Intermezzo V

Jona era giunto al mare da una luna intera.
Il viaggio era stato lungo e, nella prima parte, molto faticoso.

Il fiume era diventato progressivamente più largo e le rapide più rare e meno violente. Si era scavato una strada contorta fra le montagne di roccia rossa che sembravano altissime. Mentore gli aveva detto che, in certi punti, il fiume scorreva quasi duemila metri più in basso dell’altopiano che aveva inciso così profondamente. Jona non faticava a credergli. Quelle pareti quasi verticali che lo circondavano sembravano anche più alte.

Aveva attraversato un grande lago dove le montagne si aprivano un po’ e le pareti attorno a lui si facevano più dolci e, a tratti verdeggianti.

Il fiume riprese la sua corsa, verso sud, questa volta e, dopo un nuovo tratto ripido e incassato in brulle montagne, si apriva in una valle a tratti molto ampia e a tratti più angusta, ma sempre molto verde, a differenza delle alture circostanti che contrastavano con il loro aspetto spoglio e riarso.

Il viaggio si era fatto più lento e il Mago aveva cominciato ad usare il suo lungo remo per accelerarlo, oltre che per dirigere la sua imbarcazione nelle rapide.
Il caldo si era fatto intenso e lui passava le sue giornate seminudo bagnandosi spesso nelle fresche acque di quel largo fiume.

Finalmente le mangrovie che crescevano sulle rive lo avvisarono che era arrivato al mare.

Lì Mentore gli aveva detto di fermarsi per prepararsi alla traversata.
Gli aveva fatto preparare una scorta di carne e frutta che aveva fatto seccare in modo che si conservasse a lungo.
Lo aveva guidato lungo la costa alla ricerca di una strana pianta che calava le sue lunghe radici aeree fino all’acqua salmastra e produceva dei grossi frutti semitrasparenti e pieni di acqua dolce. Un adattamento per attirare gli animali assetati in quelle zone aride che poi facevano da veicolo per i piccoli semi neri. Jona sospettava fortemente che quell’adattamento fosse stato voluto da Asclep, ma Mentore si rifiutava di commentare sull’argomento.

Mano mano che le provviste si accumulavano Jona si faceva sempre più preoccupato. Era evidente che “la traversata” sarebbe stata cosa lunga e la sua guida si rifiutava recisamente di dargli informazioni. Calcolò che aveva cibo per almeno tre settimane.

Una sera sua figlia si era messa a ridere delle sue preoccupazioni e gli aveva detto: “Se non altro sai che viaggerai comodo!”
Alla sua faccia stupita aveva ribattuto: “Non riusciresti mai a trasportare tutta quella roba, quindi ci sarà un qualche mezzo di trasporto.”
“Oh, se è per quello sono sicuro che sarà la pianta-zattera. Mentore mi ha fatto sistemare la pianta dell’acqua a bordo, con le radici che pendevano dietro.”

Infatti qualche giorno dopo l’Amuleto gli diede istruzioni di stivare tutte le sue cose a bordo, perché presto sarebbe stata ora di partire.

Partì all’alba e remò lentamente per tutto il giorno nell’aria calma e tiepida che si riscaldava sempre più. Remò fino a notte fonda, rischiarato da una luna quasi piena, prima di avvolgersi in una coperta per proteggersi dall’umidità notturna.
Il giorno dopo fu uguale al precedente. Della costa si vedevano oramai nella bruma all’orizzonte solo le cime delle alture che costeggiavano la lunga baia che stava percorrendo.
A sera, quando Mentore gli disse che era meglio riposarsi un po’, era oramai certo che avrebbe passato il prossimo mese a vogare in mezzo al mare.

L’Amuleto lo svegliò verso mezzanotte: “Il nostro trasporto è arrivato. Fai attenzione.”
La luna piena rischiarava il mare producendo lame di luce argentea intervallate a zone nere come la pece.
Attorno a lui nuotavano parecchi corpi che non riusciva a distinguere bene, ma che erano certamente di dimensioni enormi.
Almeno quattro volte la lunghezza della sua zattera.
Vide chiaramente una pinna caudale alzarsi dall’acqua mentre l’essere si immergeva.
“Balene?” Chiese a Mentore.
“Balenottere grigie, confermò lui.”

Un muso molto più lungo di lui spuntò a fianco della barca rischiando di farla rovesciare.
“Che devo fare?”
“Prendi la corda che ti ho fatto preparare e mettigliela al collo.”
Jona ci mise un attimo per capire. Parecchio tempo prima Mentore gli aveva fatto preparare un largo cappio con una morbida corda che gli avevano dato gli assistenti su alla valle dei draghi. L’aveva quasi dimenticata.
Fece passare quell’anello attorno al gran testone fino a che non andò a fermarsi attorno alle lunghe pinne pettorali. Un istante dopo la balena si immergeva provocando un’onda che Jona ebbe parecchie difficoltà a cavalcare.
La corda fuggiva rapidamente.
“Attento alle mani!” gli gridò Mentore appena a tempo.
Jona imprecò e buttò la coperta sulla corda, cercando poi di afferrarla con quella.
Fortuna che la corda era molto lunga e ben arrotolata, altrimenti l’avrebbe persa e, probabilmente le sua possibilità di proseguire il viaggio sarebbero finite in mare con lei.
La zattera cominciò a muoversi con decisione e lui cercò un punto a cui fissarla e Mentore gli spiegò come fare, facendola girare un paio di volte attorno al suo bastone incastrato nel fondo forato della zattera, a fissarla in modo che non fosse rigida, avrebbe potuto assecondare gli occasionali strattoni che la balena dava.
Normalmente la balena si muoveva poco sotto la superficie, un centinaio di metri davanti alla zattera che procedeva spedita e regolare.

La balena si riposava poche ore al giorno, per il resto nuotava in quello che, per lei, doveva essere un’andatura di tutto riposo, ma che divorava i chilometri sollevando due piccoli baffi di spuma attorno alla prua della barca.

“Perché non mi hai detto niente?”
“Non volevo rovinarti la sorpresa.”
“Avrei potuto rovinare tutto semplicemente lasciando che la cima si aggrovigliasse e cadesse fuori bordo”, disse Jona con aria accusatoria.

Jona stava per rispondere in malo modo, ma invece si mise a ridere.