La botte lo attendeva già in acqua. Una cima lunga pochi metri la collegava alla barca a remi del mastro. Appoggiata al piccolo pontile di assi la sua botte galleggiava bene e sembrava stabile, anche se era sommersa per metà .
Jona non disse quasi parola. Ringraziò il mastro bottaio, come sempre impegnato a tormentarsi la nuca, poi si infilò dentro senza concedersi il tempo di ripensarci. Chiuse lo sportello e calò il buio più totale.
“Amuleto, Luce!”
Una sezione della botte, proprio davanti ai suoi occhi, sembrò diventare trasparente e lui poté vedere il cielo. L’immagine luminosa ruotò e Jona vide il fiume davanti a lui. La corrente era vigorosa, anche lì presso la riva e la botte oscillava pigramente.
Uno scossone più forte e la sponda prese ad allontanarsi; il mastro lo stava trainando verso il centro del fiume.
Pochi minuti dopo sentì un altro scossone e la botte prese a ruotare su se stessa; era libero.
Per un momento vide la barchetta del mastro bottaio che, in piedi, lo salutava con una mano, per poi riafferrare i remi e tagliare la corrente verso casa.
La botte si stabilizzò rapidamente, il peso della malta contribuiva a farla navigare senza scosse.
Jona si rese conto che l’immagine era strana e ne chiese la ragione all’Amuleto.
“Ti sembra un po’ strana perché non si tratta di un’immagine che io posso vedere direttamente, ricostruisco da questo punto di vista dalle immagini che posso riprendere dal cielo. Non tutti particolari sono veri.”
La botte, intanto, era entrata nella gola e la corrente si faceva sempre più veloce. Jona aveva perso molta della sua sicurezza, ammesso che ne avesse mai avuta, per un po’ si continuò a sentire solo il lieve sciabordio dell’acqua intorno alla botte, ma presto arrivò anche il rombo lontano dalla cascata.
L’Amuleto faceva del suo meglio per interessarlo ai dettagli tecnici e di come riusciva a generare l’immagine dal loro punto di vista utilizzando la sua conoscenza del luogo, ma, a mano a mano che il rombo cresceva, Jona riusciva sempre meno ad interessarsi alla faccenda.
Aveva vissuto molte situazioni pericolose, la vera differenza — lo informò quella parte di lui che analizzava sempre le situazioni, quasi fosse un osservatore esterno — consisteva nel fatto che ora non poteva più far nulla, era del tutto impotente e doveva solo aspettare.
Sapeva di essere in buone mani visto che i progetti di Festo si erano sempre rivelati ineccepibili, ma l’aver perso il controllo della situazione stava erodendo rapidamente il suo autocontrollo.
Il rombo era assordante e quando, d’improvviso, la botte mancò sotto di lui e presero cadere Jona non riuscì a reprimere un urlo di terrore.
Il volo durò in tutto due secondi, due interminabili secondi nei quali Jona si chiese più volte che cosa, davvero, lo avesse condotto fin lì.
L’impatto con l’acqua sottostante lo schiacciò contro la rozza imbottitura, poi ci fu un’altra piccola scossa.
“Abbiamo toccato il fondale”, lo informò l’Amuleto mentre la botte risaliva lentamente verso la superficie.
La botte sobbalzava e girava su se stessa mentre cavalcava le acque bianche ai piedi della cascata. Rimase a rimbalzare tra i flutti senza guadagnare molto spazio per un tempo che a Jona parve interminabile. Poi, quando agli Dei parve di averlo fatto soffrire abbastanza, riprese il filo della corrente e si allontanò da quelle acque così agitate.
Jona allentò la presa sulle cinghie lo tenevano fermo e solo allora si rese conto di quanto spasmodicamente le avesse strette. Le mani gli dolevano per lo sforzo e il ruvido cuoio aveva segnato profondamente la sua pelle.
“Siamo fuori?” Chiese all’Amuleto prima di rilassarsi completamente.
“Sì, adesso il fiume corre fra pareti rocciose per qualche chilometro. Puoi rilassarti e riposarti, non ci sono pericoli e nulla da fare fino a che il fiume si allargherà.”