Inseguendo la via marrone

Jona seguiva senza troppo sforzo la via marrone di Dana meditando sulle parole della Dea.

“Immagino che non serva a molto chiederti direttamente: “Perché sono scomparsi gli antichi?”, vero?”
Mentore, dall’alto della sua postazione in cima al bastone, fece un risolino: “Non hai nemmeno idea quanto! Per essere sicuri che non ti potessi aiutare, nemmeno per sbaglio, mi hanno cancellato completamente tutti i ricordi che avevo a partire dall’anno 2050 della datazione degli antichi.”

Jona fece quattro passi prima di replicare; “Immagino che i ricordi ti ritornino non appena avremo trovato i riferimenti giusti.”
“Isto mi conferma che è così.”

Altri quattro passi: “Beh, stavolta abbiamo almeno due vantaggi, rispetto alla volta precedente.”
“Quando Thano mi ha direttamente tolto dall’Amuleto? Quali sarebbero?”
“Prima di tutto ora sei qui e hai senz’altro voglia di recuperare i tuoi ricordi.”
“Vero. In questa condizione possiamo collaborare senza che io debba stare attento a quello che ti dico. E l’altro?”
Altri quattro passi: “Che ci sono parecchie cose che abbiamo studiato e che, se ben mi ricordo, sono successe dopo il 2050. Possiamo cominciare da quelle.”
“Mi pare una buona idea. Comincia.”
“Beh, la prima cosa che mi viene in mente, e che dovrebbe riguardarti direttamente, è che poco dopo il 2050, nel 2056 credo, hanno cominciato a salvare le anime, che poi avrebbero impiegato per dar vita agli “assistenti”.”
“Bene”, disse Mentore e Jona poteva ben immaginarselo a strofinarsi le mani soddisfatto, “Isto mi ha sbloccato tutta la memoria del progetto “Anima Eterna”. Altro?”

Jona rimase a lungo in silenzio a rimuginare: “Quindi tu sei effettivamente nato prima del 2050, vero?”
“Perché dici questo?” Mentore sembrava assai sorpreso.
“Perché, se ti hanno tolto la memoria di quella parte di storia, senza, apparentemente, modificare il tuo modo di pensare, allora tu, in quel momento, dovevi avere già sviluppato i tuoi processi mentali. So bene che effetti tremendi può avere cercare di estirpare dei ricordi troppo radicati.”
“Questo è vero per gli esseri umani in carne ed ossa, per noi le cose stanno un po’ differentemente.”
“Spiega.”
“Isto mi ha restituito tutte le memorie relative, quindi penso di potertene palare liberamente. Negli esseri viventi la memoria e il ragionamento si basano essenzialmente sugli stessi meccanismi. Ricordare una cosa significa modificare la propria rete neuronale, che è la stessa che veicola il pensiero. Per noi anime la cosa è diversa. La rete neuronale è fissa ed immutabile.”
“Non potete imparare?” Jona era esterrefatto.
“Sì e no. Abbiamo dei meccanismi di memoria diversi, separati da quelli del ragionamento. Possiamo immagazzinare altre informazioni, ma il nostro modo di usarle è fisso ed invariabile: messi nella stessa identica situazione agiremmo sempre nello stesso identico modo.” Esitò un attimo e poi proseguì:
“E le cose sono rimaste così? Anche ora che non siete più “automi da combattimento”?”
Jona poteva vederlo scuotere la testa sconsolato:

Jona continuò a camminare in silenzio per parecchio tempo, prima di riprendere l’elenco delle cose che ricordava di aver visto.
A volte si sbloccavano memorie di Mentore, a volte no.

La strada si fece sempre più malagevole mentre le rive del fiume si alzavano sempre più e lui si trovava a percorrere una gola profonda, tra grossi massi e, spesso con le gambe nell’acqua gelata che cercava di riportarlo verso valle.
La conversazione cominciò a languire.

Era oramai pomeriggio inoltrato e la fine della pista marrone lo tallonava dappresso quando la gola si allargò e il Mago si poté permettere il lusso di camminare su un terreno quasi piano, anche se ingombro di arbusti.
Aveva ripreso a mormorare sottovoce la nenia di Sindehajad.

La pista si allontanò dal fiume seguendo un piccolo rigagnolo per poi lasciare anche quello ed inerpicarsi fra le rocce vive.
La fine della pista lo raggiunse mentre si arrampicava a quattro mani e lo superò, sparendo dietro una cengia.
Quando Jona riuscì a raggiungerla la pista era sparita.
Al suo posto c’era un “assistente”, immobile e silenzioso. Sembrava una statua di metallo che teneva per la cavezza due strani animali pelosi alti quasi quanto lui.

Un piccolo simbolo rosso sangue apparve sul petto dell’assistente che aprì gli occhi e si precipitò a sostenerlo.