Inseguimento

Era un giannizzero molto piccolo con delle ampie spalle quello che si avvicinò di corsa ai quattro che attendevano Serna e balzò agilmente sul cavallo libero gridando: “Andiamo!”
La grossa fibbia di legno alla cintura del nuovo arrivato brillò brevemente di luce gialla e il volto di Serna apparve sotto il tagelmust.

L’Amuleto non brillava più, ma era in piena attività e stava analizzando milioni di campioni di terreno per confrontarli con i dati personali di Sindehajad.

Girarono al galoppo attorno al muro di cinta finché la traccia non riapparve, esile, ma chiara. Serna sorrise. Il Geco doveva aver usato molte volte le sue abilità per lasciare il palazzo senza scomodarsi ad usare la porta principale; c’erano molte tracce, ma questa era certamente la più recente, puntinata da piccoli frammenti del velo nero che Sindehajad stava evidentemente strappando per lasciare una traccia.

Gli occhi di Serna seguivano la flebile galassia di lucciole gialle che solo lei poteva vedere.

Seguirono stradine polverose lontane dal centro cittadino per poi arrivare alla grande porta dell’est da cui partiva la lunga pista che portava, attraverso il deserto, fino alla valle di Gadadh.

La pista si inerpicava su per i monti boscosi dell’entroterra, dominati dai grandi cedri. I cinque cavalieri procedevano al piccolo galoppo che quei corsieri erano in grado di reggere a lungo senza sfiancarsi.
Serna aveva ceduto le briglie al capo del drappello, un cugino del Geco e si lasciava trasportare, assecondando automaticamente i movimenti del cavallo, concentrata sulle immagini che l’Occhio dal Cielo le mostrava.

Avevano oramai lasciato alle spalle le ultime abitazioni e la strada era chiara, ben battuta e, soprattutto, notò lei con un sorriso, univoca: non c’erano deviazioni per molti chilometri, fino alla grande valle fluviale che vedeva dall’alto con villaggi sparsi fra i campi coltivati. Oltre riprendeva la pista per Masq, sul limitare del deserto che racchiudeva la grande valle di Gadadh.

Si concentrò sul tratto di strada che avevano davanti che si snodava lungo il fiume risalendolo.
Se i rapitori erano usciti all’alba, all’apertura delle porte, e stavano procedendo alla massima velocità possibile dovevano essere pressappoco da queste parti.
Nonostante il sentiero fosse, per larghi tratti, coperto dalle fronde degli alberi non tardò a individuare il gruppo di tre cavalieri che li precedeva. Erano più vicini di quanto si aspettasse, ma erano strani. Qualcosa non andava.
Invocò l’aiuto di Zeo, che la rapì su uno dei suoi falchi che si librava nelle vicinanze. Le immagini erano nettissime, anche se con strani colori.
Serna imprecò fra i denti: i rapitori viaggiavano a dorso di mehari, più lenti del cavalli, ma anche molto più resistenti. Non sarebbero riusciti a raggiungerli.
Il falco riprese quota e la portò a fare un ampio giro sulle montagne e fino ai bordi della pianura del fiume ‘Llitan, poi le immagini si interruppero bruscamente.

Quando i cavalli cominciarono a schiumare, mostrando di essere vicini al limite della loro resistenza, il drappello si fermò in un verde prato vicino al fiume.
Mentre i giannizzeri toglievano le selle ai cavalli e li asciugavano la maga si accoccolò con la schiena appoggiata al tronco di un grande cedro e cominciò a scrivere due lettere.

L’Amuleto le comunicò che i cavalli avevano smaltito le tossine della corsa con un breve sussurro.
Serna chiamò due dei giannizzeri: il più alto e massiccio e il più mingherlino, un ragazzo che pesava forse meno di lei, ma si era già distinto per coraggio ed abilità, e affidò loro le lettere, entrambe sigillate con il sigillo del Visir.