Mesi che passavano in un’oscurità quasi perenne. Il sole si alzava sopra l’orizzonte per poche ore al giorno e, anche quando era in cielo, raramente si faceva vedere, avvolto da nuvole nere che correvano veloci. Quanto poi al donare un po’ di calore non se ne parlava proprio.
Per fortuna il monastero era ben riscaldato.
Jona si teneva impegnato su tre fronti: I suoi studi sugli Dei, un lavoro come giudice conciliatore — che la Sacerdotessa gli aveva affidato volentieri appena si era resa conto di cosa significasse aver fatto il non facile mestiere di mago per più di quarant’anni — e la compagnia di Sorella Mirelle che aveva continuato ad aiutarlo ben oltre i suoi doveri professionali.
Oramai le notti più lunghe erano passate e i giorni stavano, ancora impercettibilmente, ricominciando ad allungarsi. Il freddo, invece, si faceva sempre più intenso e le basse colline che circondavano il monastero erano coperte da una spessa coltre di neve.
“
“Jona! Jona! Mi senti quando ti parlo?”
Jona alzo lo sguardo dal libro che stava leggendo e si trovò davanti Mirelle con gli occhi sfavillanti e il volto arrossato.
“No. Meglio ancora. Ha chiamato Fra Johannes dal Monastero di Festo in Twerp!”
Jona ricordava di aver già sentito nominare Fra Johannes, ma, sul momento, non riusciva a ricollegarlo a nulla che potesse provocare una tale eccitazione in Mirelle. Non si poteva certo dire fosse una donna imperturbabile, anzi, ma qui doveva esserci qualcosa di grosso. Cosa stava aspettando? Ah, certo!
“Il Torchio è pronto?”
Lei annuì con gli occhi sgranati e luccicanti.
“Quando lo vai a prendere?”
Sembrò che le avessero spento la luce dentro: