Arrivarono al campo dei taglialegna il giorno dopo, ben dopo il tramonto, quando oramai cominciava a essere troppo buio per proseguire. Michele aveva visto i chiarori dei fuochi più in alto nella valle e non aveva voluto sentir ragioni. Avevano proseguito, a rischio di far azzoppare i poveri asinelli che arrivarono mezzi morti per la fatica.
L’accoglienza da parte dei boscaioli fu calorosa. Conoscevano bene Michele che veniva a vender lame da parecchi anni.
I due cenarono allegramente con i resti, oramai quasi freddi, del pasto. Michele continuava a guardarsi in giro cercando qualcuno. Jona stava ancora tenendo in mano il grosso boccale di vino che gli avevano dato, troppo aspro per i suoi gusti, quando Michele lo strattonò per un braccio dicendogli: “vieni!”
Aveva trovato chi cercava perché si diresse lontano dai fuochi verso un riparo dove qualcuno si stava preparando per la notte.
“Chi è?”, chiese una voce assonnata.
“Sono io, Stephan, Michele.”
“E che vuoi da me, adesso? Non ti basta far piangere mia sorella per undici mesi l’anno?”
“Stephan, che tu ci creda o no, io non sto meglio di lei, quando sono lontano. E, se mi aiuti, forse posso trasferirmi a Luga per il resto della mia vita.”
“Vuoi metterti a fare il boscaiolo?” chiese Stephan con aria dubbiosa.
“Non fare lo scemo! Lo so che non lo sei! Stammi a sentire!” Gli spiegò, per sommi capi, la faccenda del carbone di legna. Ora Stephan era completamente sveglio. Si girò verso Jona e lo guardò con due occhi chiari e penetranti: “Sei sicuro che si possa fare?”
Jona, e non per la prima volta, si chiese se non avesse fatto una solenne fesseria a parlare di quella faccenda. Trovava Michele simpatico e aveva una certa voglia di aiutarlo, ma ora le cose si stavano complicando forse era il momento di sparire.
“Come ho già detto a Michele: Sì, sono sicurissimo che si possa fare. L’ho visto fare parecchie volte, ma non l’ho mai fatto io.”
“Stephan, tu ti fideresti di farti spiegare come si butta giù un albero da Michele? Deve averlo visto fare tante volte.”
“Io voglio aiutarvi, ma dovete capire che la cosa potrebbe non funzionare al primo colpo. Dovrete trovare il modo di farla andare voi.”
“”Dovremo”? Tu non sei della partita?”
“No, lui deve continuare il suo viaggio”, intervenne Michele, “questa è un’altra storia di cui parleremo, ma ora mi devi garantire che mi darai una mano. In segreto.”
Stephan ci pensò su un momento. “Non ci vedo molto chiaro e c’è qualcosa che mi sfugge, ma, se è per la mia sorellona, puoi di certo contare sul mio aiuto”, disse allungando la mano. Michele si affrettò a stringergliela con aria solenne.
Jona dovette ripetere anche per Stephan tutta la descrizione della carbonaia.
Era molto tardi quando finalmente poté avvolgersi nel suo mantello in un angolo appartato.
“Amuleto, puoi chiamarmi Serna senza che si senta?”
La voce di Serna gli squillò nell’orecchio, facendolo sobbalzare: “Tutto bene, papà? L’Amuleto mi dice che sei in mezzo alla gente”.
“Vero”, mormorò lui, “ho bisogno di un consiglio”, poi le narrò le vicende della giornata.
Serna rimase silenziosa a lungo e Jona se ne accorse.
“Che c’è, bambina mia? Ho fatto qualche grossa scemenza?”, chiese gentilmente. Gli sembrava di vederla mordicchiarsi il labbro inferiore, poi: “Papà, non hai pensato che se Festo non glielo ha insegnato forse aveva i suoi buoni motivi?”
Jona imprecò tra i denti: no, non ci aveva pensato.
“Certo che ne sono capace, ma temo che sia già troppo tardi. Per Stephan non ci sarebbero problemi, ma per togliere questo ricordo a Michele lo faresti diventare un mezzo idiota! Sono due giorni che non pensa ad altro”.
“Calma, papà! Va tutto bene. Festo dice che ha ritardato questa tecnica per spingere all’uso delle piastrelle solari. Ora le hanno quasi tutti, quindi non c’è più ragione per rendere le cose difficili ai fabbri.” Jona tirò un sospiro di sollievo; non aveva davvero bisogno di inimicarsi un qualche Dio, men che meno un Dio potente come Festo.
Jona tirò un sospiro di sollievo: “Volevo aiutare Michele, che è un bravo ragazzo e mi sembra sinceramente innamorato di quella Linda, ma stavolta ho veramente parlato prima di pensare. Poteva essere un disastro”.
“Pensi veramente di riuscire a far funzionare una carbonaia?”
“Certo.”
“Bene. Ecco quello che faremo: Serna, cerca di trovare un buon carbonaio, possibilmente abbastanza intelligente da non spaventarsi a morte e da essere utile e spiegagli che mi deve guidare. Domani, quando Michele e Stephan vorranno cominciare a metter su una carbonaia l’Amuleto vi mostrerà dove sono e cosa faccio. Il carbonaio mi dirà che fare e mi correggerà se sbaglio”.
“Abbiamo un carbonaio in casa?” Jona, per la sorpresa, aveva parlato con voce quasi normale. Si guardò attorno, ma non vide nessuno agitarsi. Meglio così.
“No, evidentemente non lo sapevi”, rise Serna. “Il vecchio Geppo si è ustionato per benino per salvare quel senza-cervello di suo nipote che stava scoperchiando una carbonaia ancora calda. Si salveranno entrambi, ma ne porteranno i segni a vita.”