Erano sulle rive di un gran lago salato circondato da brulle montagne che contrastavano con la valle verde e poco popolata che avevano appena attraversato.
Si fermarono per la sera proprio dove le acque lievemente limacciose, ma dolci, del fiume si gettavano in quelle salatissime del lago.
Mentre Serna accudiva i cavalli ed accendeva il fuoco Sindehajad andava a cercare acqua fresca e qualcosa da mangiare. Aveva provato a convincerla a riposare, ma lei aveva ribattuto che, se non era in grado di reggere alle prove che gli Dei avessero deciso di mandare loro era meglio saperlo subito, invece di avere amare delusioni più avanti e che comunque si sentiva benissimo, almeno per il momento; effettivamente era passata solo una settimana da quando Ipno l’aveva informata che era incinta e non sentiva neppure le nausee mattutine che sapeva essere normali.
Avevano parlato a lungo in quella settimana e ora, prima di prendere ulteriori impegni, avevano bisogno di conferme.
Dopo una cena frugale, mentre il cielo ancora conservava una luminosità nella quale cominciavano a sbocciare le prime stelle, levarono il canto di invocazione per Palla.
La Dea apparve in pochi istanti, quasi stesse attendendo il loro richiamo.
“Che cosa vi spinge a chiamarmi, figli miei?”
“Cerchiamo il conforto della Tua saggezza.”
“La Saggezza potrete trovarla solo nel profondo dei vostri cuori, che ora avverto turbati.”
“Siamo sicuri che sei al corrente della proposta che ci è stata fatta da Ipno e Dana”, cominciò Serna che si era preparata il discorso con molta cautela.
“Vero. Non sempre gli Dei sono al corrente di quello che fanno i loro pari, ma quando si tratta di questioni di questa rilevanza vengono discusse in anticipo.”
La Maga sorrise incassando la prima risposta importante: non si era trattato di un’idea isolata di Ipno e Dana.
“Siamo entrambi onorati della fiducia concessaci, ma ci rendiamo anche conto che, con le nostre sole forze, le probabilità di riuscita sono scarse.”
La Dea non rispose e non cambiò espressione.
La Dea sorrise con uno dei suoi rari sorrisi materni:
Sindehajad ascoltava immobile. Non era quello che si era aspettato di sentire, ma capiva le motivazioni di Serna, forse meglio di quanto le capisse lei stessa. Ascoltava immobile facendo del suo meglio per scomparire dalla coscienza sia della donna che della Dea.
“La tua capacità di rimanere fedele ad una missione, anche quando è difficile, è uno dei motivi per cui abbiamo deciso che valeva la pena di darvi questa possibilità. Inoltre ricorda che i piani migliori sono proprio quelli che riescono a soddisfare diverse esigenze apparentemente non correlate fra loro.”
“Questo significa che non dovrò più avere segreti?”
“Se la vostra decisione di percorrere il cammino che avete davanti è ferma, non vedo ragione di rendervi la vita più difficile di quanto non lo sia normalmente.”
Serna annuì seria:
La Dea inclinò la tasta dea un lato e la guardò a lungo prima di rispondere:
Il Geco si trovò di colpo al centro dell’attenzione, ma i suoi occhi ridevano:
“I miei genitori hanno sempre cercato di assecondare le mie inclinazioni, non hanno mai voluto farmi diventare qualcosa di diverso”, disse Serna, ma già mentre le parole le uscivano dalla bocca avevano un retrogusto di falso che la lasciò sgomenta.
“Serna, devi imparare a guardare il passato con gli stessi occhi sgombri e luminosi con cui guardi il futuro”, le disse la Dea con un velato tono di rimprovero, “so bene che né Jona né Dania hanno mai usato la frusta, con te, mentre il Geco ha imparato a levitare in tenera età, pur di sfuggire alle scudisciate sulle gambe”, proseguì rivolta ad entrambi, “ma non credo proprio ti abbiano “assecondata” sempre.”
La Maga si ritrovò per un lungo e doloroso istante nella sua cameretta, al buio, senza poter parlare con nessuno come punizione per una delle sue mirabolanti imprese, intenta a meditare su come potevano essere visti i suoi scherzi con gli occhi delle vittime, sapendo bene che l’indomani sarebbe stata interrogata sull’argomento.
Serna sentì pesantemente la critica, neppure troppo velata, nelle parole della Dea e abbassò il capo confusa. Il Geco cambiò rapidamente argomento: “Quello che non capisco io, invece, è perché gli Dei vogliano che noi creiamo una società diversa, perché non lo fate voi?”
Palla tornò a sorridere:
La Dea stava cominciando lentamente a svanire, ma Serna aveva un’altra richiesta da fare, prima di lasciarla andare. Parlò in fretta, temendo di non fare a tempo: “Potremo parlare con qualcuno, o saremo isolati da tutti?”
“Come Mentore?”
“Papà?”
“Può essere, ma non è ancora sicuro”, tagliò corto Palla.
“Non potrei chiedere a qualcuno di aiutarci, almeno nei primi tempi?”
“Potresti chiedere, ma si tratterebbe di farli rimanere con voi per tutta la vita, comunque.”
Serna annuì e guardò la Dea con aria di sfida: “La nonna e Agio!”
La Dea scoppiò in una risata cristallina: