché dici questo?”
Serna rimase un momento silenziosa e assorta, poi rispose contando sulle dita: “Perché gli Antichi, da quanto mi raccontavi, avevano un debole per le macchine complicate, spesso facevano le cose tutte uguali, e quei due sono assolutamente identici, gli Dei, per contrasto, fanno crescere le cose che servono loro e, quasi sempre, si tratta di cose l’una diversa dall’altra; guarda gli Amuleti: sono simili fra loro, ma non ne ho ancora visti due esattamente uguali. Che ne dici Mentore?”
“Gli Amuleti sono tutti differenti fra loro.”
Serna stava per ribattere piccata, ma Jona la fermò: “Mentore non ti risponderà a supposizioni; mi ha già detto che non vuole che faccia ipotesi a caso per avere o meno la conferma da lui.”

“Non mi è chiaro quale sia la domanda. Ti posso assicurare che sto cercando di farti la vita più facile possibile.”
“Capito. Andiamo avanti. Altra cosa che il Djinn ci ha detto, tra le righe, è che i tuoi studi sul linguaggio hanno qualcosa a che vedere con gli assistenti. Forse faresti meglio a ricapitolare che cosa hai fatto e che risultati hai avuto, vuoi?”

Serna spiegava e Jona prendeva appunti.
In pratica aveva proseguito dove Tarciso si era interrotto e, nel farlo, aveva seguito il consiglio di Ipno e cercato di capire quali fossero i meccanismi che garantivano la congruenza fra rappresentazione interna e realtà esterna e i loro limiti.
Questo l’aveva portata a due importanti scoperte.
La prima, che esiste, nel nostro cervello, una specie di sordina che ha il compito di zittire tutti i circuiti risonanti “non pertinenti”.
La seconda che l’area deputata al linguaggio è ben precisa e delimitata, tanto che, conoscendo la lingua di chi parla, è possibile “leggere”, nelle attività cerebrali, quello che la persona sta verbalizzando.
Ora, sotto la guida del Djinn di Isto, stava esplorando la parte meno strutturata e più profonda del cervello, soprattutto su sé stessa.

Mangiarono ancora insieme e Jona, stanco, si appisolò di nuovo.

Sognò gli assistenti di Asclep, migliaia, decine di migliaia, forse di più, tutti uguali, che si muovevano per compiti imperscrutabili come un esercito di formiche.

Si svegliò di soprassalto e decise che doveva vedere il resto della Magione.

I due assistenti erano lì, in piedi accanto alla porta, come due statue.
Quando Jona scese dal letto si mossero all’unisono poi, vedendo che non aveva bisogno d’aiuto, ritornarono alla loro posizione.
Poco dopo Jona si diresse deciso alla porta; i due assistenti non fecero nulla per fermarlo, ma uno di loro — era impossibile distinguerli — si mosse e lo seguì silenzioso.

Fuori c’era un lungo corridoio mansardato con alte finestre da cui entrava la luce del sole oramai calante. Era nel seminterrato. Tutto era pulitissimo ed in perfette condizioni, ma aveva un aspetto antico.
La maggior parte delle porte erano chiuse, ma Jona, girovagando senza una meta precisa, trovò vari magazzini, di cui uno refrigerato ben sotto lo zero, gabinetti, studi e una cucina enorme che doveva servire centinaia di persone. Nella cucina altri due assistenti stavano preparando qualcosa in delle pentole ridicolmente piccole su quei fornelli enormi.
Erano assolutamente identici a quello che lo seguiva, anzi no. Ora che li guardava bene Jona si accorse di un piccolo simbolo sul petto, vicino alla spalla sinistra. I due cuochi avevano un’insegna bordeaux di Dionne, mentre quello che lo seguiva ne aveva una verde di Asclep. Non aveva mai visto i simboli, ma i colori erano indicativi.
D’improvviso Jona capì che stavano preparando la sua cena; quegli assistenti non pareva avessero bisogno di mangiare, almeno non nel senso usuale del termine.

Trovò poi un portone a vetri che dava sull’esterno e fece per uscire, ma la sua ombra fece un passo in avanti e disse: “Fuori fa molto più freddo. Non è prudente uscire, ancora.”
“Ah, ma allora sai parlare.”

Jona si chiese se quell’assistente completamente in lucido metallo l’avrebbe costretto con la forza se si fosse rifiutato, poi decise di fare l’esperimento un’altra volta, anche perché sapeva perfettamente che ora come ora aveva ragione lui.

Rientrando incrociarono un altro assistente che stava facendo delle misteriose manutenzioni. Aveva un simbolo d’argento di Festo sul petto.

