La famiglia si mise in moto che ancora era buio, nonostante fossero i giorni più lunghi dell’anno. All’alba Stephan prese la via del ritorno, mentre i pastori stavano ancora finendo di mungere le loro vacche.
La colazione venne solo dopo quest’operazione mattutina.
“Se davvero vuoi entrare nei territori degli Elfi”, diceva il pastore, “ti conviene andare apertamente. Presentati a Blanzoon. Non conviene cercare di entrare di nascosto. Chi ci prova muore.”
“Sono davvero così terribili?”, chiese Jona.
Il pastore rise: “Terribili? No. Sono diversi, diffidenti. Sembra che sappiano sempre quando stai cercando di nascondere qualcosa. Forse per questo loro non mentono mai, a differenza di noi umani.”
“Non ne hai mai visto uno, vero? Certo che no, altrimenti non faresti domande stupide.”
Jona non riuscì a cavargli una descrizione che avesse senso. Di sicuro erano cacciatori formidabili e correvano come il vento, ma poi i particolari si facevano confusi.
Comunque la curiosità sarebbe durata poco. Il pastore si era offerto di accompagnarlo verso nord fino quasi in vista di Blanzoon: la Porta degli Elfi.
La città era a un paio di giorni di cammino da dove si trovavano adesso e il pastore doveva portare parte del bestiame a un’altra fattoria proprio in quella direzione. Jona fu ben lieto di accodarsi.
La valle del Tich era ampia e verde, circondata da foreste di alberi enormi. Si vedevano, lungo il fiume, alcune fattorie molto distanziate l’una dall’altra. Si trattava di piccoli mondi chiusi, oppressi dalla vicinanza del micidiale bosco alieno. Passarono accanto a un paio di queste ampie case costruite prevalentemente con i sassi presi dal greto del fiume. Alcuni boschetti fornivano il legname. Nessuno aveva l’ardire di andare a far legna nel bosco degli Elfi.
A sera arrivarono alla fattoria dove erano diretti.
Furono accolti amichevolmente dalla famiglia che la abitava. Amici del pastore. Si trattava di una famiglia allargata, dove l’anziana nonna ancora comandava a bacchetta sei figli, le mogli e un numero imprecisato di marmocchi di tutte le età. Jona fu stupito della quiete e del silenzio che regnava in una casa così densamente popolata. La presenza degli Elfi era palpabile, anche se non era ancora riuscito a vederne uno.
“E non ne vedrai”, gli disse la matriarca, “sembra quasi che abbiano paura di farsi vedere, ma non è così, naturalmente. Comunque sono dei vicini ideali: non danno mai fastidio e non permettono che qualcuno ne dia.”
“Vero”, confermò il pastore, “diversi anni fa una banda di balordi è venuta dal sud pensando di poter razziare facilmente il bestiame, no, non qui, più a valle di casa mia, verso le Ceneri”, precisò vedendo lo sguardo stupito della matriarca.
“Sono durati esattamente tre giorni. La mattina del quarto li abbiamo trovati legati come salami in mezzo al fiume. Non avevano un segno addosso, a parte quelli lasciati dalle corde. Li abbiamo salvati quasi tutti per le galere del Visconte. Gli altri se li è portati la polmonite. Sicuramente gli è passata la voglia di fare i gradassi da queste parti.”