Il Consiglio degli Dei

Una mattina, quando aprì la cartellina, vide un messaggio vergato con una mano sicura che non era la sua: “Oggi è il giorno”, recitava laconicamente.

Ebbe appena il tempo di chiedersi se doveva prepararsi in qualche modo e di guardarsi allo specchio che una luminosa linea rossa apparve sul pavimento.

Scrollò le spalle: non aveva altri preparativi da fare. Era pulito, sbarbato e genericamente presentabile. Avrebbe avuto ancora molto da leggere e studiare, ma quello non era qualcosa che avrebbe mai finito di fare.

Afferrò la cartellina, si mise l’Amuleto, oramai inutile e morto, in una delle tante tasche del suo gilè e uscì senza guardarsi indietro.

Seguendo la striscia luminosa arrivò in una parte della Stazione Suborbitale che non aveva mai visitato; sembrava essere una sala simile all’osservatorio, solo che questa era completamente bianca e dominata da un grande tavolo circolare.
C’era un’unica poltroncina e la riga che lo aveva guidato fin lì terminava proprio davanti ad essa. L’invito era più che chiaro. Jona si accomodò.

Appena si fu seduto le luci si abbassarono lievemente e i dodici Dei apparvero attorno al tavolo.

Al centro, proprio di fronte a lui, sedevano Thano e Opia ai loro lati si trovavano Ipno, Palla, Festo, Dionne e Zeo da una parte, mentre Dana, Asclep, Afro, Isto e Posse erano dall’altra.
Jona non li aveva mai visti tutti assieme; era già raro che se ne manifestasse più d’uno nello stesso momento.

Thano prese la parola per primo: “Bene. Il nostro Cercatore è giunto fin qui. Vedremo se sarà in grado di uscire con le sue gambe.

Tsk, tsk”, lo rimbeccò Ipno, “sai benissimo che nessuno esce mai da questa stanza con le sua gambe!” Ammiccò a Jona e aggiunse: “Ma questo è molto meno pericoloso di quel che suona.

Jona rimase impassibile. Non riusciva a credere che l’avessero fatto arrivare fin lì solo per farlo fuori e, se quella era la loro intenzione, sapeva bene di non poter fare proprio nulla per evitarlo. Meglio aspettare e capire cosa volevano davvero da lui.

Non mi pare che siate riusciti a spaventarlo. Vogliamo procedere?” Disse Palla con una vena di fastidio nella voce. Nessuno le rispose e lei proseguì: “Hai idea di perché sei qui, Jona?

Era una domanda diretta ed esigeva una risposta: “Penso dobbiate decidere in che modo posso servirvi.”
Corretto, ma non solo. Tra le altre cose dobbiamo anche stabilire a chi potrai essere d’aiuto.

Bah, non certo a me. Non ucciderebbe neppure Belzebù in persona!” disse Thano con aria disgustata.
Palla lo fulminò con un’occhiata che, però, scivolò su di lui senza lasciare traccia:

Jona, una volta avuta la conferma che la sua intuizione era corretta, aveva studiato bene l’argomento e rispose senza esitare: “Il mondo degli antichi era cambiato in modo enorme negli ultimi tempi della loro presenza su questa Terra. Erano loro stessi che avevano contribuito a cambiarlo. Ho trovato molti riferimenti ai danni diretti che, specie negli ultimi tempi, avevano arrecato al pianeta, ma non è questo a cui mi riferivo — immagino tu non volessi spiegazioni circa il fatto che erano diventati troppi — il vero problema è stato che l’intera evoluzione, inclusa quelle umana, ma non solo, si basava su un presupposto che era, per la prima volta in milioni di anni, diventato falso.”

“In realtà sarebbero almeno due”, rispose lui, “interazioni locali — o segregazione spaziale, se vuoi — e feedback diretto — altrimenti detta segregazione temporale.”

Gli Dei non diedero alcun cenno, fatto che Jona interpretò come un implicito assenso, ragionando che, se avesse imboccato una strada palesemente errata, la bocciatura sarebbe arrivata rapida e definitiva.
“Negli ultimi duecento anni della loro storia l’intero pianeta era diventato un ambiente unico che sarebbe sopravvissuto o perito come un’unità. Non c’era più spazio per fallimenti parziali che lasciassero campo libero ad altre civiltà.”

“Da tempi ancora maggiori le azioni dei singoli individui avevano conseguenze che arrivavano a maturazione solo dopo molte generazioni. Ciò che era positivo nell’immediato per l’individuo e la sua progenie poteva rivelarsi pernicioso decine o centinaia d’anni più tardi. Comportamenti “virtuosi” nel medio o lungo termine erano talmente penalizzanti nell’immediato da non essere, praticamente, realizzabili.”

“No”, rispose Jona, “quello che era nuovo era la velocità con cui variavano le condizioni! Quando arrivava l’inevitabile conto per un comportamento “errato” — qualunque cosa questo significasse — non era possibile far tesoro dell’informazione, semplicemente perché le condizioni erano già diverse!”

Bene. Hai fatto i tuoi compitini con profitto”, disse Thano con aria annoiata, “Adesso restano solo due domande, prima del gran finale: perché abbiamo bisogno di te e che cosa tu puoi fare per noi.
“Non è la stessa cosa?”
Tsk, Tsk. No. Il mio esimio collega ha ragione. Ti prego di considerare le cose dal suo punto di vista. Potrebbe essere illuminante.

