La sera

La radura era esattamente come l’aveva vista sulla mappa: uno spiazzo erboso ai piedi di una parete rocciosa che la chiudeva su due lati. C’era anche una piccola rientranza nella parete, non proprio una caverna, ma comunque un riparo. Il sole stava tramontando. Meglio sbrigarsi.

Jona depose il suo zaino in fondo alla rientranza e, per prima cosa, cominciò a raccogliere legna per accendere il fuoco. Qualche pastore doveva aver già bivaccato da quelle parti: un focolare di pietre lo attendeva bell’e pronto proprio davanti alla rientranza della roccia. In pochi minuti aveva raccolto rami secchi a sufficienza per tutta la notte. Tirò fuori la pietra focaia e il suo coltello d’acciaio e fece cadere una pioggia di scintille sull’esca, che non sembrò accorgersene. Jona la esaminò un attimo e imprecò fra i denti: era lievemente umida; accendere il fuoco sarebbe stato un affare nient’affatto divertente.
“Posso?”, interloquì l’Amuleto.
Jona lo tirò fuori, “”Posso” cosa?”
“Darti una mano, ovviamente”, disse l’Amuleto.
Jona stava per rispondere, poi notò la sottile spira di fumo che saliva dagli aghi secchi che aveva messo sotto la legna. In pochi secondi il rosso fiore del fuoco sbocciò e lui si affrettò ad alimentarlo. La legna non era molto secca ma resinosa; dopo poco tempo il fuoco scoppiettava allegramente e Jona poté smettere di soffiare per dargli forza.
Si sistemò davanti al fuoco e cominciò a sbocconcellare un pezzo di torta salata fatta da Dania.
“Tutti gli Amuleti sanno accendere il fuoco?”
“Certo! Non siamo uguali, ma parecchie cose le sappiamo fare tutti.”
“Uhm, e allora perché ho sempre dovuto farlo io?” Il vecchio Amuleto non si era mai offerto di “dargli una mano”; è vero che Jona non aveva mai chiesto esplicitamente aiuto, ma non l’aveva fatto neppure questa volta!