I giorni passarono veloci, Jona fu trasferito dalla stanzetta asettica nel seminterrato ad una bella stanza luminosa al terzo piano vicino ad uno studio attrezzato di tutto quello che poteva desiderare e a un posto, chiamato “palestra”, dove poteva esercitare il suo corpo e rimetterlo in efficienza. Gli assistenti erano sempre vicini per ogni necessità, ma tendevano a non farsi vedere.

La mattina si alzava molto presto e lavorava con Serna e il pomeriggio faceva ginnastica e studiava da solo.

Parte della mattina era dedicata agli esercizi di meditazione, che Serna conduceva, sempre alla presenza del Djinn di Isto che sembrava dormire accoccolato in un angolo, ma si svegliava di colpo ogni volta che Serna, a suo parere, si rivelava meno che perfetta. Il Geco spesso partecipava, per poi dileguarsi discretamente appena i due cominciavano a parlare d’altro.

Oramai anche il vecchio Mago riusciva a mantenere la concentrazione senza sforzo e a ragionare senza bisogno di verbalizzare, ma non riusciva a capire l’utilità della cosa. A suo parere Serna aveva accettato senza ragioni sufficienti la parola del Djinn sul fatto che fosse meglio così. Questi li lasciò discutere per un po’ poi si alzò e venne a sedersi sul materassino dove stavano facendo i loro esercizi.
“Non è come dici tu Jona”, disse guardandolo negli occhi, “Serna ha capito con un guizzo d’intuizione e, per questo, ha difficoltà a spiegare in modo completamente razionale, ma ciò non toglie che quel guizzo sia corretto.”
“Può anche essere”, ritorse Jona, “ma ho solo la tua parola per conferma.”
“Capisco che ti sembri un po’ poco”, rispose il Djinn senza la minima ironia, “vediamo se riesco a convincerti in altro modo. Cominciamo a dirci chiaramente qual è il nocciolo del problema, vuoi farlo tu?”
“Va bene. Serna sostiene che il modo di ragionare con il “dialogo interno” è limitante perché non permette di prendere in considerazione più cose alla volta, il metodo “visivo” è di poco migliore perché permetterebbe di considerare un certo numero di fattori insieme — pochi comunque, circa sei — mentre il metodo “cenestetico”, il più antico, permette di valutare moltissime cose contemporaneamente. Io sostengo, invece, che riesco benissimo a tener presenti molte cose anche pensando con il “dialogo interno”.”
“Bene. Mi sembra una sintesi accettabile. Possiamo partire da qui. Sei veramente sicuro di sapere come e cosa stai pensando?”
Jona lo guardò con sospetto: “Certo che sì. Non vorrai mica riprendere le pazzie di Tarciso, vero?”
“No, ma quelle “pazzie” contenevano una certa quantità di verità che faresti bene a non disprezzare tanto. Ti propongo un piccolo esperimento: prendi quella penna, guarda questa lancetta che gira”, un grosso quadrante da orologio apparve con una lancetta che girava molto velocemente, faceva circa un giro al secondo, “poi, quando ti pare, decidi di lasciare la penna e dimmi dove si trovava la lancetta quando hai pensato “ora”. Nel frattempo il tuo Amuleto farà un po’ di misure.”

Jona si sottopose di buon grado all’esercizio, pur senza capire dove volesse andare a parare il Djinn.
Serna stava a guardare senza muovere un muscolo.
Dopo alcune decine di ripetizioni il Djinn disse: “Dovrebbe bastare così. Mentore che ci dici?”
“Jona ha un’ottima coordinazione fra occhio e pensiero. La distanza fra il momento in cui pensava “ora” e la posizione indicata dalla lancetta sono sempre all’interno di pochi millisecondi.”
“Mi stavi leggendo nel pensiero?”
“Stavo monitorando i tuoi pensieri verbalizzati, Sì.”
Jona stava per inveire per questa patente intrusione nella sua testa, ma il Djinn chiese: “Sì, va bene, ma l’altra misura?”

“E questo cosa vorrebbe dire?”
“A te scoprirlo.”
“Papà, non capisci? Ti ha appena dimostrato che la parte profonda del cervello prende davvero le decisioni e poi le comunica alla parte razionale!”
“Ha capito benissimo, cara ragazza, ma ha anche capito che era lì che volevo portarlo con il mio “trucco”. Ha bisogno di tempo per analizzare i risultati e, presumo, fare altri esperimenti, prima di poter ammettere che le cose stanno, grossomodo, come le hai esposte tu. Ora vi lascio. A domani.”
Jona fece prove ed esperimenti per tutto il giorno, poi trascrisse tutto sui propri appunti e girò decisamente pagina. Tempo di lasciar decantare per almeno una settimana.

L’indomani cominciarono a dedicarsi al problema delle religioni. Serna, che conosceva bene il padre, non cercò neppure di ritornare sull’argomento, ma i due continuarono gli esercizi di concentrazione.

Esaminarono una quantità di religioni differenti sui testi di storia, dal paganesimo greco-romano che sembrava il più affine alla mitologia corrente fino ai monoteismi che sembravano essere in auge poco prima della caduta degli Antichi, passando per una moltitudine di religioni grandi e piccole.

Avevano molti tratti in comune, nonostante le apparenze così diverse, e quasi tutti questi tratti si ritrovavano anche negli insegnamenti degli Dei.
Una cosa che sorprendeva era come, nel mondo degli Antichi, gli Dei fossero sempre presenti e venerati, quando non adorati, ma raramente interferivano veramente con la vita di ogni giorno.

Alla fine trovarono tre differenze che sembravano significative:

Gli Dei del loro tempo non volevano essere adorati, venerati o che si facessero a loro sacrifici; semplicemente esigevano rispetto.

Gli Dei non avevano una gerarchia, erano tutti sullo stesso piano con diverse funzioni e specializzazioni, non c’era un “re” degli Dei, quasi sempre presente in tutte le religioni antiche, quando il Dio non era unico.

Il culto dei morti; in tutte le religioni antiche si diceva che l’uomo possiede un’anima immortale che può essere premiata o punita, mentre i loro Dei dicevano chiaramente che l’immortalità dell’anima è un privilegio di pochi che va conquistato in vita.

Jona sospettava che quell’ordalia a cui Thano lo stava sottoponendo, con il concorso di molti altri Dei, fosse il suo modo di guadagnarsi un’anima immortale, ma non aveva mai immaginato fosse una cosa così complicata e difficile. Possibile che fossero così in pochi a guadagnarsi l’anima?
“Mentore, sai quanti riescono a guadagnarsi l’anima?”
“Pochi. Meno di uno su venti e più di uno su cinquanta.”
Veramente pochi, ma ugualmente lui doveva aver conosciuto parecchie decine di persone che avevano, o avrebbero, avuto il privilegio. Forse si stava sbagliando.

Padre e figlia tornarono ad occuparsi degli assistenti.

Erano forse loro che si occupavano di adorare gli Dei?
Serna scosse la testa. Non capiva bene che cosa significasse “adorare” perché non l’aveva mai fatto in vita sua, ma non sembrava che quegli assistenti metallici facessero qualcosa di simile a quel che raccontava l’enciclopedia: non pregavano, non facevano riti complicati, non ballavano, non cantavano

In quel momento entrò proprio uno degli assistenti con il simbolo di Dionne, probabilmente ad annunciare che il pranzo era pronto, Jona si girò di scatto e chiese a bruciapelo: “Qual’era il tuo nome, da vivo?”
“Non credo di essere autorizzato a dare questa informazione”, fu la risposta, laconica come sempre.

Jona rimase impassibile, ma Serna si illuminò d’improvviso: “Sei un genio, papà!”
“Non cantiamo vittoria troppo presto. Ammesso che gli assistenti siano effettivamente i nuovi veicoli delle anime dopo la morte, restano ancora parecchi indovinelli da risolvere.”
Ma Serna era oramai sicura che quella fosse la strada giusta e si lanciò su quella traccia: “Mentore, ricerca: anima; immortale; eterna.”
“Un milione quattrocentosettantadue mila seicentotrentatré risultati”, annunciò l’Amuleto dopo un istante, mentre una lunga lista compariva davanti a loro.
Al terzo posto c’era “Progetto Anima Eterna”.
“Quello!”

Iniziato nel 2073 vide un iniziale interesse che portò a rapidi successi, ma venne altrettanto rapidamente chiuso dopo la scomparsa del suo finanziatore avvenuta nel 2086
Serna aveva oramai fiutato la preda e procedeva per balzi logici enormi.
“Quella”, disse puntando una riga molto in fondo alla lista dei risultati; diceva: “Presentati al pubblico i nuovi automi del Dipartimento della Difesa”.

Dalla fotografia allegata all’articolo li guardava sorridente un attempato ufficiale che portava il camice bianco sopra la divisa; a fianco stava uno degli assistenti, perfettamente riconoscibile nonostante fosse stato dipinto a chiazze irregolari verdi e marroni.