L’urlo esplose improvviso, acuto e stridulo da un punto imprecisato, là nel buio della notte che le stelle non riuscivano a rischiarare.
Ahmanejadil cominciò a correre al fievole lume della sua lanterna. Prima che avesse fatto il primo passo, l’urlo si spense in un gorgoglio, ma lui non rallentò lo slancio.
La lanterna si spense e lui la gettò via come un’inutile fardello, mentre i suoi piedi continuavano a guidarlo lungo il viottolo invisibile nel buio.
Il rettangolo luminoso di una porta aperta si stagliava davanti a lui.
Il cuore era oramai in gola, non certo per la corsa, ma per il terrore di quel che significava: nessuno teneva la porta aperta di notte, se poteva evitarlo.
“Marjad”, urlò con quanto fiato aveva in gola, ma nessuno gli rispose, poi cadde, inciampando in qualcosa di morbido che non avrebbe dovuto essere lì, sul sentiero che portava a casa sua.
Fu in piedi in un attimo, rotolando come un gatto.
Ora, con la luce della porta alle spalle, vide chiaramente la figura di sua moglie riversa ed immobile, con la testa piegata in un angolo innaturale.
Si precipitò dentro la piccola casa di mattoni cotti al sole e trovò esattamente quello che temeva di trovare: una tavola con il pasto che lo aspettava e i due lettini dei suoi figli vuoti e scompigliati.
Gli occhi gli si velarono di lacrime e di rabbia.
Piegò un ginocchio a terra, sollevò entrambe le mani al cielo e invocò urlando, con la voce spezzata dal dolore e dall’ira: “Thano! Sono il tuo schiavo! Concedimi vendetta!”
Quindi abbassò il capo fino a toccare con la fronte il pavimento di terra battuta, intrecciando le mani dietro la schiena in atto di abbietta sottomissione.
I minuti passarono lenti.
“Ti hanno insegnato la formula corretta, Ahmanejadil”, disse Thano con la sua solita aria beffarda, “ma sei sicuro di quello che chiedi?”
Lui non si mosse. Rimase con la testa schiacciata nella polvere ed attese.
Dopo una breve pausa il Dio riprese: “Bene. Se questa è la tua volontà, avrai il mio aiuto. Puoi alzarti.”
Ahmanejadil schizzò in piedi coma una molla. Thano era di fronte a lui. Gli occhi che brillavano erano l’unica cosa che si distingueva sotto il cappuccio del suo ampio mantello rosso, ma l’espressione beffarda aleggiava sulla sua figura inequivocabile, ma elusiva.
“Aiutami a raggiungere quegli assassini!”
La testa di Thano accennò un diniego appena percettibile, ma chiaro ed assoluto come una sentenza capitale
“La vendetta è un piatto elaborato, che si serve sempre freddo, ben freddo. Stasera non muore nessuno. In quel bugliolo troverai qualcosa che ti potrà essere utile. Ci vedremo presto.”
Il Dio svanì e lui si precipitò verso il secchio a doghe di legno che gli era stato indicato. Dentro un grosso ragno nero stava scalando la parete umida.
Un ragno? Che doveva farci? Forse era velenoso. Magari poteva usarlo per uccidere quei maledetti ladri di bambini.
Uccidere? Un pensiero lo colse all’improvviso.