Il giorno dopo Jona lo passò preparando la partenza. Rimase ore chiuso nella sua camera a esaminare l’Occhio del Cielo cercando un passaggio sicuro nelle foreste sulle basse montagne che chiudevano la valle del Min verso sud. A volte aiutato da Serna che aveva buoni occhi per trovare i sentieri. Sembrava un percorso agevole, anche se non brevissimo. Non si vedevano insediamenti per parecchi chilometri, poi, cominciava un’ampia pianura che si estendeva fino al mare con diverse città, molto lontane le une dalle altre.
La sera un bimbetto di pochi anni gli si parò davanti, fece un grande inchino e, dandosi un’aria d’importanza, gli porse un biglietto arrotolato e sigillato con la ceralacca. Poi scappò via correndo.
Jona sorrise e ruppe il sigillo.
Come si aspettava il biglietto proveniva da Ivan.
Conteneva solo poche parole: “Pessime nuove. Dobbiamo incontrarci. Aspettami in camera tua dopo cena. Ivan”
Ivan arrivò dopo mezzanotte. Socchiuse la porta senza bussare, scivolò dentro e se la richiuse alle spalle.
“Racconta dal principio.”
In realtà Ivan non sapeva molto più di quello che aveva già detto. Vadym si era chiuso nei suoi appartamenti e non aveva fatto entrare nessuno, tranne le sue concubine, che erano già dentro, e il capo delle guardie di casa, un tipaccio che Ivan sospettava essere un ex-brigante. Da lì erano partiti gli ordini.
“Io non posso e non voglio fare direttamente altro, in questa storia. Ho imparato a mie spese che, se si fa qualcosa poi bisogna assumersi la responsabilità di seguire le cose fino in fondo. Io questa possibilità non l’ho: parto domattina.”
Ivan aveva un’aria decisamente delusa.
“Non ho detto che non farò nulla, Ivan. Ho detto che non farò nulla direttamente.”
“Che intendi fare?”
Aveva già la mano sul catenaccio che bloccava la porta quando Jona lo richiamò: “mwanga wa ukweli (aura di Isto!). Ma tu, Ivan, che faresti se fossi al posto di Vadym?”
L’Aura di Isto era di un verde purissimo.
“A bella domanda una bella risposta. Ti auguro di trovarne una ancora migliore, in futuro”
Ivan aprì il catenaccio, poi si girò di nuovo: “Ma, secondo te, cosa dovrei fare?”