In Blanzoon

Il Mago si mise in moto di buon’ora, procedeva senza fretta scrutando la foresta, ma non vide mai nessun movimento.

Dopo una mezza giornata di cammino si lasciò alle spalle l’ultima fattoria. Si fermò presso il fiume per riposarsi e mangiare un boccone.
Prima di ripartire rimise l’Amuleto ben visibile in cima al suo lungo bastone da passeggio. L’Amuleto, quasi avesse indovinato le sue intenzioni, cominciò a risplendere di una luce minacciosa.
La valle cominciava a restringersi, i due lembi della foresta ad avvicinarsi e infine apparve l’alta rupe su cui doveva trovarsi Blanzoon.
A Jona parve solo un’altra altura completamente coperta da alti alberi maestosi. Nessun animale animava il paesaggio e di Elfi non si vedeva nessuna traccia.
Si avvicinò prudentemente al limitare della foresta.
Non si sentiva altro che lo stormire delle fronde e non si vedeva un movimento che non fosse l’ondeggiare di rami al vento.
“Amuleto, non vedo animali, neppure uccelli”, si decise, finalmente, a chiedere.
“Infatti, non ce ne sono.”
“Strano!”
“Hanno imparato sulla loro pelle a evitare questa parte della foresta.”
“Potresti essere più preciso?”
“Vedi quei cespugli ai piedi dei grandi pini? Sono dei parassiti di questi pini rossi che, però, hanno bisogno di luce, quindi li trovi solo al limitare delle foreste, dentro è troppo buio”. Jona aspettò pazientemente che l’Amuleto venisse al punto. “Si tratta di piante molto pericolose: basta sfiorarle che rilasciano le loro spore. Si tratta di un veleno potentissimo per tutti gli esseri che respirano. Meglio tenersi a distanza.”
“Capisco. Non sono pericolosi anche per gli Elfi?”
“Sono pericolosi solo se non li conosci. Per passare basta solo turarsi il naso e correre.”
“Occhio di lince!”
L’Amuleto obbedì prontamente e la distanza sembrò scomparire. In un’ampia zona circolare attorno alla linea di vista del Mago la foresta gli balzò incontro e lui poté esaminare con tutta calma le micidiali piante che facevano la guardia ai territori elfici con tanta efficienza. Si trattava di larghe fronde simili a felci. Apparentemente innocue. Jona raccolse un sasso e lo lanciò verso le felci. Mancò completamente il bersaglio ingannato dell’Occhio. “Spegni l’Occhio fino al lancio!” Il secondo tentativo andò molto meglio: l’Occhio riapparve quando la pietra lasciò la sua mano e Jona la vide andare a disturbare alcune foglie frangiate. Le spore erano quasi invisibili. Impossibile evitarle, anche sapendo che cosa si doveva fare. Inutile mettere sentinelle al confine.
Jona rivolse l’attenzione alla rupe su cui doveva, secondo le indicazioni della matriarca, trovarsi Blanzoon. Vide solo enormi alberi. Diversi dai grandi pini che circondavano la rocca. Questi sembravano latifoglie, con i rami che correvano in orizzontale. Poi li vide. Gli Elfi stavano sui rami, badando ai fatti loro. “Avvicina!” Gli alberi gli balzarono incontro e Jona si rese conto che erano ben strani. Quei rami enormi e quasi piatti formavano delle ampie strade aeree che collegavano i vari tronchi sui quali si aprivano porte.
Gli elfi, invece, furono una grossa delusione. Jona aveva immaginato fossero quasi sovrannaturali, si trattava, invece di esseri sgraziati dalle lunghe braccia muscolose, ma con le gambe corte e dei ridicoli piedi lunghissimi. Ce n’era un gruppo intento a parlare e sembrava fossero accoccolati sui talloni. Concentrò la sua attenzione su un altro paio che stavano camminando lentamente, assorti in conversazione. Erano veramente goffi con quelle gambe corte e quei piedoni lunghi quasi quanto la gamba. Jona si rese conto che qualcosa non quadrava. “Amuleto: quelli sono Elfi?”
“Sì”, rispose laconico quello.
“Non sembrano dei gran corridori.”
“A volte le apparenze ingannano.” Nella voce c’era una distinta nota di scherno. Jona, intanto, aveva ripreso a camminare. A un tratto sentì una serie di fischi lontani e la scena si animò improvvisamente. Dovevano averlo avvistato. Niente di strano. Non faceva nulla per passare inosservato.
I due che stava spiando si voltarono verso di lui e Jona poté vedere bene i loro volti angolosi e scarni, gli occhi grandi, con la pupilla a fessura verticale e le orecchie a punta, mobili e con un ciuffetto di peli in cima. Le orecchie si piegarono di scatto all’indietro mentre le bocche si aprivano in una smorfia di allarme che metteva bene in vista quattro canini ben più lunghi e aguzzi del normale. “Linci”, pensò il Mago. I due avevano perso tutta la loro goffaggine; si erano alzati sulle punte dei lunghi piedi e sparirono in una delle aperture con pochi passi che somigliavano a balzi felini.
Jona sentì un brivido correggergli per la schiena, ma si costrinse a mantenere il passo sostenuto e costante mentre avvicinava la rupe che, ora lo vedeva bene, era circondata da un’alta siepe di rami spinosi molto fitti e strettamente intrecciati. Passare da lì non sarebbe stato facile. Non si vedevano porte di sorta.
Mano a mano che si avvicinava Jona notò anche altri particolari. Gli alberi interni erano disposti con una certa regolarità e uno solo cresceva molto vicino alla siepe, tanto che i rami arrivavano fin sopra di questa.
Proprio su un largo ramo di quell’albero, a quasi venti metri dal suolo, si era radunata una piccola folla che lo aspettava. Gli archi furono incoccati e puntati; parevano proprio intenzionati a rimandarlo da dove era venuto senza dargli modo di parlare.
Jona li ignorò e continuò a camminare puntando dritto verso l’albero che sormontava le mura vegetali. Oramai poteva vedere benissimo gli Elfi anche senza l’Occhio.
Quando arrivò proprio sotto il ramo dove gli Elfi lo stavano aspettando, piantò con forza il suo bastone. L’Amuleto si produsse in una cascata di lampi vermigli che avvolsero il bastone e andarono a scaricarsi sul terreno. Quindi Jona urlò, amplificato dall’Amuleto che traduceva in prefetto Elfico: “Chiedo udienza!”
La reazione non si fece attendere. Il gruppo si sciolse e i guerrieri, sempre con gli archi pronti, si ritirarono su per i rami, lasciando solo un Elfo dall’aspetto autoritario vestito completamente di giallo.
Questo si tolse dalla spalla il suo bastone che aveva in cima un Amuleto splendente di luce gialla e avanzò sul ramo che, lentamente, cominciò a flettersi sotto il suo peso, fino ad arrivare, quasi fosse un pontile di sbarco da nave, a toccare terra proprio davanti a Jona. Proprio come una passerella era piatto e completamente privo di foglie.
“Vieni in pace?”, chiese l’Elfo guardandolo dritto negli occhi.
Jona sostenne lo sguardo: “Sì”, rispose semplicemente, sapendo perfettamente che l’amuleto del Mago Elfico analizzava lui e la risposta per capire se stesse mentendo. La domanda diretta serviva proprio a permettere un test rapido. Jona sorrise. Anche lui aveva usato tecniche equivalenti fin troppe volte. Era un po’ strano trovarsi “dall’altra parte”. Senza aspettare un invito formale si avviò sul ponte levatoio, seguendo l’Elfo che lo precedeva con lunghi passi agili. Goffi? Gli Elfi? Come diavolo aveva fatto a pensarlo?
Mentre si avvicinavano al tronco il ramo tornò alla sua posizione originale, a confondersi con gli altri nella chioma, risollevandosi senza la minima scossa. Era largo quattro metri e quasi perfettamente piatto. Anche senza il piede felino degli Elfi si poteva camminare con tutta tranquillità.
L’Elfo lo precedette sul ramo fino ad arrivare al tronco, che era veramente gigantesco, ancora più di quanto gli fosse sembrato da sotto, e inconsueto: quasi perfettamente ottagonale. Proprio dove il ramo arrivava a congiungersi, c’era una stretta apertura che dava accesso alla camera interna. La sua guida attraversò speditamente lo stanzone spoglio lasciando poco tempo a Jona per esaminarlo. Un attimo dopo erano sul ramo, dal lato opposto, che, come aveva fatto l’altro, al loro passaggio si piegò verso il basso portandoli dentro Blanzoon.
Appena i due scesero dal ramo-ponte-levatoio questo ritornò rapidamente in alto. L’Elfo gli fece strada tornando verso il tronco nel quale, al livello del terreno, si apriva un’altra apertura protetta da una pesante tenda imbottita. L’Elfo la scostò ed entrarono.
L’interno era una stanza spaziosa che prendeva buona parte del tronco dell’albero. Il pavimento era di legno lucido e una strana scala senza ringhiera saliva a spirale lungo la parete verso il piano superiore. I gradini sembravano uscire direttamente dalla parete di legno senza fessure visibili.
Un tavolo rotondo occupava un angolo. Anche quello sembrava fissato al pavimento, come un enorme fungo piatto.
Non c’erano finestre, ma l’aria era fresca e resa luminosa da piccoli globi che si trovavano sul soffitto ed emettevano una luce calda.
Il mago elfico rimase in silenzio, lasciando che Jona esaminasse la sala nei particolari. Solo quando questi riportò l’attenzione su di lui, disse: “Questa sarà la tua casa, per ora.”
“Grazie”, rispose Jona, “ma non credo di potermi fermare molto.” Così dicendo tolse l’Amuleto di Thano dal suo alloggiamento in cima al bastone e lo posò delicatamente sul tavolo. La Bussola era chiaramente visibile.

