“Sei sposato?”
“Sì.”
“Hai figli?”
“Sì.”
“Quanti?”
“Sei.” Moto di sorpresa.
“Quanti anni hai?”
“Sessantaquattro.”
Le domande sembrarono non finire mai, ma c’erano solo un paio di centinaia di Navajos nel villaggio e la cerimonia si svolse relativamente in fretta.
Il sole era tramontato e, nonostante gli alti fuochi, Jona cominciava ad aver freddo.
Chiese alla vecchia sciamana il permesso e, sentendosi un po’ frastornato da tutte quelle domande e dal suono dei tamburi che si era fatto insistente, andò a prendere il mantello dallo zaino.
Quando rientrò nel cerchio di luce dei fuochi le conversazioni prima e il suono dei tamburi poi si spensero lentamente, mentre gli indiani notavano il suo mantello.
Jona non sembrò notare la cosa e andò a sedersi a gambe incrociate nello stesso posto che aveva prima, a fianco della vecchia, ma sibilò all’Amuleto: “Mentore, che succede?”
“Penso che si siano resi conto che il tuo mantello è di fattura Nanesca.”
Il mantello, infatti, era un regalo di Burlock, con un ampio cappuccio rifinito da una morbida visiera e una complicata allacciatura di ottone lucente.
Jona attese tranquillo l’inevitabile.
Il brusio crebbe indistinto, come uno sciame di api disturbate.
La vecchia alzò una mano ed il brusio cessò come d’incanto: “Sei amico dei nani?” la voce era tagliente.
“Sono stato loro ospite a Nayokka”, rispose il Mago con lo stesso tono piatto con cui aveva risposto a tutte le altre domande.
“Non è questo che ti ho chiesto!”
Prima che Jona potesse rispondere di nuovo una voce si levò sicura e accusatoria: “Non c’è bisogno che risponda! Era alla guida della banda di Atlantici che è venuta a salvare i nani!”
“Non ero alla guida. Il capo era Troomsin”, ribatté placidamente lui.
Si scatenò un putiferio mentre i guerrieri si precipitavano a prendere le loro armi.
Jona ne approfittò per dire alla vecchia sciamana che lo guardava fremente d’indignazione: “Ora capisco perché gli Dei non hanno voluto risponderti. Sanno molto bene che cosa farò io, ma ora tutto dipende dalla tua capacità o meno di gestire la situazione.”
“Che intendi dire, Amico dei Nani?”
“Che io so solo che abbiamo aiutato una ventina di Nani attaccati da un numero quadruplo di Umani che si comportavano come dei briganti.”
Una lancia, scagliata verso il cuore del Mago esplose, in una nuvola di schegge fumanti.
“Se mi spieghi perché odiate tanto i Nani forse possiamo ancora evitare che qualcuno si faccia male.”
Le lance continuavano ad esplodere attorno a lui inondandolo di frammenti di legno carbonizzati. L’effetto pirotecnico era notevole, ma Jona sapeva bene che Mentore non poteva gestire a lungo così tante persone. Fortunatamente loro non lo sapevano. Un guerriero con un copricapo imponente, dopo aver inutilmente scagliato la sua lancia si lanciò su di lui brandendo una pesante ascia di pietra levigata.
Jona rimase immobile, seduto a gambe incrociate come al solito.
La vecchia alzò il suo bastone e lo tese orizzontalmente a sbarrare la strada al guerriero: “Aspetta, Falco Veloce”, disse, poi, a voce più alta: “Gli Dei devono parlare!”
Un cerchio di guerrieri armati si formò attorno a Jona che continuò ad ignorarli completamente e a concentrarsi sul ritmo del suo respiro.
Era acutamente cosciente del ritmo crescente che avevano ripreso i tamburi e della danza forsennata in cui era impegnata la vecchia maga. Una parte di lui stava ammirando l’esibizione, come se la cosa non lo riguardasse minimamente.
Il ritmo arrivò al culmine e cessò improvvisamente con un boato finale, perfettamente a tempo con la vecchia che piantava il suo bastone per terra e rimaneva immobile e ansante.
Quando il tintinnio dei pendagli si placò tutte le piume e le pietruzze visibili erano di infinite sfumature di blu.
“Posse ci vuole parlare”, disse la maga dando voce all’evidenza.