Rabbia

Un’imprecazione gli uscì dalle labbra.
Il fuoco era quasi spento.

Nessuna traccia né dei suoi compagni né della zattera.
Neppure sul fiume si vedevano.
La sua sacca rimasta lì dove l’aveva lasciata, un rapido controllo gli disse che nulla era stato toccato, nemmeno la borsa di denaro.
“Bella guardia che hai fatto! Perché non mi hai avvertito?”
“A differenza di quanto sembri credere”, rispose gelido l’Amuleto, “non vedo e sento tutto quello che succede su questa terra.”
“Ammetto che avrei potuto accorgermi che questi questi quattro se la stavano filando, se avessi pensato a guardare da questa parte. Disgraziatamente stavo controllando lo stato di salute di un certo Mago di mia conoscenza che è rimasto imbambolato per quasi un’ora a guardare le lucine colorate!”
“”quasi un’ora”?” Jona sentì girare la testa.
“Quasi un’ora; cinquantatré minuti, per l’esattezza. Ancora sette minuti e sarei stato costretto a intervenire, anche se gli ordini di Thano sono abbastanza precisi: “se si caccia nei guai da solo è lui che deve trovare il modo di uscirne””.

“Mai detta una bestialità del genere: “moderatamente pericolose” e “innocue” non sono sinonimi, almeno sul mio vocabolario; comunque ti avevo anche detto che non mi sembravi persona da lasciarti affascinare, per questo mi sentivo libero di contravvenire all’ordine di Thano: tecnicamente non ti eri ficcato nei guai “da solo”. Ma tutto questo non c’entra. Ne sei uscito senza il mio intervento. Ora non dare la colpa a me per la fuga dei quattro “Messeri”, però!”

Jona si era oramai calmato abbastanza da capire che l’Amuleto aveva, come al solito, ragione: “Scusa, ho abbassato la guardia e sono stato prontamente punito per questo.”
“Spiace anche a me. Non capisco cosa sia successo. Ivan è stato rigorosamente onesto; quando ti parlava non mentiva.”
“Forse l’occasione si è presentata e loro l’hanno colta al volo. Inutile piangere sul latte versato. Fammi vedere un Occhio dal Cielo.”
L’Occhio mostrava solo un mare verde scuro, interrotto dalla striscia argentea del Rin. Niente altro. Jona si sentì stringere il cuore. Il bordo della foresta, a nord, era lontano centinaia di chilometri. Settimane, almeno, di cammino. Se la foresta era pericolosa come si diceva
“Mi domandavo se ci saresti arrivato da solo. Ci sono diversi piccoli villaggi: qui, qui e qui.”

L’Amuleto riusciva a essere decisamente irritante, quando voleva. Stava cercando di fargli scontare di averlo aggredito, poco prima? O seguiva direttive precise? Probabilmente entrambe le cose, decise alla fine.
Scelse un villaggio che si trovava quasi esattamente a nord, a diverse leghe di distanza. Avrebbe seguito il fiume per un po’, per poi tagliare verso l’interno.

Fece una colazione leggera e poi si affibbiò lo zaino sulle spalle.
Seguire il fiume si dimostrò presto impossibile. Il sottobosco formava una cortina compatta che non lasciava quasi possibilità di muoversi. Diverse volte fu costretto a tornare sui suoi passi perdendo parecchio tempo. Non aveva paura di perdersi visto che l’Amuleto sapeva sempre dove si trovava, ma anche l’Occhio non poteva aiutarlo molto a trovare una via attraverso quel labirinto vegetale. Alla fine, a malincuore, Jona si decise a seguire un sentiero battuto da animali, cervi, a giudicare dalle orme. La foresta si chiuse su di lui con la sua eterna penombra.

Mano a mano che si addentrava nella foresta la luce diventava sempre più fioca, ma con questa si diradavano anche le piante del sottobosco, oppresse dalla mancanza di sole e dal peso degli aghi di pino che coprivano ogni cosa.
Jona si trovò, quasi senza rendersene conto, sotto la volta di un’immensa cattedrale le cui navate, scandite da infinite colonne si perdevano in una foschia che si faceva sempre più densa.
Il cammino, comunque, si fece decisamente più agevole. Gli unici ostacoli erano i tronchi caduti e la naturale ondulazione del terreno.