Ognuno a suo modo. Quella era la chiave.
Girò gli occhi intorno al grande tavolo vedendo gli Dei sotto una luce nuova.
Ognuno spingeva in una direzione precisa e non entrava mai, anche se ne comprendeva i motivi, nella sfera d’azione di un altro Dio.
Thano. Thano cercava di tenere l’umanità nel solco dell’evoluzione naturale, dalla quale gli antichi erano riusciti ad uscire quasi completamente. Le caratteristiche che portavano ad una più numerosa discendenza erano arrivate ad essere l’esatto opposto di quel che si potrebbe chiamare “progresso”: povertà, stupidità, ignoranza. Poteva capire le sue ragioni, ma erano sicuramente lontane dalla sua sensibilità.
“Certo! L’ho detto anche prima, no?” Ghignò Thano, “Pensare che ho fatto tutta questa fatica per portarti qui. Inutile che tu mi faccia perdere altro tempo. A me non servi a nulla, almeno per ora, ma ci vedremo più tardi, non ti preoccupare.”
Detto questo scomparve.
Jona continuò la sua disamina.
Posse si era prefisso il compito di preservare il pianeta dall’inquinamento che era stato uno dei fattori scatenanti della caduta degli antichi. Anche in questo caso comprendeva la necessità, ma non era qualcosa che lo muovesse veramente.
“Sono d’accordo”, disse lui e scomparve a sua volta.
Dunque questo era il gioco: eliminare gli Dei uno ad uno
Jona fece un cenno d’assenso con il capo, ricordandosi troppo tardi che era davvero inutile.
Proseguì rapido il giro.
Zeo: era stato utilissimo nel suo lavoro, ma tutto quel guardare le cose dall’alto, da lontano, senza interagire; nemmeno questa era la sua strada, ne era sicuro, anche se non era mai riuscito a capire veramente quali fossero i fini del Dio.
“Ora, forse, puoi cominciare a sospettarlo”, disse aprendo le mani in verticale, in quel tipico gesto che faceva apparire immagini lontane. Vide sprazzi di strane forme nel nero dello spazio, paesaggi mai visti cosparsi di cupole argentee, la torre stessa
Asclep: da giovane lo aveva conosciuto essenzialmente come il Dio della Medicina, anche attraverso sua moglie, ma ora capiva in che direzione cercava di spingere l’umanità. Il suo incontro con gli Elfi era stato illuminante, anche se ne aveva capito le implicazioni solo molto tempo dopo: voleva che si arrivasse ad una simbiosi con gli elementi naturali, invece di cercare di dominarli. Anche in questo caso capiva e condivideva gli scopi del Dio, ma non pensava di poter contribuire qualcosa di utile.
Asclep approvò con un cenno del capo e, senza dire nulla, scomparve.
Gli occhi di Jona corsero verso l’esatto opposto: Festo.
Aveva conosciuto abbastanza i Nani da capire dove la loro tecnologia si discostava da quella degli antichi: la tecnologia che Festo cercava di insegnare era una tecnologia matura che aveva uno scarso impatto ambientale — almeno comparata con quella degli antichi
Un attimo dopo la sua sedia era vuota.
Furono rapidamente eliminate anche Dana e Dionne.
La prima fautrice della diversità biologica, al punto da essere costantemente attiva nel creare nuove specie, intelligenti e non. Jona comprendeva bene l’importanza della cosa; in fondo la causa ultima della scomparsa degli antichi era stata proprio una scarsa diversità biologica nelle colonie spaziali, ma anche questo lo lasciava, in fondo, freddo.
Anche con Dionne, che tendeva ad accettare tutti gli istinti per poi sublimarli in forme artistiche, la sua empatia era limitata, capiva perfettamente l’importanza di quel che cercava di fare, ma era caratterialmente troppo cerebrale per abbandonarsi veramente alle pratiche dionisiache.
Ipno era un caso a sé. Non aveva mai capito molto quel Dio — con il quale invece Serna sembrava completamente a suo agio — ma durante il suo viaggio aveva imparato ad apprezzarne la visione del mondo, molto meno unilaterale di quella degli altri Dei, spesso troppo focalizzati nelle proprie mansioni. Ancora lo capiva molto meno di quanto capisse gli altri
“Tsk, tsk, puoi nuotare bardato a festa e con il cappello in testa?” chiese mentre già era più diafano.
Rimanevano quattro Dei nella grande sala, che però non sembrava affatto più vuota, Afro, Dea dell’amore in tutte le sue accezioni — che lo aveva più volte lodato per la sua capacità di amare — Isto, Dio della conoscenza e della cultura — era stato il primo amore del giovane Jona, un amore che ancora durava — Palla, Dea dell’Etica, della Giustizia e della Politica — la spinta che dava a cooperare per raggiungere uno scopo superiore era condiviso senza riserve da Jona — Opia, Dea della fertilità — si occupava personalmente di concedere nascite ed era stata generosa con lui, concedendogli ben sei figli, ma
Sulla grande tavola apparvero tante piccole immagini. Erano tutte donne che tenevano in braccio dei bambinetti che avevano al massimo un paio d’anni.
Jona rimase impietrito: erano tutte donne che lui conosceva bene, tutte donne con cui aveva avuto rapporti, a cominciar da Tyla, la Sacerdotessa di Dionne che stava mettendo a letto una bimbetta bionda che sembrava proprio essere la più grande di tutte.
“Tutte le donne con cui ho fatto l’amore?” Chiese sbigottito.
“No, non tutte, solo le migliori”, rispose la Dea strizzandogli l’occhio.
La Dea si limitò a sorridere ed Isto prese la parola:
Di che motivo parlava? Jona era completamente frastornato, gli pareva di guardare da fuori una scena che non lo riguardava.
Palla gli mise un bicchiere in mano: “Bevi, ti sentirai meglio.”
Le madri dei suoi figli erano scomparse dal tavolo, sostituite da altre immagini molto diverse l’una dall’altra.
Opia riprese a parlare: “I figli del tuo corpo sono, però, forse meno importanti di altre cose che hai generato. Ovunque tu sia andato hai portato una scintilla che, molte volte, altri hanno saputo coltivare in un caldo fuoco.”
Le immagini di Michele e Linda che avevano costruito una grande officina poco lontana dalla locanda che lei gestiva ed erano diventati agiati con i proventi della produzione del carbone di legna vennero sostituite da quelle di Arianna che era entrata come interna al Tempio di Dionne, Ivan a colloquio con Re Falanor, quindi fu la volta di Burlock che navigava verso il Gran Mercato su una grande barca composta da tre scafi uniti fra di loro e che non oscillava troppo sulle acque del mare. Altre immagini si susseguivano a ritmo sempre più incalzante:
I cantastorie della Foresta Oscura.
Una locanda fortificata dove tutti erano bene accetti, ma non si tolleravano aggressioni, laggiù nella Terra degli Stati Guerrieri.
Scene della sua vita e del suo lavoro a Tigu.
Altre ancora che Jona non riconobbe.
“Il mio compito è quello di decidere chi abbia il privilegio di avere una discendenza ed, eventualmente, quanto. Ora che hai visto i danni provocati dalla sovrappopolazione nel mondo degli antichi puoi capire quanto sia importante questo compito, ma non è il solo. Come tutte le cose anche i pensieri e le idee devono essere fecondate per dare frutti.”
“L’amore fornisce il motivo”, disse indicando Afro.
“La conoscenza il mezzo”, Isto annuì.
“Etica e giustizia sono la cornice”, Palla sorrise.
“Ma la tua vera vocazione è sempre stata quella di saltare da un fiore all’altro portando il polline della vita a chi ne aveva bisogno.”
“Vieni ad unirti a me, figlio mio!”
Jona capì che aveva ragione e, in quello stesso momento, gli altri Dei sparirono lentamente con un lieve cenno di saluto.