Avvicinamento

Ripartirono che il sole era molto alto.
Di battere in ritirata non se ne parlava nemmeno.
Dopo una lunga analisi della mappa decisero di fare un ampio giro dietro una cresta di monti e cercare di arrivare al picco dei draghi da dietro, sparando di passare inosservati.

Proseguirono verso ovest per alcuni altri chilometri ed avvistarono solo pochi draghi che giravano alti nel cielo. Nel primo pomeriggio ad un’altra intersezione fra due strette valli: una che proseguiva verso sudovest ed una che andava dritta verso nord. Presero quella che si inerpicava verso sudovest come se avessero intenzione di passare lo spartiacque e scendere verso il lontano oceano. Poco dopo si fermarono e si apprestarono a passare la notte.

“Cerca di riposare, hai una lunga notte davanti.”
“Lo so, ma ti assicuro che è meglio così.”
Mentore non era molto convinto: “I draghi non mi sono sembrati molto svegli; c’è bisogno di tutto questo?”
Jona non arretrò di un millimetro: “Sì, c’è bisogno, e mi stupisco che tu faccia tutte queste storie. Di che hai paura? Che mi perda nel buio della notte?”
“Di certo ci vedo meglio io, specialmente di notte.”

Discussero ancora un po’, poi Jona si sdraiò fra le coperte che il sole stava appena lambendo le cime delle montagne.

Mentore lo svegliò che era già buio pesto. Il fuoco scoppiettava allegro nel cerchio di pietre.
“Ora è il caso di andare. Guarda cosa ho preparato.”
Quello che vide Jona alla luce dei fari di Mentore era uno strano trabiccolo fatto con pelli bianche di due capre di montagna, dei pali di legno e altre cianfrusaglie.
“Che cosa dovrebbe essere? Chiese sospettoso.”
Mentore si caricò addosso quell’affare e cominciò a camminare lentamente: “Capisco che da qui non sia un granché, ma i draghi, se veramente si daranno la pena di controllare, vedranno due lama e due persone camminare su per le montagne”, disse con un certo compiacimento nella voce.

“Non in questa forma. Come Amuleto avrei potuto farla — forse — ma come assistente la mie capacità di proiettare illusioni così grandi sono parecchio limitate.”
“Capisco, andiamo.”

L’assistente si immobilizzò mentre l’Amuleto, che era sempre rimasto in cima al lungo bastone da passeggio, riprese a pulsare di luce rossa.

Jona afferrò le cavezze dei due animali che Mentore aveva già bardati e si avviò verso nord alla luce delle stelle e dell’Amuleto.

Prima che arrivassero le prime luci dell’alba cercò rifugio in un fitto bosco di alti aceri, legò gli animali e si arrotolò nelle coperte.

L’Amuleto si spense e lui rimase solo.

Si annoiò non poco in quella giornata nella quale doveva cercare di non farsi notare dall’alto. Non si era reso conto di quanto dipendesse, oramai, dai servizi che gli forniva Mentore. Anche tralasciando il valore di una conversazione intelligente e mai banale, era lui a fornirgli tutte le indicazioni, le notizie e gli stessi libri da leggere. Senza si sentiva quasi come fosse nudo.

Appena cominciarono a calare le tenebre preparò la sua roba e i lama e si rimise in cammino alla luce delle stelle.
La falce della luna stava per scomparire dietro i monti quando un fruscio lo fece voltare in tempo per vedere Mentore che arrivava a tutta velocità su per la valle.

“Sei arrivato giusto in tempo. Se non vado errato dobbiamo arrampicarci di là per passare nella valle accanto.”
“Hai un ottimo senso dell’orientamento anche al buio. Sì dobbiamo passare di lì. Sbrighiamoci, non è il caso di farsi trovare su terreno scoperto di giorno.”
“Com’è andata?”
“Avevi ragione. Mi hanno seguito dall’alto fino a che non ho passato il valico, poi sono tornati indietro. Non ho visto un drago in tutto il pomeriggio.”
“Meglio così.”

Risalirono l’erta, ripida, ma non irresistibile, seguendo dei tratturi probabilmente usati dalle capre di montagna che sembravano essere molto abbondanti nella zona, nonostante i draghi dovessero pretendere un salato pedaggio.

Discesero nel piccolo altopiano ai piedi delle montagne che chiudevamo la valle dei Figli di Zeo e si nascosero nel boschetto di abeti che si trovava ai bordi di un laghetto alpino.