“Nessun umano li conosce, ed è così che deve essere!”, tagliò corto l’Elfo con un tono che assomigliava a un ringhio. Jona non si lasciò impressionare e proseguì come se l’altro non avesse parlato:
“Questo è quello che dici tu, umano.”

“Lo strano disegno sul tuo Amuleto punta direttamente verso l’Innerwald. Non sono molti gli umani che hanno avuto il permesso di entrarvi. Nessuno da solo.”
“Ti ho già detto che non vedo problemi a farmi accompagnare, anzi, mi piacerebbe molto. Non ho molte informazioni sulle intenzioni di Thano, ma dubito che voglia provocare una guerra tra Elfi e Umani.” Vide un lampo nello sguardo dell’Elfo e proseguì, guardandolo dritto negli occhi: “Se anche avesse questa intenzione, non credo che io e te potremmo impedirglielo.”
Il Mago elfico diede un’altra occhiata verso il suo Amuleto, della qual cosa Jona gli fu grato — gli Elfi non sembravano aver bisogno di sbattere le palpebre; cercare di sostenerne lo sguardo felino poteva essere faticoso — poi parve rilassarsi, quasi impercettibilmente: “No, non credo tu voglia creare problemi, anche se non sono così sicuro del tuo padrone.”
Guardò Jona con un’espressione sinceramente divertita, la prima non-ostile da che era arrivato a Blanzoon: “L’unico momento in cui non sei stato completamente sincero è quando hai detto che non potremmo opporci a Thano. Hai un’alta considerazione di te stesso.”