Erano dieci giorni che Jona cavalcava verso nord.
Da quando aveva salutato Tarciso non aveva più visto essere umano, né alcun segno che ce ne fossero nei dintorni.
Stava percorrendo sentieri usati dagli animali fra boschi e radure.
Le sue provviste erano quasi finite, ma la natura, almeno in quel periodo dell’anno, era generosa e trovare cibo non era un grosso problema.
“Questo è il posto più solitario che abbia mai visto. Anche nella Foresta Oscura c’era più gente.”
“Vuoi dire che mi stai facendo evitare i villaggi di proposito?”
“No, qua attorno non c’è nessuno davvero. Ti stavo solo facendo notare che hai espresso un giudizio senza avere tutti i dati.”
“Vero. In questo caso avrei potuto fare delle ricerche, magari usando l’Occhio, ma si trattava di una cosa di scarsa importanza, almeno al momento, detta solo per parlare un po’. D’altra parte, fosse anche stata importante, non capisco il “avere tutti i dati”. Nella mia esperienza mi è capitato tante volte di “non avere tutti i dati” e dover decidere lo stesso, anzi, a voler essere pignoli, le volte che avevo tutti i dati sono state veramente poche!”
“Alt, alt! Mi sono espresso male. Come al solito le sfumature di significato si perdono. Dicendo “tutti” io intendevo “tutti quelli che avresti potuto reperire senza troppe difficoltà””
“Ovviamente no. Chi sono io per sapere esattamente cosa abbia in mente un Dio?” Poi, prima che Jona facesse seguire parole allo sbuffo seccato: “Però qualche ideuzza ce l’ho. Ricordi quel che ti diceva Tarciso sulla funzione di Comunicazione?”
“E lo Swahili?”
“Lo Swahili è una lingua molto antica. Ha molte parole per esprimere le forze della natura, le loro interazioni e la loro “volontà”. Penso che sia questo quello a cui si riferiva Ipno quando diceva che ti ha aiutato, tramite il sogno, a comprendere il collegamento fra la realtà e la nostra rappresentazione di essa.”
“Torniamo a bomba”, proseguì Jona dopo qualche minuto di silenzio. “Dicevi che qua attorno non c’è nessuno. Dove stiamo andando?”
“Quanto è lontana ancora?”
“Parecchio. Siamo a poco più che metà strada e, tra non molto, cominceranno le alture che ci faranno perdere più tempo.”
“Fai vedere.”
Apparve la vista dall’alto che comprendeva tutta Albon e le terre a nord. Jona vide che si trattava di una grande isola rozzamente triangolare. Il puntino giallo che rappresentava la loro posizione era più o meno a metà, mentre il cerchietto rosso che indicava la destinazione era molto più a nord, al fondo di un lungo fiordo che faceva penetrare il mare per chilometri.
La terra era corrugata con ampie fratture che correvano parallele da sud-sud-ovest a nord-nord-est, quelle vicine alla costa formavano i fiordi.
Di fronte, verso ovest, si intravedeva un’altra grande isola. Jona chiese all’Amuleto di mostrargliela meglio, ma quello rispose che non poteva. Poteva mostrare solo le cose fino a una certa distanza, poi diventavano sempre più confuse.
“Ma come”, si stupì il mago, “anche l’altro giorno mi hai permesso di fare un Occhio su Tigu, che è sicuramente più lontano!”
“Non vedo nulla che indichi la presenza di uomini fino al nostro arrivo.”
“E infatti, a quel che ne so, non ce ne sono.”
“Stai parlando di quell’orribile cosa che fanno con l’avena?”
“No, quello, che qualcuno usa dalle tue parti, è uno dei peggiori! Non credo che tu riesca a preparartelo qui in mezzo al nulla, ma puoi cominciare a raccogliere gli ingredienti necessari.”
“Che sarebbero?”
“Radici di cicoria e pere selvatiche. Ci vorrebbe anche dell’orzo, ma qui non lo puoi certo trovare.” Continuarono a discutere di come sostituire l’amato caffè e Jona cominciò ad accumulare nelle bisacce erbe, frutti e radici che, a detta dell’Amuleto sarebbero serviti per produrre un “caffè” accettabile.
Qualche giorno dopo, durante una delle interminabili chiacchierate con l’Amuleto, Jona tornò sull’argomento lingue.
L’Avatar dell’Amuleto, appollaiato sul pomo della sella, lo guardò storto e stava par replicare, ma Jona lo bloccò in fretta:
“L’albionese”
“Si dà il caso sia la mia lingua natale.”
“Coincidenza? Non credo molto alle coincidenze, specie quando c’è di mezzo Thano.”
“Potrebbe essere stato uno dei fattori che ha deciso Thano a mandare proprio me, ma non saprei proprio.”
“E non lo sapremo mai, se Thano stesso non ce lo dice; partiamo dal presupposto che sia, almeno un po’, importante. Quali sono le caratteristiche dell’albionese? In che cosa differisce dallo zenano o dallo swahili?”
“Quattordici.”
L’amuleto tacque per qualche istante, come se stesse pensando, poi, un po’ esitante: