La fattoria distrutta

Jona camminò per due settimane tenendosi a debita distanza da ogni insediamento umano, ma adesso doveva attraversare una vallata che ospitava una delle comunità più grandi della zona.
Fece un largo giro cercando di mantenersi il più possibile nei boschi, poi decise di attraversare la valle nel punto in cui si restringeva, il confine tra due feudi.

Sulla sinistra del sentiero, in cima a un mammellone verdeggiante c’era una grossa fattoria fortificata dalla quale si alzava un filo di fumo.
“Occhio di Lince!”
La fattoria gli balzò incontro nella luce della sera.
Era completamente distrutta e il fumo non si levava dai camini, ma dalle travi abbrustolite che una volta reggevano i tetti.

D’impulso Jona incominciò a camminare deciso in quella direzione.
“Non credo che sia una buona idea.”
“C’è ancora qualcuno?”
“No, almeno nessuno vivo, ma non è un bello spettacolo.”
“Ti credo sulla parola, ma voglio vedere lo stesso.”
L’Amuleto non replicò.

Per primi vide cani. Alcuni erano trapassati delle frecce, altri squarciati dalle spade. Tutti erano rimasti lì dove erano morti.
Poi, vicino ai resti di una palizzata ormai ridotta a una fila di monconi anneriti che spuntavano dalla terra battuta come denti guasti, vide gli uomini che erano caduti cercando di difendere le loro case. Il tanfo di morte appestava l’aria. Jona continuò a camminare registrando i particolari. A giudicare dallo stato di decomposizione la strage doveva essere avvenuta da parecchi giorni, forse una settimana, i cadaveri erano stati spogliati da qualunque cosa di valore, a volte anche degli abiti.
Passò il portone divelto ed entrò nell’aia. Lo accolse lo spettacolo agghiacciante di due vecchi che pendevano impiccati a una trave. Ai loro piedi una montagna di cadaveri, perlopiù donne e bambini.
Jona si muoveva come un automa, una parte di lui osservava la scena come se la cosa non lo riguardasse minimamente, ma il resto era semplicemente anestetizzato dall’orrore.

Senza sapere bene perché lo facesse staccò i due vecchi dalla forca e li distese, uno a fianco all’altro, vicino alla catasta dei morti.
“Perché gli Dei permettono questo?”
“Non sono gli Dei, ma gli uomini che hanno fatto questo!”

Jona stava per replicare, ma un rumore proveniente da quella che doveva essere stata una stalla interruppe i suoi pensieri. Si fece immediatamente attento mentre l’Amuleto lanciava un raggio di luce in quella direzione. Illuminò due enormi occhi tristi.
“C’è nessun altro?”
“No. Oltre quel cavallo c’è solo qualche topo ancora vivo.”

Jona si avvicinò al cavallo, era sporco e aveva ancora addosso la sella.
Roteava gli occhi spaventati, Jona cercò di calmarlo, poi gli tolse la sella e i finimenti e cominciò pulirlo. Si accorse subito che aveva la bava alla bocca. Riuscì a trovare un po’ d’acqua e un secchio di legno che non era stato distrutto.
Ebbe il suo bel daffare per impedire che cavallo bevesse troppo rapidamente.

La sera stava calando e Jona lasciò la fattoria tenendo il cavallo per le briglie. Era troppo debole per essere montato. Doveva essere scappato quando il suo cavaliere era stato ucciso, poi, tornato alla stalla come d’abitudine, aspettava ancora che il suo padrone si prendesse cura di lui.

Continuò a camminare per tutta la notte e buona parte del giorno successivo. Quando finalmente arrivò in un punto dove pensava di potersi fermare con una relativa sicurezza Jona si sentiva stanco e sporco.
Si lavò nell’acqua fresca di un torrentello che scorreva in mezzo a prati che sembrava non avessero mai visto il piede di un uomo, ma non riusciva a liberarsi dal tanfo della morte.