La spedizione fu, per la prima volta, un mezzo fallimento.
I carovanieri dovevano aver sentito i racconti del Djinn rosso ed avevano cambiato tattica. Invece di un paio di persone che inseguivano bambini indifesi Marjad si trovò davanti una decina di predoni armati fino ai denti che circondarono immediatamente i bimbi senza dar loro la possibilità di raggiungere il Djinn.
Lei si scagliò urlando verso di loro e due che le si pararono davanti vennero tagliati senza pietà dal filo che lei roteava sopra la sua testa, ma gli altri afferrarono i bambini e fuggirono. Inseguirli avrebbe significato rischiare di affettare anche loro.
Ahmanejadil, anch’egli vestito di rosso, sbucò all’improvviso e riuscì a tagliare le gambe di due rapitori, facendo capitombolare le loro prede nell’erba, ma gli altri, con le due prede rimaste, riuscirono a fuggire.
Marjad era furiosa. Il suo viso aveva lo stesso colore dei suoi abiti e lei voleva inseguire i fuggitivi e distruggere l’intera carovana, se necessario.
Ahmanejadil cercò prima di calmarla con le buone, ma, visto che sembrava di parlare al vento, la prese per le spalle e la scosse brutalmente: “Calmati! abbiamo un lavoro da fare prima che tornino qui quelli che abbiamo salvato, con i loro genitori! Ricordati che bastano un paio di frecce per mettere fine ai nostri sogni di vendetta. La nostra migliore arma è il fatto che nessuno ci conosce. Ora tutto sarà più difficile.”
Fu più lo sguardo deciso di lui che le parole a calmarla.
Quando tornarono i cadaveri erano scomparsi, tagliati in lunghe strisce di carne sanguinante usando una delle tele di ragno tessuta su un largo cerchio di legno e gettati nel fiume per la gioia dei pesci. Anche se qualcuno avesse trovato i frammenti di ossa era ben difficile che le riconoscessero per ossa umane.