La Fiera

Il caravanserraglio di Gadadh era un grande edificio rettangolare circondato da un alto muro. L’interno era diviso in due parti quasi uguali, una coperta con cinque navate parallele che serviva da ricovero a merci ed animali e un ampio cortile circondato da portici e stanze dove avvenivano le contrattazioni e, più in generale, la vita sociale e collettiva.

Quella sera, come già da alcuni giorni, si esibiva una piccola compagnia di saltimbanchi e acrobati. Paludati nei neri vestiti del deserto avevano appena terminato un numero di acrobazia nel quale i quattro, due uomini e due donne, avevano formato una serie di piramidi umane che si modificavano in continuazione, e avevano intonato uno strano canto ritmato.
Dalla piccola folla di spettatori salirono grida di eccitazione appena riconobbero il canto. Uno spettatore lanciò un piatto di metallo al saltimbanco più vicino che lo afferrò abilmente e lo lanciò ad un compagno, subito dopo arrivò una padella, poi un coltello dall’aspetto affilato
Il canto terminò con quel gesto e i quattro si inchinarono al pubblico.
Il mercante lanciò una grossa moneta d’argento e, dopo di quella, una piccola pioggia di monete gratificò gli sforzi della troupe che, ansante, ringraziava con grandi inchini prima di tuffarsi a raccogliere i risultati di tanta fatica.

All’interno del grande carro coperto Duliana si tolse il velo che le copriva il volto: “Tutto questo è divertente”, sospirò, “ma non credo che ci aiuterà ad entrare a palazzo!”

“Tu hai sempre fretta”, la punzecchiò Serna ridendo, “siamo qui solo da tre giorni, se tra altri tre non sarà ancora successo nulla cercheremo un altro modo. Contenta?”

“Ma cosa dovrebbe succedere, secondo te?”
“Mi piacerebbe tanto essere invitata a Palazzo”, ribatté Serna con occhi sognanti.

In quell’istante un colpo imperioso veniva battuto all’uscio di legno che chiudeva il carro.
Mentre le due donne si ritiravano dietro una tenda Sindehajad andò ad aprire mormorando fra i denti: “Bisognerebbe fare più attenzione a quel che si desidera. Si rischia di ottenerlo!”

L’alto ufficiale in divisa rosso e oro del Califfo aveva un’espressione disgustata mentre diceva: “Il Califfo vi concede il privilegio di intrattenerlo, domani sera. Arriverete a Gadadh entro mezzogiorno e vi presenterete direttamente a Palazzo.”
Non attese nemmeno risposta, ma arricciando il naso aquilino si girò per andarsene, poi, evidentemente incapace di trattenersi, sibilò:

Sindehajad rimase ad osservarlo sulla porta, in atteggiamento di deferenza, finché non fu scomparso fra la folla multicolore del caravanserraglio, poi rientrò lentamente. Il piano di Serna aveva funzionato alla perfezione, ma lui non era sicurissimo ci fosse da esserne contenti.

Tutto era cominciato mesi prima, quando il giannizzero appiedato era arrivato, stanco e seccatissimo alla residenza del Visir, la lettera che Serna gli aveva affidato provocò parecchio movimento.
Il Visir, in un primo momento, fu fortemente tentato di ignorarla ed ordinare a Serna di rientrare immediatamente, ma poi ci ripensò e chiese consiglio a Duliana, anch’essa implicata nel piano.
Ci furono altre discussioni, poi i preparativi.
Quando il carro dei saltimbanchi arrivò a Masq, due settimane dopo, aveva a bordo solo due persone, ma, quella sera stessa, al primo spettacolo, la compagnia era già al completo.