Le imbarcazioni che erano andate alla pesca in mare aperto, presso un gruppo di isole lontane, furono avvistate esattamente dieci giorni dopo il suo arrivo al villaggio.
In questo periodo Jona aveva saputo molte cose sul popolo dei Viknuit — così si chiamavano i suoi ospiti — soprattutto da Tremalsong, sempre contento di raccontare e ascoltare racconti, ma anche da tutti gli altri che, poco a poco, avevano preso a fidarsi di lui e venivano volentieri nella grande casa vicino al mare a sentire le storie fantastiche che raccontava.
Venne così a sapere che i Viknuit si consideravano il popolo dei salmoni: come i salmoni migravano in mare aperto per trovare cibo, come i salmoni ritornavano sempre al villaggio d’origine dove trovavano le loro donne per prolificare e, più tardi, per finire la loro vita.
Le donne, specie quelle in età feconda, non si allontanavano mai troppo o troppo a lungo dal villaggio dov’erano arrivate alla pubertà.
Molto raramente, quando i villaggi diventavano troppo affollati, avveniva una diaspora e un certo numero di ragazzini non ancora nella pubertà venivano portati in un nuovo posto per formare una nuova colonia e lì lasciati assieme ad un certo numero di anziani per aiutarli.
I maschi adulti dei Viknuit prendevano il mare due volte all’anno: una in primavera, seguendo le rotte dei salmoni verso nord — ed erano questi che stavano ora tornando — e una seconda volta qualche settimana dopo il rientro, i più giovani partivano per la grande traversata verso la foce del Fiume Rabbioso, dal quale si diceva che venissero tutti i Viknuit e tutti i salmoni del mondo.
Questa grande traversata era tanto lunga che chi andava doveva svernare laggiù e tornare l’estate successiva.
La ricchezza principale del villaggio era costituita da una miniera di sale sulle colline dell’entroterra, sale che veniva usato per la concia e la conservazione del pesce.
Buona parte della lavorazione del pesce e della carne delle foche, altra risorsa importante, veniva fatta direttamente sulle barche.
Jona si stupì che si potesse fare una cosa del genere su barche tanto piccole, ma Tremalsong rise: le barche che vedeva erano solo dei giocattoli. Le navi Viknuit erano molto più grandi, fino a quaranta metri.
Le navi della “migrazione breve” erano imponenti, simili, come struttura, alle barche da pesca, ma lunghe dai venticinque ai quaranta metri e larghe, al centro, dai sei agli otto metri.
Erano navi slanciate, con prua e poppa alte e quasi identiche fra loro, solo la presenza del largo timone differenziava la poppa.
Avevano un unico albero che sosteneva un pennone che lo faceva diventare ancora più alto.
Le vele erano due: un fiocco e una randa aurica.
La giornata era splendida e il vento favorevole.
Arrivarono ad appoggiare la prua sulla battigia senza usare i remi.
Jona capì a cosa fossero dovuti i lunghi solchi che partivano dalla spiaggia a lato del villaggio.
Le grandi navi vennero tirate a terra su quegli scivoli naturali e lì rimasero mentre la festa del ritorno cominciava.
Il Mago rimase in disparte a guardare.
Erano sei, sapeva che tre avrebbero ripreso il mare per raggiungere, si sperava, il Fiume Rabbioso.