Jona si attardò per diversi giorni nell’ultimo villaggio, riposandosi e, soprattutto, facendo riposare il suo cavallo.
Aveva passato ore a studiare l’Occhio dal Cielo. Quello era il villaggio più vicino al margine nord della Foresta Oscura, ma ne distava ancora circa venti leghe. Una distanza assolutamente impossibile da percorrere a piedi e difficile a cavallo, senza strade e su terreno non battuto.
Gli Alberi di Dana erano disposti con una certa regolarità su un arco che andava verso est, allontanandosi dal margine. Quello sembrava essere un altro dei confini che gli Dei cercavano di rendere impenetrabili, o, per la precisione: cercare di attraversarli era possibile, ma comportava rischi non trascurabili. Gli errori si pagavano con la vita.
Jona si alzò ben prima dell’alba. Si sentivano ancora chiaramente i richiami dei lupi in caccia.
Il cavallo era teso e nervoso, roteava gli occhi e girava le orecchie in tutte le direzioni.
Jona lo condusse a piedi verso la porta del villaggio parlandogli all’orecchio per calmarlo.
Ai primi chiarori, assieme al canto dell’allodola, gli ululati si spensero.
Si fece aprire la porta, montò a cavallo e partì al piccolo trotto. Cercò di mantenere il più possibile un’andatura regolare per risparmiare le forze sue e del cavallo.
Le soste erano state calcolate al minuto e l’Amuleto teneva conto della posizione.
Jona sapeva di doversi riposare, ma il tempo passava inesorabile, anche se nulla sembrava cambiare nella penombra della Foresta.
La luce cominciò a calare e il cavallo era molto molto stanco. La bava bianca che gli usciva dalla bocca non era un buon segno.
Chiese per la millesima volta all’Amuleto la posizione. Stavano per arrivare a un fiumiciattolo che dovevano attraversare. Jona decise di fare lì l’ultima sosta. Fece bere il cavallo e gli permise di mangiare l’erba fresca che cresceva vicino alle rive melmose.
Attraversato il rigagnolo la foresta riprese il suo incontrastato dominio del territorio.
La luce stava calando lentamente.
“Sono io che ho perso la cognizione del tempo o il crepuscolo è più lungo, da queste parti?”
“La seconda che hai detto. Più si va a nord e più il passaggio dal giorno alla notte è graduale”
In quella incrociarono un sentiero che andava approssimativamente nella direzione giusta. Non era niente più che un tratturo dove gli aghi di pino erano stati calpestati e sminuzzati da piedi e zoccoli, ma si trattava di zoccoli ferrati e questo fece miracoli per il morale di Jona che cominciava a disperare.
L’oscurità era oramai quasi completa, tanto che fu costretto ad alzare ben alto l’Amuleto, splendente di luce appena venata di rosso, sul suo bastone per illuminare la strada.
Poi, di colpo, il fruscio sotto gli zoccoli del cavallo si fece diverso. Erba. Stelle sopra di lui. Gli ululati dei lupi erano molto lontani alle sue spalle. Più avanti, sulla riva di un fiume si intravedevano le sagome di povere case.
Tirò un sospiro di sollievo e si diresse a passo lento in quella direzione.
“Fossi in te non lo farei”, disse l’Amuleto spegnendosi.
Jona si gelò. Aveva imparato a conoscere quel tono piatto e casuale del suo Amuleto. Non era il caso d’ignorare l’avvertimento. Tirò le briglie facendo deviare il cavallo verso ovest, tenendosi ben discosto dalle abitazioni e proseguendo al buio guidato solo dal rumore del fiume che scorreva placido alla sua destra. Si tenne sull’erba, dove gli zoccoli del cavallo non facevano rumore.
Quando l’Amuleto ricominciò a emettere una tenue luce che rischiarava solo pochi passi davanti a loro si azzardò a chiedere: “Mi spieghi, adesso?”
“Siamo usciti dalla Foresta troppo a est. Quello era un avamposto degli Orchi.”
“Orchi?” Jona sospettava di conoscere già la risposta, ma lasciò che l’Amuleto chiarisse.
“Si tratta di un’altra razza creata dagli Dei. Ipno, in questo caso.”
“Ipno?” Non ce lo vedeva proprio il dio dell’oblio a creare una nuova razza di uomini.
“Ipno. Sono una razza fortemente territoriale e, nonostante siano discretamente intelligenti, hanno la tendenza ad agire più d’istinto che razionalmente. Non sono molto amichevoli, almeno con chi non ha l’odore giusto.”
Il cavallo incespicò facendolo quasi cadere.
“Quanto dobbiamo allontanarci ancora? Non credo di essere in grado di proseguire per molto e questo povero cavallino è allo stremo”, disse mentre scendeva e prendeva le briglie in mano.
L’Occhio dal Cielo gli mostrò il fiume, l’avamposto alle sue spalle e la loro posizione.
“Qui avanti c’è un posto dove penso ci si possa fermare per la notte, a patto di ripartire all’alba. Siamo ancora troppo vicini agli Orchi. Questo, per un certo verso, è un bene: i lupi hanno imparato a stare alla larga.”
“Quanto dista?”
“Se continui a piedi ancora una mezz’oretta.”
Jona strinse i denti e riprese a camminare appoggiandosi al bastone.
“Niente fuochi, immagino”, chiese Jona mentre impastoiava il cavallo che aveva liberato dalla sella.
“Meglio di no. Meglio non rischiare.”