Un intero gregge di capre di montagna aveva avuto la loro stessa idea. Mentore stava per cacciarli in malo modo, ma, prima che si muovesse, i lama passarono all’azione e cominciarono a sputare succhi acidi con una tale precisione che le capre preferirono non avvicinarsi troppo.

Alle prime luci dell’alba erano sdraiati su un soffice letto di aghi di pino in un punto dove era assolutamente impossibile vederli, sia da terra che dall’alto.

Jona era stanco, ma non riusciva a prender sonno: “Sono stato a rimuginare tutto il giorno, ieri”, disse ad un certo punto.
Mentore si limitò a guardarlo, aspettando che proseguisse.
Cose che, puntualmente, avvenne:
Altra pausa.
“Ieri ero estremamente seccato. Non riuscivo a fare nulla. Non avevo i miei libri e nemmeno un pezzo di carta e una penna su cui prendere appunti. Da quando hai memorizzato la libreria del Monastero di Palla, un paio di anni fa, oramai, ho cominciato ad appoggiarmi sempre più alle tue capacità. Senza ero completamente perso.”

“Vero, ma quello che stavo cercando di dire è qualcosa di diverso. L’Amuleto mi permetteva di lanciare incantesimi, scrutare nelle persone, fare cose che hanno fatto di me un Mago, in un certo qual modo mi ha anche insegnato il mestiere — non ho mai capito chi mi abbia fatto davvero da maestro, se l’Amuleto o Gerba — ma, almeno per quello che erano i miei studi, non ho mai dovuto dipendere completamente dall’Amuleto. Avevo i miei libri, i miei appunti, oltre a tutto quello che mi ha lasciato Gerba e che ora è di Serna.”
“Ti vorrei vedere portarti la tua biblioteca sulle spalle, per non parlar del resto!”
“Non discuto! So perfettamente che non avrei potuto. Ciò non toglie che, senza di te sono completamente perso. Non ho con me neppure le poche cose che avrei potuto portare. Dipendo completamente da qualcuno — o qualcosa — su cui non ho il benché minimo controllo e, cosa ancora peggiore, non me ne sono reso completamente conto finora.”
“Anche sulla tua libreria non hai davvero controllo. Basterebbe un fulmine per mandare tutto a fuoco.”
“Non è la stessa cosa”, insistette Jona, “è vero che gli incidenti possono sempre capitare, ma per la mia biblioteca, per esempio, ho cercato di prendere provvedimenti. Tra le altre cose ho copiato tutte le cose che ritenevo importanti e ora sono in custodia da Marlo. Un incendio non avrebbe distrutto davvero tutto. Nel caso tuo, invece, non ho possibilità di fare niente. Che faccio se, per qualunque motivo, Thano decide di richiamarti e mi lascia con una statua di metallo e un medaglione di legno? Provo a copiarti da qualche parte? Come? Non solo sono alla completa mercé degli Dei, come qualunque mortale, ma non posso neppure fare qualcosa per cercare di non esserne troppo dipendente.”
“Capisco”, disse Mentore,
“Sono contento di sentirlo”, lo interruppe Jona, “ma c’è qualcos’altro, che potrebbe essere anche più importante.”
“E sarebbe?”
“Questo potrebbe essere il motivo per il quale gli Dei non vogliono che si usino i dispositivi meccanici.”
“Scusami, Jona, ma non ti seguo.”

“Effettivamente, verso la fine, si sono accavallate molte crisi dovute alla mancanza di materie prime indispensabili al funzionamento delle macchine, a partire dall’esaurimento dei giacimenti di petrolio.”
“Infatti! Mi ricordavo qualcosa del genere, ma non ricordavo i particolari. Questo vorrebbe dire che quello che ti ho detto l’altro giorno riguardo al bando delle macchine per non rendere troppo facili gli spostamenti era sbagliato.”
Rimase un momento pensoso, poi mugugnò: “Forse sarebbe il caso di chiedere direttamente a Festo.”
La risposta arrivò rapida: “Festo mi dice che non ha intenzione di spiegare, per ora, ma che: “Le migliori decisioni vengono prese sempre per almeno tre motivi”.”
Jona lo guardò fisso, poi sbuffò: “Maledizione! Pensavo di avere un motivo di troppo e scopro che me ne manca ancora uno.”