La nave con le ali

Jona si chiuse tutto il giorno nella casa di Tremalsong, con l’Amuleto davanti a parlare fitto fitto con Serna prima, poi con Agio, quindi con il capomastro del cantiere di Tigu e infine con Festo.

Era oramai notte fonda quando si alzò dalla panca stiracchiandosi per sciogliere le membra intorpidite dall’immobilità.
Un largo sorriso gli aleggiava sul volto quando si decise finalmente a spiegare ai suoi perplessi ospiti che cosa stava succedendo.
Mentre raccontava in poche parole i suoi progetti si accorse di non aver toccato né cibo né acqua dopo colazione. Il suo stomaco stava cercando di farsi sentire già da un po’, ma solo ora ci stava riuscendo.

“Che diavolo sarebbe questa cosa? Una nave con le ali?” Ruggì Troomsin quando vide i risultati degli sforzi di Jona e dei suoi compagni.

Era passata una settimana esatta da quella prima conversazione e ora la soluzione del “problemino” era davanti agli occhi di tutti. Si trattava solo di vedere se fosse davvero in grado di funzionare.

La nave che avevano scelto era stata modificata applicando due lunghe “ali” incernierate sulla murata che ora erano quasi in verticale, appoggiate alle sartie che sostenevano l’albero.

Prepararle e fissarle era stato un lavoro estenuante, sia perché le tecniche costruttive dei Viknuit erano completamente differenti da quelle che conosceva Jona, sia perché non avevano la possibilità di fare molte prove: doveva funzionare al primo tentativo o sarebbero rimasti a terra.
I consigli di Festo si erano rivelati, come sempre, puntuali e risolutivi.

“Ali per volare sull’acqua, se ti piace. Vogliamo provarla?”

L’acqua del mare, lì in fondo al fiordo, era calma e piatta come sempre, ma le nubi sparse correvano in cielo e Jona sapeva bene che fuori, in mare aperto, il vento era teso e il mare ruggiva; un esame severo per la nuova creatura.

Le due navi vennero messe in acqua e presero il largo insieme.

Drizzate le vele, la nave di Troomsin cominciò lentamente a distanziare quella su cui era Jona, che scarrocciava di più sprecando molta della spinta delle vele.

Arrivarono alla bocca del fiordo navigando al traverso e Jona vedeva l’altra nave oramai lontana che aggrediva le onde alte più di due metri con grazia e potenza quando finalmente passarono l’ultima secca e Jona si azzardò a dar l’ordine di calare le “ali”, che in realtà erano due derive.

Il timoniere lascò prontamente mentre la deriva sottovento si inabissava e aderiva fortemente alla murata.
Jona tirò un primo sospiro di sollievo: i rinforzi tenevano egregiamente e ora la deriva era solidale con la nave che riprese a stringere il vento e si lanciò in avanti all’inseguimento della sorella maggiore.
Ora lo scarroccio era minimo e la nave minore riusciva a stringere il vento molto meglio dell’altra.
Il timoniere fece qualche aggiustamento, chiese la regolazione delle vele e cominciò a sorridere mentre vedeva che il suo scafo guadagnava acqua.
Il sorriso si trasformò in un boato di gioia quando la piccola nave
superò l’altra, pur essendo parecchie centinaia di metri sopravvento.

Continuarono le prove per tutta la giornata, ma oramai sapevano di avercela fatta.
Tornarono al fiordo mentre il sole si abbassava fra le nubi che promettevano tempesta.