Gli Dei potevano aver bisogno di lui
Rimase ad assaporare la domanda, immobile come una statua, mentre il suo cervello balzava da una conclusione all’altra.
La risposta si cristallizzò nella sua mente come l’incrostazione di ghiaccio si forma su un vetro: partita da un singolo punto si era ramificata fino a diventare uno scintillante arabesco che aveva perso nozione delle proprie origini.
Jona seguì con sicurezza il tronco principale, ignorando volutamente le ramificazioni che rischiavano di distrarlo: “Voi siete composti dalle anime degli antichi, almeno da alcune delle anime degli antichi, ma mi è stato detto che le anime, separate dal corpo, non possono crescere più. Se questo è vero voi, per progredire, avete bisogno di nuove anime. Voi volete la mia anima!”

Ovvio! Altrimenti non saresti qui.

Si interruppe per guardarlo fisso, si sporse in avanti e scandì lentamente:

Entrambe queste caratteristiche necessitano anche di una naturale predisposizione all’amore”, disse Afro nel silenzio che aveva seguito il breve discorso di Isto, “ti ricorda nulla questo, Jona?
Jona ricordava bene le lezioni della Dea e stava per rispondere, ma lei proseguì: “Come hai scoperto i nostri poteri sono limitati. Sono limitati da regole precise, che non possiamo travalicare nemmeno se lo volessimo, sono limitati dalle nostre conoscenze che sono imperfette ed infine sono, naturalmente, limitati da quello che è oggettivamente possibile. Noi non siamo, come gli dei degli antichi, esentati dall’obbedire alle leggi di Natura.

So che hai studiato molti dei loro testi sacri e molti testi che sacri non erano davvero. Qual è la tua opinione?

Jona esitò, evidentemente a disagio, ma nessuno degli Dei venne in suo aiuto; tutti rimasero a guardarlo senza muoversi. Scrollò le spalle e, facendosi forza del fatto che la maggior parte sorrideva, rispose: “Non so se i loro Dei esistessero — o fossero esistiti in un passato — quello che mi pare di poter dire è che i loro Sacerdoti e le loro Chiese sembravano occuparsi più di ottenere benefici che di servire i loro Dei. Dei che, almeno nell’ultimo periodo, quello meglio documentato, non sembravano molto interessati agli affari del Mondo.”

Tsk, tsk, mi pare che il buon Mago abbia riassunto in modo ammirevole la situazione”, disse Ipno battendo le mani,
Era rivolto ad Isto che non si curò di rispondere alla domanda chiaramente retorica.
“Ma allora perché ci credevano?” Sbottò Jona, “Se devo prestar fede ai documenti quasi tutti credevano nell’esistenza di un qualche Dio!”
Ipno lo guardò con un sorriso comprensivo: “Potrei risponderti che anche tu, dopotutto, hai creduto nell’esistenza degli Dei ed abbiamo dovuto fare una notevole fatica per farti capire che, in fondo, non siamo così onnipotenti come ti eravamo sembrati.
Aprì la bocca per protestare, ma Ipno alzò la mano per fermarlo e proseguì:

Quello che non puoi capire — proprio perché non ti sei mai trovato nella condizione — e che ti chiedo di accettare, per ora, in virtù del fatto che nessuno di noi ha mai mentito, è il fatto che, anche se noi non esistessimo e non fossimo mai esistiti, gli uomini ci avrebbero inventati. Inevitabilmente a loro immagine e somiglianza.
“Ma perché avremmo dovuto fare una cosa simile?”
Perché è insito nel modo in cui il vostro cervello funziona. Gli Dei, tutti gli Dei, sono il prodotto quasi inevitabile di altri adattamenti evolutivi stabilitisi nel corso di milioni di anni. Per ora ti dirò solo tre delle componenti principali.

Le grammatiche: il cervello organizza le percezioni secondo composizioni grammaticali più o meno complesse — questo ha portato allo sviluppo del linguaggio — è un meccanismo estremamente potente, ma ha il suo lato oscuro: una volta che la struttura grammaticale si è formata si tende sempre a forzare qualunque evento in una struttura nota. Risulta innaturale pensare “fuori dagli schemi”.

La proiezione: Il nostro cervello riesce a prevedere quello che succederà attribuendo una “volontà” agli oggetti, oltre che agli animali ed alle persone. La visione animistica è un portato di questo meccanismo.

L’imprinting: per milioni di anni il mondo è stato un posto molto pericoloso. Un errore poteva avere — e spesso aveva — conseguenze fatali. I giovani hanno sviluppato una naturale tendenza a “credere” a quello che gli veniva detto — o mostrato — da individui adulti che avessero una certa “autorità”; di solito si trattava dei genitori, ma anche sacerdoti o altri dotati di “carisma” hanno sfruttato questa tendenza innata.

Nella grande sala regnò un silenzio completo mentre gli Dei aspettavano che Jona assorbisse il significato del discorso di Ipno.
Discorso che era veramente strano. Per la prima volta da che l’aveva conosciuto, tanti anni prima, Ipno aveva parlato in maniera chiara, senza ricorrere a doppi sensi e velate allusioni. Pareva quasi fosse stato Isto a parlare.

Fu proprio Isto a rompere il silenzio, qualche minuto dopo:

“Ma la selezione non avrebbe dovuto favorire quelli ancora in grado di riprodursi?” Chiese Jona stupito. Fu Asclep a rispondergli asciutto: “In un ambiente naturale, con diverse popolazioni in competizione fra loro sarebbe stato così, ma quello non era esattamente un “ambiente naturale” e non c’erano molti “competitori” in giro.

Isto riprese la sua narrazione: