Ritorno

Il vento era più fresco, ora che la brezza di mare soffiava decisa.
“Amuleto: chiamami Tarasso!”

La voce di Tarasso arrivò quasi subito: “Che c’è, Serna?”
“Puoi controllare la zona della secca e vedere se ci sono pericoli in arrivo?”
“Vado subito. Problemi?”

Si sentirono passi affrettati e un’invocazione salmodiante, poi il silenzio. Serna poteva quasi vedere Tarasso chino sull’immagine che cercava.

“Si mangeranno i pesci all’amo!”
“Che Posse se li porti!” inveì Agio torvo, “Se si mangiano i pesci all’amo, sempre che ci siano, possiamo dire addio al milleami. Lo faranno a pezzi!”
“Puoi fare qualcosa, Tarasso?”
Altre invocazioni seguite da un breve silenzio.

“Dove sono, di preciso?” chiese Serna facendo riapparire l’Occhio dal Cielo.
“Circa due miglia a sud-est della secca e stanno puntando lì, dritti dritti. Probabilmente sanno anche loro che è una buona zona per pescare.”

Serna fece muovere l’immagine e individuò il branco. Era ancora in acque profonde e nuotava veloce. Agio valutò la situazione con un’occhiata: “Arriveremo al milleami più o meno contemporaneamente, se mi muovo per intercettarli”, disse modificando la rotta di pochi gradi,
“Quanto tempo abbiamo?”
“Mezz’ora.”

Sentirono il rimbombo lontano del tuono molto prima di vedere l’uccello. Era candido e assomigliava a un grosso cigno con il lungo collo teso in avanti. Volava basso sull’acqua con le ali tese e ferme.
Erano molto rari e Serna aveva avuto a fortuna di vederne uno solo una volta. Volava alto e Jona aveva dovuto indicarglielo perché lei sentiva il suo urlo, ma non riusciva a localizzarlo. L’uccello era molto più avanti di dove lei lo stava cercando. Jona aveva approfittato della cosa per farle una lunga lezione pratica sulla velocità del suono e su come calcolare la distanza di una cosa dal tempo fra immagine e rumore.

Serna si era persa nei ricordi, nel frattempo l’uccello li aveva superati e puntava come un fulmine verso il branco dei tonni. Proprio mentre entrava nel raggio d’azione dell’Occhio si abbassò ancora fin quasi a sfiorare le onde. Si vedeva chiaramente che lasciava una scia sul mare, pur senza toccarlo.
Quando arrivò davanti al branco accelerò ancora e il tremendo tuono scosse le acque mentre l’uccello saliva in cielo per fare un ampio giro.
Gli occupanti della barca avevano gli occhi puntati sull’immagine dei tonni che si erano fermati e parevano disorientati. Serna mormorò qualche parola all’Amuleto.
L’uccello intanto aveva terminato il suo giro e puntava di nuovo verso i pesci. Fece un secondo tuono, identico al primo, tra i tonni e la secca. I pesci decisero che qualcosa non andava, da quelle parti e puntarono decisi verso il mare aperto.
Serna si accorse improvvisamente che da un po’ aveva dimenticato di respirare; urlò: “Grazie, Zeo!” con tutto fiato che aveva.
L’uccello, intanto stava girando rumorosamente su di loro, fece una specie di piroetta, come per salutarli, e se ne andò con un ultimo boato di tuono.
Serna si ritrovò a pensare oziosamente che quell’uccello non doveva essere molto bravo ad arrivare di soppiatto, con tutto il baccano che faceva.

Agio, intanto, stava nuovamente puntando verso la secca e il milleami: “Andare a vela non è la cosa migliore. Probabilmente poi sarà meglio usare le barche a remi, ma questo è quello che avevamo e dobbiamo arrangiarci.”
“Non ti preoccupare, sappiamo quello che dobbiamo fare.”

Arrivarono sul primo gavitello che già Agio stava ammainando la vela.
Serna afferrò la cima e la legò a bordo ancorando solidamente la barca.
Agio finì di sistemare vela e timone, poi prese in mano la cima, controllò che le due donne fossero pronte e infine sciolse il capo del milleami dal gavitello.
La barca cominciò a muoversi sospinta dal vento.
Agio tirava energicamente il milleami a bordo aiutato, in parte, dal vento.
Serna prendeva gli ami, staccava i pesci, se c’erano, e conficcava ordinatamente gli ami ormai puliti sul bordo della cesta.
Darda arrotolava ordinatamente il milleami e le lenze nella cesta.

Quando arrivarono al secondo gavitello si fermarono un momento a guardare il risultato del loro lavoro: il milleami era arrotolato nella sua cesta e non aveva subito danni, loro avevano le braccia indolenzite dal lavoro a cui non erano abituati e la barca stava rischiando di affondare sotto il peso dei pesci che ancora guizzavano.
Un grido di gioia esplose all’unisono: ce l’avevano fatta. Rimanevano ancora problemi, primo fra tutti quello dei tonni: non potevano scomodare Zeo tutte le volte! Ma ce l’avevano fatta!