Le Porte

L’Incudine, Jona e i due Maghi che lo avevano interrogato si incamminarono verso Nayokka mentre alle loro spalle cominciavano le operazioni di scarico.

La sabbia scricchiolava stranamente sotto le suole e la stretta scala che portava alla piazza sembrava tagliata in un unico blocco di roccia. La superficie era liscia e traslucida; ricordava qualcosa: “Vetro?” Chiese all’Amuleto.
“Esatto. Come l’hai riconosciuto?”
“Assomigliava a quello che ho visto nei Monasteri.”
“In realtà questo è un po’ diverso; l’intera montagna è fatta di schiuma di vetro.”
“L’hanno fatta loro?” Jona era sbalordito.
“No”, rispose pacato l’Amuleto, “ma non è nemmeno naturale, ovviamente.”

La piazza era oramai deserta e non offriva agganci per comprenderne le reali dimensioni, tanto che le porte, dall’altra parte, sembravano vicine.
Avanzando, però, le proporzioni cambiavano e le porte diventavano sempre più lontane ed enormi.

Arrivarono che il cielo era oramai cosparso di stelle, guidati dalla fioca luminosità che emanava dalla montagna.
I Nani, che avevano una visione notturna molto migliore degli Umani, sembravano completamente a proprio agio, mentre Jona faticava a distinguere qualcosa; solo il fatto che la piazza era assolutamente piana gli permetteva di camminare spedito dietro i Nani.

Entrarono da una porta laterale, percorsero un corridoio angusto e tortuoso nel quale Jona avrebbe potuto toccare agevolmente il soffitto, ma che lasciava ampio spazio sopra la testa dei Nani e si trovarono nuovamente nell’ampio vialone all’interno delle porte.

La luce era fioca e verdastra e sembrava provenire direttamente dalle pareti tagliate nella roccia viva.

“Questa roccia assorbe la luce del giorno e la accumula facendola penetrare fin nei luoghi più reconditi”, gli spiegò uno dei Maghi, poi, vedendo che Jona stava per usare l’Amuleto, aggiunse: “Ti prego di non farlo. Noi abbiamo una visione notturna molto migliore di voi. Questa luce ci è più che sufficiente, se lanci un incantesimo di illuminazione accecherai tutti.”

Jona continuò a camminare in quella penombra. Il tunnel che stavano percorrendo era immenso, proporzionato alle porte e sui lati si aprivano corridoi secondari più stretti, ma che avrebbero consentito il passaggio di più carri affiancati.

Si vedevano dei Nani in giro, ma le proporzioni dei corridoi erano talmente enormi che sembravano quasi deserti.

Dopo poco imboccarono un passaggio laterale più stretto, ma sempre con il soffitto molte decine di metri sopra le loro teste.
Vedendo che Jona continuava a guardare in alto e di lato, uno dei due maghi si decise a spiegare: “Questi corridoi, oltre che al passaggio, servono anche a dare aria alle case. Quelle aperture che vedi ai lati sono finestre, mentre quei fori ad intervalli regolari portano l’aria alla superficie.”
“Ecco, siamo arrivati. Tu sarai mio ospite questa notte. Domani potrai incontrare il Martello.”

Si erano fermati davanti ad un portone incastrato nella roccia viva.
Il mago azionò un complicato chiavistello ed entrarono.

Erano in un ampio ingresso sul quale si aprivano parecchie porte, il Nano le ignorò e si diresse deciso verso un piccolo stanzino dal soffitto basso illuminato da un globo arancione che contrastava con la luminosità verdastra della roccia.
Non appena Jona fu nello stanzino assieme al Nano questi armeggiò con alcune leve e lo stanzino cominciò bruscamente a muoversi verso l’alto.

Il Nano era rilassato e anche Jona si costrinse, nonostante la sorpresa, a rimanere fermo mentre lo stanzino, che evidentemente era una specie di scatola artificiale, si infilava in quello che doveva essere un tunnel verticale.

“Le nostre case sono alte anche parecchie decine di metri. Gli ascensori sono più comodi che fare le scale, non trovi?”
Jona non sapeva esattamente cosa fossero gli ascensori, anche se cominciava a intuirlo. Stava per far domande quando l’ingresso dell’ascensore arrivò in corrispondenza di un’altra apertura, Il Nano azionò di nuovo le leve e l’ascensore si fermò.

“Sei tu, caro?” chiese una voce chiaramente femminile.
“Sì”, rispose il Nano, “ho qui con me l’ospite.” Il tono era formale e Jona si irrigidì lievemente.

Apparve una Nana di mezz’età che aveva appeso al collo un Amuleto di Palla.
Lo guardò con occhi curiosi, poi congiunse i pugni nel segno di saluto: “Tu sia benvenuto nella nostra casa; io sono Berlinda e mio marito, che sicuramente ha dimenticato di presentarsi, è Turon.”
Jona rispose al gesto di saluto: “Io sono Jona di Tigu. Vi ringrazio per la vostra ospitalità.”